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bukowski
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Re: satire Epodi orazio
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Data:
25/04/2003 23.09.03
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La I ? gi? in forum:
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Orazio, Epodi, 16 [traduzione sotto il testo latino] Altera iam teritur bellis civilibus aetas, suis et ipsa Roma viribus ruit. quam neque finitimi valuerunt perdere Marsi minacis aut Etrusca Porsenae manus, aemula nec virtus Capuae nec Spartacus acer novisque rebus infidelis Allobrox nec fera caerulea domuit Germania pube parentibusque abominatus Hannibal: inpia perdemus devoti sanguinis aetas ferisque rursus occupabitur solum: barbarus heu cineres insistet victor et Vrbem eques sonante verberabit ungula, quaeque carent ventis et solibus ossa Quirini, (nefas videre) dissipabit insolens. forte quid expediat communiter aut melior pars, malis carere quaeritis laboribus; nulla sit hac potior sententia: Phocaeorum velut profugit exsecrata civitas agros atque lares patrios habitandaque fana apris reliquit et rapacibus lupis, ire, pedes quocumque ferent, quocumque per undas Notus vocabit aut protervos Africus. sic placet? an melius quis habet suadere? Secunda ratem occupare quid moramur alite? sed iuremus in haec: 'simul imis saxa renarint vadis levata, ne redire sit nefas; neu conversa domum pigeat dare lintea, quando Padus Matina laverit cacumina, in mare seu celsus procurrerit Appenninus novaque monstra iunxerit libidine mirus amor, iuvet ut tigris subsidere cervis, adulteretur et columba miluo, credula nec ravos timeant armenta leones ametque salsa levis hircus aequora.' haec et quae poterunt reditus abscindere dulcis eamus omnis exsecrata civitas aut pars indocili melior grege; mollis et exspes inominata perpremat cubilia. vos, quibus est virtus, muliebrem tollite luctum, Etrusca praeter et volate litora. nos manet Oceanus circum vagus: arva beata petamus, arva divites et insulas, reddit ubi cererem tellus inarata quotannis et inputata floret usque vinea, germinat et numquam fallentis termes olivae suamque pulla ficus ornat arborem, mella cava manant ex ilice, montibus altis levis crepante lympha desilit pede. illic iniussae veniunt ad mulctra capellae refertque tenta grex amicus ubera nec vespertinus circumgemit ursus ovile nec intumescit alta viperis humus; pluraque felices mirabimur, ut neque largis aquosus Eurus arva radat imbribus, pinguia nec siccis urantur semina glaebis, utrumque rege temperante caelitum. non huc Argoo contendit remige pinus neque inpudica Colchis intulit pedem, non huc Sidonii torserunt cornua nautae, laboriosa nec cohors Vlixei. nulla nocent pecori contagia, nullius astri gregem aestuosa torret impotentia. Iuppiter illa piae secrevit litora genti, ut inquinavit aere tempus aureum, aere, dehinc ferro duravit saecula, quorum piis secunda vate me datur fuga.
16, oltre i lidi etruschi Di nuovo il mio tempo si logora in guerre civili e Roma di suo pugno rovina. Quella citt? che non poterono distruggere i marsi, l'esercito etrusco di Porsenna, il contrasto con Capua, l'accanimento di Spartaco e l'irrequietezza degli all?brogi, n? domare la gelida giovent? di Germania o Annibale, esecrato dai nostri padri, l'annienteremo noi, genia dal sangue maledetto, e sul nostro suolo torneranno le fiere. Sulle ceneri s'erger? un barbaro, nel frastuono al galoppo calpester? Roma, e, orrore, disperder? sprezzante le ossa di Romolo, ora difese da sole e vento. Tutti, o i migliori fra voi, chiedono com'? possibile affrancarsi da queste sventure: unica soluzione ? andarsene, come i focesi, che fra le maledizioni abbandonarono terra e case, lasciando che lupi ingordi e cinghiali nei templi facessero la loro tana; andarsene alla ventura o per mare dove porta la furia di scirocco e libeccio. Approvate? o v'? miglior consiglio? perch? indugiamo a imbarcarci, visti i buoni auspici? Ma prima questo giuriamo: 'Sia lecito tornare solo quando dal fondo verranno a galla i sassi, e si osi spiegare le vele per la patria, quando il Po lambir? le cime del Matino e dall'alto l'Appennino strapiomber? nel mare, o per strane voglie un portento d'amore scambier? le parti, e la tigre si piegher? al cervo, la colomba affasciner? il nibbio, gli armenti arditi non temeranno i fulvi leoni e un caprone liscio s'innamorer? del mare'. Giurate questo e tutto ci? che pu? impedire il dolce ritorno; partiamo cittadini, tutti o il meglio del gregge incallito; illusi gli imbelli rimangano in queste tane maledette. Ma voi, voi coraggiosi, bandite i pianti da femmina e volate oltre i lidi etruschi. L'Oceano, che tutto abbraccia, ci attende; e in cerca andremo di isole felici e di campi, campi beati, dove il suolo d? i suoi frutti senza essere arato e senza potarla fiorisce la vite, dove il ramo d'olivo germoglia senza tradirti, ornano fichi maturi gli alberi, dai lecci cavi stilla il miele, e dall'alto dei monti sgorga con fragore un'acqua lieve. Laggi? le caprette da s? tornano a farsi mungere e il gregge docile riporta gonfie le poppe; non si ode a sera grugnire l'orso intorno all'ovile, n? si riempie la terra di vipere. E in pi? ci stupiremo felici di come l'euro, gonfio di pioggia, non spazzi d'acquazzoni i campi e il suolo riarso non secchi i semi che germogliano, perch? il re dei cieli tempera entrambi gli eccessi. Laggi? mai non giunse nave d'Argo a forza di remi, n? impudica vi pose piede Medea; l? non volsero le antenne i nocchieri di Sidone, n? esausta la schiera di Ulisse. Nessun contagio nuoce al bestiame, e il fuoco impietoso degli astri non arroventa il gregge. Quando l'et? dell'oro si ven? di bronzo, Giove quelle rive riserv? alla gente giusta. Poi dal bronzo il tempo s'indur? nel ferro e da questo, con me profeta, fuggono i giusti in pace.
Fonte: www.bibliomania.it
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• satire Epodi orazio Re: satire Epodi orazio
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