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Mittente:
bukowski
Re: seneca   stampa
Data:
15/12/2002 16.43.33




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Pugna tecum ipse, si vis vincere iram, non potest te illa. Incipis vincere, si absconditur, si illi exitus non datur. Signa eius obruamus et illam quantum fieri potest occultam secretamque teneamus. Cum magna id nostra molestia fiet cupit enim exilire et incendere oculos et mutare faciem, sed si eminere illi extra nos licuit, supra nos est. In imo pectoris secessu recondatur, feraturque, non ferat. Immo in contrarium omnia eius indicia flectamus: vultus remittatur, vox lenior sit, gradus lentior; paulatim cum exterioribus interiora formantur. In Socrate irae signum erat vocem summittere, loqui parcius; apparebat tunc illum sibi obstare. Deprendebatur itaque a familiaribus et coarguebatur, nec erat illi exprobratio latitantis irae ingrata. Quidni gauderet quod iram suam multi intellegerent, nemo sentiret? Sensissent autem, nisi ius amicis obiurgandi se dedisset, sicut ipse sibi in amicos sumpserat. Quanto magis hoc nobis faciendum est! Rogemus amicissimum quemque ut tunc maxime libertate adversus nos utatur cum minime illam pati poterimus, nec adsentiatur irae nostrae; contra potens malum et apud nos gratiosum, dum consipimus, dum nostri sumus, advocemus.

Combatti con te stesso; se tu vuoi vincerla, l'ira non pu? vincerti. Tu incominci a vincere, se essa ? tenuta nascosta, se non le ? concesso sfogo. Copriamone i segni e teniamola, quanto pi? ? possibile, celata e segreta. Ci? si otterr? con nostro grande fastidio; essa, infatti, smania di saltar fuori e penetrare negli occhi e cambiare il volto; ma, una volta che le sia stato concesso di manifestarsi, essa ci ? sopra. Sia portata e tenuta nascosta nella parte pi? profonda ed appartata dell'animo, non trascini; anzi, volgiamo tutti i segni di essa al contrario: si mitighi il volto, la voce sia alquanto dolce, abbastanza lento l'incedere; a poco a poco l'animo s'accorda con l'aspetto esteriore. Segno dell'ira in Socrate era l'abbassare la voce, il parlare moderato. Allora era chiaro ch'egli si fronteggiava. Era, perci?, sorpreso e scoperto dai familiari, ma a lui non era sgradito essere rimproverato per aver nascosto l'ira. Avrebbe forse tratto qualche piacere se molti avessero capito la sua ira, nessuno l'avesse provata? L'avrebbero, invero, provata, se egli non avesse concesso agli amici il diritto di rimproverarlo, com'egli se l'era preso nei confronti degli amici. Quanto pi? noi ci? dobbiamo fare! Preghiamo chi ci ? pi? amico d'usare contro di noi la libert? allora in massimo grado, quando minimamente potremo sopportarla, e di non approvare la nostra ira; finch? siamo in noi, padroni di noi stessi, chiamandolo in aiuto contro un male che ? potente e che gode il nostro favore.

Trad. D'Agostino
  seneca
      Re: seneca
 

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