Data:
04/02/2003 16.37.43
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Seneca, Lettere a Lucilio, 104 passim, con interpolazioni e modifiche [n.b.: ho adattato al tuo brano ed alle tue note il testo presente su www.bibliomania.it ]
1 Mi sono trasferito nella mia villa di Nomento, cercando scampo non dalla [fugiens, fuggendo] citt?, ma da una febbre che si era gi? impadronita di me [l'espressione "inicere manum alicui" ? idiomatica, e appartiene all'ambito giuridico; si "metteva mano", ad esempio, sopra ad uno schiavo, per reclamarne il possesso]. Ho dato, perci?, ordine di preparare s?bito la carrozza, nonostante l'opposizione di mia moglie Paolina. Il medico, dai battiti del polso alterati e irregolari tanto da turbare le normali funzioni, diagnosticava l'inizio di una malattia. Avevo davanti agli occhi lo spettacolo del mio caro Gallione, che si era preso la febbre in Grecia e immediatamente si era imbarcato, proclamando che il male non era del suo fisico, ma di quel posto. Questo l'ho detto alla mia Paolina che mi raccomanda sempre la salute. Che risultato ha avuto [lett. come and? a finire] la mia decisione di partire? Appena mi sono lasciato alle spalle l'aria pesante della citt? e quell'odore delle cucine fumanti che, quando sono rigovernate, diffondono con la polvere tutti i vapori pestiferi che hanno assorbito, s?bito mi sono accorto che il mio stato di salute era cambiato. Come mi sono sentito pi? in forze, una volta giunto ai miei vigneti! Lasciato libero per il pascolo, mi sono buttato sul cibo. S?bito mi sono ripreso, ? scomparso quel torpore di un fisico malfermo e che non prometteva nulla di buone [cogitantis male]. Mi sono gettato a capofitto nello studio. Non ? tanto il luogo che conta per studiare, ma la concentrazione.
Trad. adattata da Bukowski
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