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bukowski
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Re: Seneca
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Data:
07/01/2003 15.04.04
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Non desinam totiens tibi offerre Caesarem: illo moderante terras et ostendente quanto melius beneficiis imperium custodiatur quam armis, illo rebus humanis praeside[nte] non est periculum, ne quid perdidisse te sentias; in hoc uno tibi satis praesidi, solaci est. Attolle te et, quotiens lacrimae suboriuntur oculis tuis, totiens illos in Caesarem derige: siccabuntur maximi et clarissimi conspectu numinis; fulgor eius illos, ut nihil aliud possint aspicere, praestringet et in se haerentes detinebit. Hic tibi, quem tu diebus intueris ac noctibus, a quo numquam deicis animum, cogitandus est, hic contra fortunam advocandus. Nec dubito, cum tanta illi adversus omnes suos sit mansuetudo tantaque indulgentia, quin iam multis solaciis tuum istud vulnus obduxerit, iam multa, quae dolori obstarent tuo, congesserit. Quid porro? Ut nihil horum fecerit, nonne protinus ipse conspectus per se tantummodo cogitatusque Caesar maximo solacio tibi est? Dii illum deaeque terris diu commodent! Acta hic divi Augusti aequet, annos vincat! Quam diu inter mortales erit, nihil ex domo sua mortale esse sentiat! Rectorem Romano imperio filium longa fide adprobet et ante illud consortem patris quam successorem aspiciat! Sera et nepotibus demum nostris dies nota sit, qua illum gens sua caelo adserat! Abstine ab hoc manus tuas, Fortuna, nec in isto potentiam tuam nisi ea parte, qua prodes, ostenderis! Patere illum generi humano iam diu aegro et adfecto mederi, patere quicquid prioris principis furor concussit in suum locum restituere ac reponere! Sidus hoc, quod praecipitato in profundum et demerso in tenebras orbi refulsit, semper luceat! Hic Germaniam pacet, Britanniam aperiat, et patrios triumphos ducat et novos: quorum me quoque spectatorem futurum, quae ex virtutibus eius primum optinet locum, promittit clementia. Nec enim sic me deiecit, ut nollet erigere, immo ne deiecit quidem, sed impulsum a fortuna et cadentem sustinuit et in praeceps euntem leniter divinae manus usus moderatione deposuit: deprecatus est pro me senatum et vitam mihi non tantum dedit sed etiam petit. Viderit: qualem volet esse, existimet causam meam; vel iustitia eius bonam perspiciat vel clementia faciat bonam: utrumque in aequo mihi eius beneficium erit, sive innocentem me scierit esse, sive voluerit. Interim magnum miseriarum mearum solacium est videre misericordiam eius totum orbem pervagantem: quae cum ex ipso angulo, in quo ego defixus sum, complures multorum iam annorum ruina obrutos effoderit et in lucem reduxerit, non vereor ne me unum transeat. Ipse autem optime novit tempus, quo cuique debeat succurrere; ego omnem operam dabo, ne pervenire ad me erubescat. O felicem clementiam tuam, Caesar, quae efficit, ut quietiorem sub te agant vitam exsules, quam nuper sub Gaio egere principes! Non trepidant nec per singulas horas gladium exspectant nec ad omnem navium conspectum pavent; per te habent ut fortunae saevientis modum ita spem quoque melioris eiusdem ac praesentis quietem. Scias licet ea demum fulmina esse iustissima, quae etiam percussi colunt.
[3] lo non cesser? mai di ricordarti Cesare. Finch? egli continuer? a governare il mondo ed a dimostrare quanto i benefici contribuiscano pi? delle armi a mantenere uno Stato, finch? egli continuer? a presiedere alle attivit? degli uomini, non c'? il pericolo che tu t'accorga di aver perduto qualche cosa. In lui solo, troverai la sufficiente difesa, il sufficiente conforto. Risoll?vati, ed ogni volta che ti sentirai salire le lacrime agli occhi, volgili a Cesare. Si asciugheranno alla vista di quel sommo e potentissimo nume; il suo splendore li abbaciner? talmente che non potranno vedere altro e li terr? avvinti a s?. [4] A lui, che vedi giorno e notte e dal quale non distogli mai la tua attenzione, devi pensare; devi chiedere a lui il soccorso contro la sorte. Sono certo che, clemente e benigno com'? verso tutti coloro che gli sono vicini, ha gi? medicato in mille modi la tua ferita ed ha gi? moltiplicato gli interventi capaci di opporsi al tuo dolore. Eppoi? Anche se non avesse fatto nulla di tutto ci?, non ti basterebbe vedere per un attimo Cesare, non basterebbe anche il solo pensare a lui, a darti il pi? completo conforto? [5] Che gli d?i e le dee l'accordino a lungo alla terra! Possa uguagliare le gesta del divino Augusto e superarne gli anni. Finch? sar? tra i mortali, non debba accorgersi d'avere dei mortali nella sua casa! Riconosca, dopo lunga prova, l'idoneit? del figlio a reggere l'impero romano e possa associarselo nel governo, prima di averlo come successore! Venga tardi e sia noto soltanto ai nostri nipoti il giorno in cui la sua famiglia lo richiamer? al cielo!
[1] Allontana le mani da lui, o Fortuna e, nei suoi riguardi, non mostrarti potente, se non intervenendo a suo favore. Lascia che egli medichi questa umanit?, ammalata e sfinita da tempo, lascia che rialzi e restauri tutto ci? che la forsennata furia del suo predecessore ha abbattuto! Brilli sempre questa stella che brill? su un mondo precipitato nel baratro e sommerso nelle tenebre! [2] Sia il pacificatore della Germania, il conquistatore della Britannia, ripeta i trionfi di suo padre e ne aggiunga dei nuovi! Mi riprometto anch'io d'esserne spettatore, perch? conosco la sua clemenza, che tiene il posto d'onore tra le sue virt?. Egli non mi ha abbattuto per non risollevarmi mai pi?, anzi, non mi ha neppure abbattuto, ma quando, urtato dalla sorte, stavo cadendo, mi ha sorretto, mentre precipitavo e, stendendo la sua mano, strumento della sua divina mitezza, mi ha dolcemente deposto a terra. Invoc? per me il senato e non solo mi concesse la vita, ma anche la in1plor? a mio favore. [3] Ora giudichi, valuti la mia causa come meglio crede; essa sia riconosciuta buona dalla sua giustizia o dichiarata tale dalla sua clemenza. L'innocenza sar? ugualmente un suo dono per me, derivi essa da un suo riconoscin1ento o da un suo decreto. Intanto, ? di grande conforto alle mie miserie, il vedere che la sua misericordia percorre tutta la terra. Proprio da questo angolo, nel quale sono confinato, essa ha dissepolto e riportato alla luce molte persone che giacevano da anni sotto le macerie; non temo d'essere io il solo dimenticato. Egli conosce benissimo il momento in cui deve soccorrere ciascuno; per parte mia, far? in modo che egli non debba arrossire d'arrivare fino a me. [4] Felice la tua clemenza, o Cesare, che permette agli esuli, sotto il tuo principato, di condurre una vita pi? tranquilla di quella che, pochi anni or sono, sotto Gaio, conducevano i principi! Non trepidano, non aspettano la spada di ora in ora, non paventano ogni avvistamento di nave. Sei tu che segni un limite alla crudelt? della loro sorte e li fai confidare in un futuro migliore, tranquilli del presente. ? bene, insomma, che tu sappia che davvero sono giustissimi quei fulmini che vengono venerati anche da chi ne ? stato colpito.
Trad. A. Marastoni
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• Seneca Re: Seneca
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