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bukowski
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25/04/2003 22.57.30




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Ovidio, Tristia, I, 3, 52 sgg.

a! quotiens aliquo dixi properante 'quid urges?
uel quo festinas ire, uel unde, uide.'
a! quotiens certam me sum mentitus habere
horam, propositae quae foret apta uiae.
ter limen tetigi, ter sum reuocatus, et ipse
indulgens animo pes mihi tardus erat.
saepe 'uale' dicto rursus sum multa locutus,
et quasi discedens oscula summa dedi.
saepe eadem mandata dedi meque ipse fefelli,
respiciens oculis pignora cara meis.
denique 'quid propero? Scythia est, quo mittimur', inquam,
'Roma relinquenda est, utraque iusta mora.
uxor in aeternum uiuo mihi uiua negatur,
et domus et fidae dulcia membra domus,
quosque ego dilexi fraterno more sodales,
o mihi Thesea pectora iuncta fide!
dum licet, amplectar: numquam fortasse licebit
amplius; in lucro est quae datur hora mihi.'
nec mora sermonis uerba inperfecta relinquo,
complectens animo proxima quaeque meo.
dum loquor et flemus, caelo nitidissimus alto,
stella grauis nobis, Lucifer ortus erat.
diuidor haud aliter, quam si mea membra relinquam,
et pars abrumpi corpore uisa suo est.
sic doluit Mettus tum cum in contraria uersos
ultores habuit proditionis equos.
tum uero exoritur clamor gemitusque meorum,
et feriunt maestae pectora nuda manus.
tum uero coniunx umeris abeuntis inhaerens
miscuit haec lacrimis tristia uerba suis:
'non potes auelli: simul ah! simul ibimus', inquit,
'te sequar et coniunx exulis exul ero.
et mihi facta uia est, et me capit ultima tellus:
accedam profugae sarcina parua rati.
te iubet e patria discedere Caesaris ira,
me pietas: pietas haec mihi Caesar erit.'
talia temptabat, sicut temptauerat ante,
uixque dedit uictas utilitate manus.
egredior (siue illud erat sine funere ferri?)
squalidus inmissis hirta per ora comis.
illa dolore amens tenebris narratur obortis
semianimis media procubuisse domo,
utque resurrexit foedatis puluere turpi
crinibus et gelida membra leuauit humo,
se modo, desertos modo complorasse Penates,
nomen et erepti saepe uocasse uiri,
nec gemuisse minus, quam si nataeque meumque
uidisset structos corpus habere rogos,
et uoluisse mali moriendo ponere sensum,
respectuque tamen non potuisse mei.
uiuat et absentem, quoniam sic fata tulerunt,
uiuat ut auxilio subleuet usque suo.

Ah, quante volte dissi a chi sollecitava: ?Perch? fai fretta?
Pensa dove hai fretta di andare, donde hai fretta di partire.?
Ah, quante volte dissi mentendo di avere fissato un'ora un'ora
opportuna per il viaggio prestabilito.
Tre volte raggiunsi la soglia, tre volte tornai indietro
e i piedi compiacendo il mio desiderio andavano lenti.
Pi? volte, dopo aver detto ?addio?, di nuovo parlavo a lungo
e come se gi? partissi davo gli ultimi baci.
Pi? volte raccomandai le medesime cose e illudevo me stesso
voltandomi a guardare, cari ai miei occhi, gli esseri amati.
Infine: ?Perch? mi affretto? ? la Scizia dove mi mandano, dico
? Roma che devo lasciare: entrambe giusto motivo d'indugio.
Vivo, mi viene tolta per sempre la sposa che ? viva
e la casa e i dolci componenti di questa casa fedele
e gli amici che ho amato di amore fraterno.
O cuori a me uniti con fedelt? pari a quella di T?seo!
Finch? mi ? possibile vi abbraccer?; non lo potr? forse
mai pi?; ? un guadagno l'ora che mi ? concessa.?
Pi? non indugio, tronco senza finirlo il mio parlare
e abbraccio ogni persona pi? cara al mio cuore.
Mentre parlo e piangiamo, fulgentissimo nell'alto cielo
? sorto, stella a me funesta, Lucifero.
Me ne vado, ed ? come se lasciassi l? le mie membra
e mi pare che una parte venga strappata via dal suo corpo.
Cos? soffr? Mezio quando, a punire il suo tradimento,
ebbe i cavalli lanciati a tirarlo in direzioni contrarie.
Allora s?, si levano le grida e i lamenti dei miei
e le mani afflitte battono i petti nudi
allora s?, la mia sposa avvinta al mio collo mentre vado
mescola alle mie lacrime queste tristi parole:
?Non puoi essermi strappato; insieme di qui, insieme partiremo
dice, ti seguir? e sar? l'esule sposa di un esule.
Anche per me ? aperta la strada, anche per me ha posto l'ultima
terra: sar? un piccolo fardello in pi? per la tua barca
di profugo. A te comanda di lasciare la patria l'ira di Cesare,
a me l'amore. Per me sar? Cesare questo mio amore.?
Cos? tentava, come aveva tentato anche prima,
e a stento si arrese vinta a ci? che era utile.
Esco, o quello era piuttosto il funerale di un vivo,
scompigliato, con la barba ispida e i capelli cadenti sul viso.
Lei pazza di dolore, mi dicono, fattosi il buio
nei suoi occhi, cadde come morta nel mezzo della casa.
Quando si sollev? coi capelli sporchi di lurida
polvere e tolse dal freddo suolo le membra,
pianse ora s? stessa abbandonata, ora abbandonati i Penati
e chiam? pi? volte il nome del marito che le era strappato,
e mand? lamenti non meno che se avesse visto sui roghi
eretti i corpi della figlia e del marito
e voleva morire, e morendo non sentire pi? nulla,
ma tuttavia per riguardo a me serb? la sua vita.
Viva e, poich? cos? ha voluto il destino,
viva e soccorra col suo aiuto l'assente.
  aiuto
      Re: aiuto
 

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