Data:
23/01/2003 14.12.46
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Cicerone. Dell'oratore, I, 30-32 passim
Nulla, a mio parere, ? pi? insigne della capacit? di avvincere con la parola l'attenzione degli uomini, guadagnarne il consenso, spingerli a piacimento dovunque e da dovunque a piacimento distoglierli: questa sola capacit?, ha sempre avuto importanza ed ? sempre prevalsa presso i popoli liberi e principalmente nelle comunit? governate dalla pace e dall'ordine. Che cosa c'?, infatti, che desti altrettanta ammirazione del sorgere, in mezzo a una infinita moltitudine di uomini, di un individuo in grado di fare, lui solo o con pochissimi altri, ci? che per natura a tutti ? concesso? Ovvero, tanto gradevole allo spirito e all'orecchio, quanto un discorso elegante e adorno di saggi pensieri e nobili parole? O, ancora, tanto possente e tanto splendido quanto il fatto che il discorso di un solo uomo riesca a modificare le passioni del popolo, gli scrupoli dei giudici, l'inflessibilit? del senato? Che c'? inoltre di altrettanto regale, nobile, generoso del prestare soccorso ai supplici, del risollevare gli afflitti, del salvare delle vite, dell'affrancare dai pericoli, del sottrarre all'esilio i concittadini? E che c'? di altrettanto indispensabile del disporre costantemente di armi con cui poter proteggersi, o sfidare i malvagi, o vendicarsi se provocati?
Trad. AAVV Rizzoli
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