Data:
06/03/2003 2.53.56
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Arnobio, Adversvs Nationes, V 22.1. passim
Non esse arbitror necessarium sermone quoque hic multo membra ire per singula quantaeque insint in partibus pravis turpitudinum scatebrae flagitiorumque monstrare. 2. Quis est enim mortalium vel exiguae humanitatis sensum ferens qui non ipse pervideat, qualia sint haec omnia, | f. 109b | quam scelerata, quam foeda quantasque ignominias differant ex ipsis mysteriorum sacris et ex sacrorum originibus indecoris? 3. "Iuppiter, inquit, exarsit in Cererem". - Quid tantum, quaeso, de vobis Iuppiter iste quicumque est meruit, quod genus est nullum probri, infame, adulterium nullum, quod in eius non caput velut in aliquam congeratis vilem luteam que personam? 4. "Matrimonii prodidit ius Leda": - Iuppiter esse dicitur auctor culpae. "Virginitatem Danae custodire nequivit": - furtum esse narratur Iovis. 5. "Ad mulieris nomen properavit Europa": - expugnator pudicitiae idem esse iactatur.
Ritengo inutile dilungarmi [ire multo sermone], anche in questo contesto [hic, avv.; propr. in questo luogo (dell'opera)], in un'analisi particolareggiata [per singula membra] e ostentare l'ammasso [quantae? scatebrae] di turpitudini e scelleratezze [partitivi] che covano [insint] in seno ai pagani [in partibus pravis = nelle genie cattive]. Del resto, chi - tra gli uomini, o recante in s? (almeno) un briciolo d'umanit? [ferens sensum humanitatis exiguae] - non pu? vedere a fondo [pervideat; lett. ? "chi c'? tra? che non?; il "per" ? intensivo] con i propri occhi [ipse, lui stesso], di che risma esse [le turpitudini di cui sopra] siano, (ovvero) quanto siano orribili, quanto depravate, e quante infamie [nota la climax ascendente] derivino dalla stessa sacert? delle verit? di fede (pagana) [mysteriorum] e dalle origini indecorose dei (loro stessi) riti sacri? "Giove - si fa notare - and? in fregole [exarsit] per Cerere!" Codesto [detto con appunto spregiativo] Giove - chiunque esso sia - che grande esempio vi d? ["merere de aliquo" ? idiomatico]! [rendo con esclamativo l'interrogativa retorica] Non c'? alcun genere di depravazione, d'infamia, d'adulterio che voi non possiate travasare [lett. accumulare] nella sua testa, ovvero in una persona vile e sozza (qual egli, appunto, ?)! "Leda trad? il vincolo matrimoniale" ma il vero colpevole, ? risaputo, fu Giove! "Danae perse [lett. non riusc? a custodire] la verginit?" In realt?, ? risaputo che gliela viol? Giove! "Europa acceler? i tempi della propria femminilit?" [ovvero, si concesse - vittima d'inganno - prima del tempo che pudicizia vorrebbe]. Ma ancora Giove [idem], ? risaputo, ne viol? la pudicizia!
Historia Augusta, Adriano, V passim
V. 1 Adeptus imperium ad priscum se statim morem instituitet tenendae per orbem terrarum paci operam intendit. 2 Nam deficientibus his nationibus, quas Traianus subegerat, Mauri lacessebant, Sarmatae bellum inferebant, Brittani teneri sub Romana dicione non poterant, Aegyptus seditionibus urgebatur, Libya deniqueac Palaestina rebelles animos efferebant. 3 Quare omnia trans Eufraten ac Tigrim reliquit exemplo, ut dicebat Catonis, qui Macedonas liberos pronuntiavit, quia tueri non poterant. 4 Parthamasirin, quem Traianus Parthis regem fecerat, quod eum non magni ponderis apud Parthos videret, proximis gentibus dedit regem. 5 Tantum autem statim clementiae studium habuit, ut, cum sub primis imperii diebus ab Attiano per epistolas esset admonitus, ut et Baebius Macer praefectus urbis, si reniteretur eius imperio, necaretur et Laberius Maximus, qui suspectus imperio in insula exulabat, et Frugi Crassus, neminem laederet; 6 quamvis Crassum postea procurator egressum insula, quasi res novas moliretur, iniusso eius occiderit. 7 Militibus ob auspicia imperii duplicem largitionem dedit.
Giunto [adeptus - adipiscor] al trono, (Adriano) s'adoper? ad una restaurazione del prisco costume (romano) ed al mantenimento della pace nel mondo. I popoli che Traiano aveva sottomesso, infatti, erano in rivolta [conviene sciogliere l'abl. assoluto; "deficere", in questo contesto, significa "venir meno" ad un vincolo politico, "staccarsene"]: i Mauri ardivano sfidare (Roma), i Sarmati erano (oramai) in (piena) guerra, i Britanni erano refrattari all'autorit? di Roma [lett. non era possibile tenerli sotto?], l'Egitto era piagato da sedizioni e la Libia e la Palestina, infine, mostravano intenzioni ribelli. Per la qual cosa, (Adriano) rinunci? a(ll'assoggettamento politico di) tutti (i territori) al di l? del Tigri e dell'Eufrate, seguendo l'esempio - com'era solito dire - di Catone, il quale dichiar? la Macedonia indipendente, non riuscendo a conquistarla [un bell'escamotage per velare la non riuscita in campo militare ;)]. E assegn? a Parthamasiris - che Traiano aveva messo sul trono dei Parti - la reggenza dei popoli limitrofi, dato che aveva l'impressione che quello non godesse di grande influenza ["magni ponderis", gen. di stima; sott. "esse"] tra i Parti (stessi). (Adriano,) inoltre, si dimostr? subito di grande clemenza, tale che - sebbene, nei primi giorni di reggenza, Aziano gli avesse consigliato [lett. la costr. ? al passivo], per lettera, di far fuori sia il prefetto cittadino B. Macero, qualora questi si fosse a lui insubordinato [si reniteretur eius imperio], sia L. Massimo, ch'era in esilio su un'isola, col sospetto di cospirare per il potere, sia F. Crasso - egli non infier? su alcuno (di questi). Per quanto, in seguito, il procuratore (di Adriano) - ma senza un suo ordine - avrebbe ucciso (effettivamente) Crasso, (sorpreso) a lasciare l'isola armato di propositi rivoluzionari, evidentemente [quasi res novas moliretur]. (Adriano infine) offr? un donativo doppio all'esercito, (la qual cosa fosse) di buon augurio al suo periodo da imperatore.
Tradd. Bukowski
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