Data:
18/01/2003 3.13.55
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Beh, devo darti ragione. In alcuni punti, ha fatto disperare anche me ;).
Cicerone, de finibus, II, 12-13
[12] Quid enim necesse est, tamquam meretricem in matronarum coetum, sic voluptatem in virtutum concilium adducere? invidiosum nomen est, infame, suspectum. itaque hoc frequenter dici solet a vobis, non intellegere nos, quam dicat Epicurus voluptatem. quod quidem mihi si quando dictum est--est autem dictum non parum saepe--, etsi satis clemens sum in disputando, tamen interdum soleo subirasci. egone non intellego, quid sit hedon? Graece, Latine voluptas? utram tandem linguam nescio? deinde qui fit, ut ego nesciam, sciant omnes, quicumque Epicurei esse voluerunt? quod vestri quidem vel optime disputant, nihil opus esse eum, qui philosophus futurus sit, scire litteras. itaque ut maiores nostri ab aratro adduxerunt Cincinnatum illum, ut dictator esset, sic vos de pagis omnibus colligitis bonos illos quidem viros, sed certe non pereruditos. [13] ergo illi intellegunt quid Epicurus dicat, ego non intellego? ut scias me intellegere, primum idem esse dico voluptatem, quod ille hedonen. et quidem saepe quaerimus verbum Latinum par Graeco et quod idem valeat; hic nihil fuit, quod quaereremus. nullum inveniri verbum potest quod magis idem declaret Latine, quod Graece, quam declarat voluptas. huic verbo omnes, qui ubique sunt, qui Latine sciunt, duas res subiciunt, laetitiam in animo, commotionem suavem iucunditatis in corpore. nam et ille apud Trabeam 'voluptatem animi nimiam' laetitiam dicit eandem, quam ille Caecilianus, qui 'omnibus laetitiis laetum' esse se narrat. sed hoc interest, quod voluptas dicitur etiam in animo--vitiosa res, ut Stoici putant, qui eam sic definiunt: sublationem animi sine ratione opinantis se magno bono frui--, non dicitur laetitia nec gaudium in corpore.
12 - Perch?, allora, ? necessario accogliere [adducere] il piacere nel consesso delle virt?, cos? come [sic? tamquam?] una prostituta in un conciliabolo di matrone? (Il termine "piacere") ? un termine odioso, infame, sospetto. Ordunque [itaque], voi siete soliti affermate, con insistenza, che noi non capiamo che cosa Epicuro intenda col termine "piacere" [lett. da voi ? solito esser detto ci?: (che) noi non capiamo quello che Epicuro chiama "piacere"; quam ? dicat; relativa subordinata al cong.]. Ogni volta che mi ? stata rivolta questa accusa (di fraintendimento) [lett. ogni qualvolta ci? ? stato detto?] - e mi ? stata ripetuta non poche volte - anche se (generalmente) sono abbastanza tranquillo [clemens] quando si tratta di discutere [in disputando], tuttavia - talvolta - son solito perdere le staffe. Forse che io non capisco a che cosa alluda [lett. che cosa sia] (il termine) "hedon?" in greco e "voluptas" in latino? Quale delle due lingue io non saprei? E poi, come mai [lett. qui fit ut, come/perch? avviene che?] io non lo so, (mentre invece lo) sanno tutti coloro che hanno voluto essere Epicurei? (Quando invece) proprio quelli della vostra setta [lett. i vostri] brillantemente sostengono che, colui il quale abbia intenzione di diventare filosofo [qui futurus sit philosophus; perifrastica att.], non deve necessariamente essere un letterato [lett. non c'? bisogno che sappia di lettere]! Pertanto, come i nostri antenati spinsero quel famoso [illum] Cincinnato ad abbandonare il lavoro dei campi [lett. portarono via? Cincinnato dall'aratro] affinch? diventasse dittatore, allo stesso modo [sic] voi raccogliete da tutti i villaggi (di campagna) [pagis] individui che sono certamente brav'uomini, ma (che altrettanto) certamente (sono) degli ignoranti ["non pereruditos" ? una litote].
13 - Ebbene, costoro capirebbero [lett., come il seguente, ? al pres.] ci? che Epicuro vuole dire, (mentre) io non lo capirei? (Ora) affinch? tu ti renda conto [lett. sappia] che (anche) io (lo) capisco (bene), innanzitutto affermo che "voluptas" ed "hedon?" sono la stessa cosa. Siamo soliti cercare una traslitterazione latina adeguata [traslitterazione? adeguata = verbum par ? quod idem valeat (che valga la stessa cosa)] per (ogni) termine greco. Qui non c'? stato alcunch? da cercare [come dire: non c'? stato da scervellarsi troppo]: (infatti) non si potrebbe trovare termine pi? consono per rendere l'omologo greco, che non il termine latino "voluptas" [qui ho tradotto un po' liberamente, ma il senso e la costruzione sono semplici]. A questo termine, tutti coloro che - nel mondo [qui sunt ubique] - parlano latino, associano due cose: (1) la gioia dell'animo e (2) una soave impressione di piacevolezza nel corpo. Ad esempio, anche [et = etiam] quel famoso (personaggio), nella commedia di Trabea [scrittore comico romano; la locuzione "apud + acc." (del nome dell'autore) ? idiomatica] (con le parole) "piacere smodato dell'anima" afferma (praticamente) che la "letizia" ? la stessa cosa che intende quell'altro famoso personaggio, stavolta di Cecilio [altro comico romano], quando narra di essere "lieto tra cose tutte liete". Ma sussiste questa differenza: si usa il termine [dicitur; il "quod" ? epesegetico] "piacere" anche in riferimento all'animo - cosa viziosa, come sostengono gli Stoici, che cos? la definiscono: "esaltazione immotivata [sine ratione] dell'animo, che crede [opinantis] di godere [frui; regge abl] di un gran bene" - mentre non si usa il termine "letizia", n? "gaudio", in relazione al corpo.
Trad. Bukowski
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