Data:
05/04/2003 17.05.22
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Cicerone, Pro Roscio Amerino, 66-67
Vedete, dunque, (come) le Furie (pur) perseguitino, e non lascino mai in pace [consistere], coloro che i poeti ci hanno tramandato aver inflitto una punizione alla (propria) madre, per vendicare (offese recate al) padre ? tanto pi? che [cum praesertim] (essi) affermino d?averlo fatto seguendo ingiunzioni ed oracoli degli d?i immortali? Eppure, non avrebbero potuto essere pii [ovvero, seguire la volont? divina, appunto] senza (commettere tale) nefandezza! In realt?, o giudici, la cosa sta cos?: il sangue paterno e materno comporta un vincolo molto forte e sacro [magnam vim, magnam necessitatem, magnam religionem] e se ci se ne macchia, tale macchia non solo non ? possibile lavarla via, ma anzi s?infiltra a tal punto [usque eo?] nell?animo da [?ut] condurre ad irreparabile follia. Non dovete credete, tuttavia, che gli empi e gli scellerati [eos qui commiserint aliquid impie scelerateque] siano (effettivamente) perseguitati e terrorizzati dai terribili tormenti delle Furie, come trovate spesso (scritto) nelle favole. (In realt?) sono innanzitutto il senso di colpa e lo scrupolo di coscienza [fraus et suus terror] a tormentare il malvagio [lett. quemque, ciascuno; ma il contesto presuppone ?malvagio?]; ? la consapevolezza del proprio delitto a perseguitarlo e a portarlo alla follia, (insomma) sono i suoi cattivi pensieri e la sua coscienza sporca a terrorizzarlo! Sono queste, per gli empi, le (vere) Furie, ostinate e private [domesticae], che ? giorno e notte ? fanno pagare a figli scelleratissimi il fio delle cattive azioni commesse nei confronti dei genitori.
Trad. Bukowski
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