Data:
04/01/2003 16.01.51
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Cicerone, De finibus, III, 28-29 passim
Si beata vita honestate cernitur, quod honestum est, id bonum solum habendum est. [29] Quid vero? negarine ullo modo possit <numquam> quemquam stabili et firmo et magno animo, quem fortem virum dicimus, effici posse, nisi constitutum sit non esse malum dolorem? ut enim qui mortem in malis ponit non potest eam non timere, sic nemo ulla in re potest id, quod malum esse decreverit, non curare idque contemnere. quo posito et omnium adsensu adprobato illud adsumitur, eum, qui magno sit animo atque forti, omnia, quae cadere in hominem possint, despicere ac pro nihilo putare. quae cum ita sint, effectum est nihil esse malum, quod turpe non sit. Atque iste vir altus et excellens, magno animo, vere fortis, infra se omnia humana ducens, is, inquam, quem efficere volumus, quem quaerimus, certe et confidere sibi debet ac suae vitae et actae et consequenti et bene de sese iudicare statuens nihil posse mali incidere sapienti. ex quo intellegitur idem illud, solum bonum esse, quod honestum sit, idque esse beate vivere: honeste, id est cum virtute, vivere.
Se la vita felice si rivela nell'integrit? morale [honestate], (ne consegue che) l'integrit? morale dev'essere considerata quale l'unico e solo bene. E ancora: si pu? mai negare, in alcun modo, che un individuo [lett. qualcuno] dall'animo saldo, forte e risoluto - (uno insomma) che definiremmo [lett. definiamo] "uomo coraggioso" - potrebbe dimostrarsi (tale), qualora non si fosse stabilito che il dolore non ? un male? Infatti, come chi considera la morte un male [lett. pone la morte ne(l novero de)i mali] non pu? non temerla, cos? nessuno - in alcuna circostanza - pu? non curarsi, n? tantomeno sottovalutare, ci? che abbia considerato essere un male. Ci? stabilito e confermato con assenso unanime, s'aggiunga [adsumitur; il procedimento ? quello di un ragionamento sillogistico; questa formula "apre" la premessa minore] che colui che possiede un animo forte e risoluto disdegna e non ha in alcun conto tutto ci? che potrebbe capitare ad un essere umano. Stando cos? le premesse [rendo appunto in conformit? al sillogismo], la conclusione ? che [effectum est] nulla che non sia (moralmente) turpe ? un male. E l'uomo che abbiamo preso ad esempio [lett. codesto uomo] - di mente elevata [altus] e straordinaria, coraggioso, decisamente risoluto, che considera tutte le umane cose come inferiori a se stesso - costui, dico, che vogliamo far assurgere a nostro modello [lett. che vogliamo "modellare" e che stiamo cercando, ovv. a cui stiamo aspirando] deve anche avere ferma fiducia nei propri mezzi [lett. di s?; "confido" regge dat.], nella propria (condotta di) vita, nelle proprie azioni e nelle (loro) conseguenze [lett. sing.]; deve (insomma) avere alta opinione di s?, nella convinzione [lett. statuens, stabilendo] che nulla di male pu? (mai) accadere al saggio. Dalla qual cosa, s'evince, inoltre, (la nostra tesi, ovvero) che l'unico vero bene ? il bene morale [quod honestum sit] e che vivere in modo felice consiste nel vivere in modo buono, ovvero secondo virt? morale.
Trad. Bukowski
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