Data:
29/04/2003 2.08.04
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Plinio il Giovane, Epistulae, VI, 6 [il titolo non va in genitivo, ma in nominativo; non si tratta di paragrafi, ma di lettere].
Caro Fundano, ora soprattutto vorrei pi? che mai che tu fossi a Roma e te lo chiedo vivamente. Mi ? necessario chi divida le mie speranze, le mie fatiche, le mie preoccupazioni. Giulio Nasone si presenta candidato alle magistrature, si presenta assieme a molti, a dei valenti, superare i quali ? difficile, se pur glorioso. Vivo dunque nell'incertezza, mi agito nella speranza, sono in preda al timore e mi pare di non essere pi? ex Console; perch? mi sembra di essere di nuovo candidato a tutti gli uffici che ho sostenuto. Egli merita questa sollecitudine per l'affetto che mi porta da tanto tempo. E bench? non possa dire che tale amicizia sia cominciata con suo padre (non sarebbe possibile data la mia et?) per?, quand'ero ancor giovanetto, mi veniva mostrato il padre suo con grandi elogi. Egli era amantissimo non solo delle buone lettere, ma anche dei letterati e quasi ogni giorno veniva ad ascoltare coloro che io pure frequentavo: Quintiliano e Niceta Sacerdote; era un uomo conosciuto e serio e il ricordo di lui dovrebbe giovare al figlio suo. Ma oggi vi son molti in Senato che non sanno chi fosse, molti che lo sanno, ma che hanno riguardi solo per i viventi. Perci?, tralasciando la gloria paterna, dalla quale gli vien gran lustro ma scarso appoggio, egli deve emergere da solo, faticare da solo. Nel che per la verit?, quasi prevedesse questa circostanza, pose sempre ogni cura: si procacci? degli amici, quelli procacciati seppe conservare, quanto a me, non appena fu in et? di giudicare, mi scelse per amico e per modello.
Trad. L. Rusca
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