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Mittente:
bukowski
Re: Traduzione Plinio il Vecchio   stampa
Data:
05/02/2003 15.59.15




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La mia opinione [reor], pertanto, ? che tentare una "personificazione" e una raffigurazione del Divino ? un'impresa che denuncia una mancanza di senno e una debolezza morale [inbecillitas] ch'? tipicamente umana. Qualunque "identit?" abbia il Divino - se pure essa sia altra (da quanto ho in precedenza descritto) [cfr. l' "anima del mondo" di cui sopra] - e qualunque sia la sua sede (nell'universo), Esso dovrebbe coincidere con la totalit? delle cose esistenti e percepibili [totus est sensus, totus visus, totus auditus], con la forza che d? la vita [anima] e con lo spirito che la informa [animus]: ? totalit?, insomma, che coincide con s? stessa [da una rapida ricerca in rete, ho appurato che questo passo viene generalmente citato in siti sedicenti "atei"; a mio parere, la citazione ? inopportuna, dato che qui, e in seguito, Plinio non sta attaccando il divino in s?, quanto piuttosto la "superstizione" umana che tende a personificare o peggio ad "antropomorfizzare" il Divino, frantumandolo addirittura in una molteplicit? di "eoni" minori; qui Plinio condivide, fondamentalmente, la tesi stoica, di una divinit? da intendersi non in senso "religioso" comune o - ripeto - superstizioso, quanto piuttosto quale "forza" razionale che permea, come sua legge ed ordine, tutto il reale: questo faceva della teologia stoica una teologia fortemente, appunto, "razionalistica", e rigidamente monoteista, nonch? panteista; anzi, sarei tentato di dire, panenteista].
Segno di una addirittura maggiore ottusit? intellettuale ed indolenza morale [quidem? accedit ad socordiam maiorem] ? il credere che (gli d?i) siano innumerevoli, e (che traggano origine dalle virt?) e dai vizi degli uomini: (dunque avremmo la personificazione della) Pudicizia, della Concordia, dell'Intelligenza, della Speranza, dell'Onore, della Clemenza, della Fede [critica contro il politeismo e la personificazione divina] - oppure, a detta di Democrito (ad esempio), l'esistenza di due divinit? soltanto: Contesa ed Amicizia [lett. Pena e Beneficio, ma rendo secondo la dottrina pi? o meno comune ai Presocratici].
Ora, la consapevolezza della propria fragilit? e precariet? esistenziale - l'essere destinati alla morte - spinge gli uomini [parafraso cos? "fragilis et laboriosa mortalitas", laddove ? piuttosto "mortalitas" il soggetto di "digessit"] a de-strutturare [mi piace rendere cos?, seppur anacronisticamente, "digessit in partes", con accezione foucaultiana] (la propria condizione d'indigenza), di modo che ognuno possa venerare - tra le partizioni (ottenute) - quella di cui pi? avverte il bisogno (o paura). Per questo motivo, ci ? dato di riscontrare [invenimus] che, presso i vari popoli, si affibbiano denominazioni diverse a d?i comuni, e che si procede alla personificazione non solo della morte [inferis], ma addirittura delle malattie e delle pestilenze: ?, questo, il frutto della proiezione della nostra paura e del nostro desiderio di placarle [rendo liberamente, ispirandomi a Feuerbach, ma per avvantaggiare la comprensione, "dum esse placatas trepido metu cupimus"].
A riprova di ci?, sul Palatino ? stato innalzato un tempio come voto a Febbre [dea-personificazione dell'omonima malattia] - voto addirittura avallato dalle autorit? [publice, ufficialmente]; un tempio votato a Osbona [presiedeva alla buona riuscita delle nascite], accanto al tempio dei Lari; e anche un tempio alla Cattiva Sorte, sull'Esquilino. Da ci?, si potrebbe essere indotti ad arguire che ci siano pi? d?i che uomini [ironia di Plinio, ancora contro il politeismo]: infatti, non solo i singoli individui eleggono, consapevolmente e secondo intimi bisogni [ex semet ipsis], a d?i le varie Giunoni e i varii Genii, ma ci sono popoli che fanno assurgere al rango di divinit? finanche certi animali e tal altre oscenit?, tale che - cosa decisamente disgustosa, anche solo a pronunciarla - giurano invocando (personificazioni) di cibi puzzolenti e altre simili schifezze.
E', infine, paragonabile ad un puerile vaneggiamento [puerilium prope deliramentorum est] il voler credere che gli d?i contraggano matrimoni tra loro - e, da unioni tanto lunghe, non nascerebbe neanche un figlio! - e che alcuni siano eternamente dei vecchi rincoglioniti [grandaevos semper canosque], mentre altri siano sempre nel fiore della giovinezza: e poi, chi di pelle scura, chi con le alucce, chi cionco ad una gamba, chi generato da un uovo, chi crepa un giorno e risorge il giorno dopo [alternis diebus viventes morientesque; n.b.: sto utilizzando un linguaggio mordace dato che, mi sembra, in questo contesto Plinio si accosti ai modi della diatriba]: ma la stronzata pi? grande [sed super omnem inpudentiam] ? ch'essi si facciano le corna e si scannino tra loro, con litigi e dispetti [critica contro l'antropomorfismo]; per tacere, poi, il fatto che troviamo divinit? che personificano finanche furti e delitti!

Trad. Bukowski
  Traduzione Plinio il Vecchio
      Re: Traduzione Plinio il Vecchio
 

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