Data:
31/03/2003 18.35.40
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N.B.: NON VIRGOLETTARE NELL' OGGETTO
La trad. ? tratta da cartaceo. Se hai qualche perplessit? su alcuni punti, non esitare a ricontattarmi, accodandoti a questo thread. Saluti.
Cicerone, Tuscolane, I, 117-118 passim
Ci? nonostante, bisogna sempre far largo impiego di eloquenza e quasi montare in cattedra, per fare in modo che gli uomini comincino a desiderare la morte, o almeno cessino di averne timore. Se il giorno supremo non comporta l'annientamento, ma un semplice trapasso di dimora, che ci pu? essere di pi? desiderabile? E se poi esso significa per noi scomparsa e distruzione totale, che ci pu? essere di meglio che l'addormentarsi in mezzo alle pene della vita, e chiudere cos? gli occhi per abbandonarsi a un sonno eterno? Se ? cos?, fra Ennio e Solone, chi parla meglio ? Ennio. Dice il nostro poeta: ? niente lacrime per me, n? pianti al funerale?. E invece il saggio greco: ?Non manchino lacrime alla mia morte: lasciamo gli amici nella tristezza, perch? numerosi vengano a piangere al funerale?. Quanto a noi, se in qualche circostanza crediamo di vedere un segno che ci manda la divinit? per farci andar via da questa vita, obbediamo lieti e riconoscenti, e pensiamo che questo significa per noi la liberazione dal nostro carcere e lo scioglimento dalle catene che ci tenevano legati, significa la possibilit? o di tornare alla dimora eterna e veramente nostra, o di trovarci liberi dalla sensibilit? e da ogni pena. Se invece non avremo nessun segno, disponiamo il nostro spirito in modo da poter ritenere felice per noi questo giorno per gli altri cos? orribile, senza considerare male ci? che gli d?i immortali o la madre di tutti, la natura, hanno stabilito. Non ? stato a caso, e senza un fine ben determinato, che noi siamo stati generati e messi al mondo: c'? stata indubbiamente una forza che ha il compito di pensare al genere umano, una forza che non avrebbe prodotto e nutrito una creatura per farle patire fino all'ultimo ogni sorta di pene, e poi precipitarla nel male eterno della morte. Consideriamola piuttosto, la morte, come un porto, un rifugio predisposto per noi.
Trad. A. Di Virginio
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