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Mittente:
bukowski
Re: minucio felice   stampa
Data:
24/02/2003 23.35.41




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S?, ? Felice.

"Quo magis mihi videntur qui hunc mundi totius ornatum non divina ratione perfectum volunt, sed frustis quibusdam temere cohaerentibus conglobatum, mentem, sensum, oculos denique ipsos non habere. Quid enim potest esse tam apertum, tam confessum tamque perspicuum, cum oculos in caelum sustuleris et quae sunt infra circaque lustraveris, quam esse aliquod numen praestantissimae mentis, quo omnis natura inspiretur, moveatur, alatur, gubernetur?
"Caelum ipsum vide: quam late tenditur, quam rapide volvitur, vel quod in noctem astris distinguitur, vel quod in diem sole lustratur: iam scies, quam sit in eo summi moderatoris mira et divina libratio. Vide et annum, ut solis ambitus faciat, et mensem vide, ut luna auctu, senio, labore circumagat. Quid tenebrarum et luminis dicam recursantes vices, ut sit nobis operis et quietis alterna reparatio? Relinquenda vero astrologis prolixior de sideribus oratio, vel quod regant cursum navigandi, vel quod arandi metendique tempus inducant. Quae singula non modo ut crearentur, fierent, disponerentur, summi opificis et perfectae rationis eguerunt, verum etiam sentiri, perspici, intellegi sine summa sollertia et ratione non possunt.

Ragion per cui, coloro che sostengono [lett. volunt] che l'armonia [hunc orantum - ornatus sost.] dell'universo [totius mundi] non sia opera [non? perfectum - perficio] di una razionalit? divina [secondo l'opinione stoica], quanto piuttosto la risultante di un'accozzaglia confusa di atomi [lett. di certe particelle (frustis, pezzetti) interconnesse (cohaerentibus) alla cieca (temere); ?, questa, l'opinione epicurea], mi sembrano davvero privi della vista [sensibile, ma anche intellettuale, evidentemente]!
Che cosa c'?, infatti, di tanto evidente [apertum], inconfutabile [confessum], lapalissiano [perspicuum; nota la climax ascendente] - quando alzi gli occhi al cielo e ne ammiri la trama e l'ordito [lett. le cose che sono?] - del fatto che (c'?) una qualche suprema intelligenza divina [aliquod numen praestantissimae mentis], che ispira, muove, nutre e governa l'intero Creato [natura; lett. la costr. ? al passivo: grazie alla quale? viene?; nota, ancora, la climax ascendente]?
Volgi lo sguardo al cielo, di per se stesso: quanto ? esteso [la paratassi assume valore esclamativo]! Come evolve [per gli antichi era il cielo, ovvero lo Zodiaco, a spostarsi, e dunque a "dettare" il giorno e la notte] in fretta! Con quale [quod = quomodo] luce, di notte, lo illuminano le stelle [lett. pass.] e, di giorno, il sole! E allora [iam, conclusivo] ti renderai conto che in esso rifulge il magnifico e divino equilibrio [libatio] di una mente superiore [=Dio] che lo governa [summi moderatoris].
E volgi attenzione all'anno, come sia il giro del sole a definir(lo)! E al mese, come sia la luna a stabilirne il corso [circumagat] col crescere, il diminuire, lo sparire [riferito, s'intende, alla luna stessa]!
E cosa dovrei dire [dubitativo] dell'eterno alternarsi della notte [tenebrarum] e del giorno [luminis], che regola l'alternarsi del nostro riposo e della nostra fatica? Ma un discorso pi? approfondito [prolixior] sugli astri dev'essere piuttosto lasciato agli astrologi, ovvero in che modo [quod = quomodo] essi [gli astri] indirizzino il tragitto di navigazione o indichino il periodo adatto all'aratura ed alla mietitura.
Queste cose, prese una per una, non solo hanno richiesto l'opera [eguerunt - egeo] di un sommo creatore e di una razionalit? perfette, per essere create, modellate ed organizzate, ma non possono decisamente neanche essere (solo) intuite, indagate, capite senza ricorrere ad un sommo Amore e ad una somma Mente [=Dio] (come loro Creatore e Reggitore).

Trad. Bukowski


"Otiosum est ire per singulos et totam seriem generis istius explicare, cum in primis parentibus probata mortalitas in ceteros ipso ordine successionis influxerit. Nisi forte post mortem deos fingitis, et perierante Proculo deus Romulus, et Iuba Mauris volentibus deus est, et divi ceteri reges, qui consecrantur non ad fidem numinis, sed ad honorem emeritae potestatis. Invitis his denique hoc nomen adscribitur: optant in homine perseverare, fieri se deos metuunt, etsi iam senes nolunt.
"Ergo nec de mortuis dii, quoniam deus mori non potest, nec de natis, quoniam moritur omne quod nascitur: divinum autem id est, quod nec ortum habet nec occasum. Cur enim, si nati sunt, non hodieque nascuntur? Nisi forte iam Iuppiter senuit et partus in Iunone defecit et Minerva canuit antequam peperit. An ideo cessavit ista generatio, quoniam nulla huiusmodi fabulis praebetur adsensio?
"Ceterum si dii creare possent, interire non possent, plures totis hominibus deos haberemus, ut iam eos nec caelum contineret nec aer caperet nec terra gestaret. Unde manifestum est homines illos fuisse, quos et natos legimus et mortuos scimus.

Sarebbe ozioso indugiare sui casi specifici [ire per singulos] ed illustrare l'intera evoluzione [seriem] di tale genere (di uomini), dato che il loro essere mortali [mortalitas] - comprovato nei progenitori [in primis parentibus] - s'? trasmessa (giocoforza) in eredit? [ipso ordine successionis] anche alla progenie [influexerit? in ceteros]. A meno che [nisi forte; la locuzione ? ironica] voi non li divinizziate [fingitis deos] dopo la morte, tal che un Romolo s'? ritrovato dio per una bugia di Procolo [perierante - peiero; Proculo giur? d'aver visto Romolo apparirgli sul campidoglio dopo la morte] e Giuba per beneplacito dei Mauritani [Mauris volentibus; continua il tono ironico], e cos? per altri re divinizzati: (re) che non si consacrarono certo alla Fede in Dio, bens? alla carica ch'essi esercitavano. E dunque, loro malgrado si trovano a ricevere questo titolo [nomen] (divino): essi (in realt?) preferiscono perseverare nel loro stato umano e giammai divenire d?i [continua il tono ironico = preferiscono rimanere in vita piuttosto che morire, per quanto alla morte divinizzati], neanche quando sono oramai dei vecchi decrepiti.
Insomma, gli d?i non ("provengono") da cadaveri [uso questo termine per mantenere il tono iconoclasta], dato che un dio non pu? morire! N? tantomeno dai nati, dato che tutto ci? che nasce ? destinato a perire: anzi, un dio ? tale proprio perch? non soggetto alle leggi della nascita e della morte [lett. non ha?]!
E infatti, se fossero nati, perch? a tutt'oggi non nascono (altri d?i)? A meno che [ancora la clausola ironica] Giove non s'? rincoglionito, Guinone non abbia perso la fertilit? e Minerva non sia entrata in menopausa prima d'avere figli [beh, scusami questa trad., ma il passo ? divertente, eheheh]! O piuttosto la discendenza s'? interrotta perch? oggi non si d? pi? credito a quest'ammasso di sciocchezze?
Inoltre, ammesso pure che gli d?i potessero figliare [uso ancora un termine rude per rispettare il tono iconoclasta], (certamente) non potrebbero morire, tal che oggi ci ritroveremmo molti pi? d?i che uomini, e n? il cielo, n? lo spazio, n? la terra sarebbero in grado di ospitarli!
E allora, da ci? s'evince chiaramente ch'essi furono nient'altro che uomini: leggiamo che son nati e sappiamo che son morti. E tanto basta!

Trad. Bukowski
  minucio felice
      Re: minucio felice
 

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