Data:
06/12/2002 21.24.17
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Quintiliano, Insitutio oratoria, I, 8 passim
[8] I. superest lectio: in qua puer ut sciat ubi suspendere spiritum debeat, quo loco versum distinguere, ubi cludatur sensus, unde incipiat, quando attollenda vel summittenda sit vox, quid quoque flexu, quid lentius celerius concitatius lenius dicendum, demonstrari nisi in opere ipso non potest. II. Vnum est igitur quod in hac parte praecipiam, ut omnia ista facere possit: intellegat. Sit autem in primis lectio virilis et cum sanctitate quadam gravis, et non quidem prorsae similis, quia et carmen est et se poetae canere testantur, non tamen in canticum dissoluta nec plasmate, ut nunc a plerisque fit, effeminata: de quo genere optime C. Caesarem praetextatum adhuc accepimus dixisse: "si cantas, male cantas: Si legis, cantas".
1. Rimane da affrontare il problema della lettura di testi poetici: non si pu? dimostrare se non con la sola pratica dove in essa il ragazzo debba imparare a trattenere il fiato, in quale punto fare una pausa, dove finisca il senso e da dove cominci, quando il tono di voce vada alzato e quando abbassato, con quale flessione vada pronunciata ogni cosa, cosa dire pi? velocemente o pi? lentamente, con maggiore enfasi o con maggior pacatezza. 2. In questo ambito vi ? pertanto una sola cosa che posso insegnare perch? il ragazzo riesca a fare tutto ci? che ho elencato: cerchi di comprendere quello che legge. Innanzitutto la lettura sia decisa, austera eppure non priva di una certa grazia: decisamente diversa da quella della prosa, perch? si tratta di un canto e gli stessi poeti sostengono di "cantare"; la lettura tuttavia non scivoli nel cantilenato n? in una modulazione affettata, come invece capita spesso. E a proposito di questo sappiamo che Caio Giulio Cesare, ancora ragazzino, disse assai giustamente: "Se intendi cantare, canti male, se invece intendi leggere, stai cantando".
Trad. S. Beta
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