Data:
30/04/2003 14.41.43
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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili, VII 2,6, ext. 1 passim con leggere modifiche.
Socrate ? una sorta [quoddam], per cos? dire [quasi], di oracolo celeste d?umana saggezza ? riteneva che null?altro bisogna [anche se in imperfetto, per la consecutio va al presente, come tutte le espressioni successive] chiedere agli d?i immortali, se non che (essi) ci concedano il Bene, visto che ben sanno che cosa sia utile per ognuno di noi; (e riteneva che) noi, invece, generalmente chiediamo con voti ci? che sarebbe meglio non aver ottenuto. E infatti, in quanto grande errore la mente umana [mortalium, dei mortali], avvolta in densissime tenebre, dissipa le proprie cieche implorazioni! (Socrate) insomma riteneva che bisogna affidare ogni cosa agli d?i [il dativo, dunque, non ? d?agente], poich? coloro che son soliti concedere il Bene, sono anche in grado di scegliere le cose in assoluto pi? convenienti. Egli [idem, ovvero sempre Socrate] (inoltre) asseriva che imboccano una scorciatoia [via compediaria] per la gloria coloro che, quali vogliono sembrare, tali anche sono: e con tale asserzione (Socrate) francamente ammoniva che gli uomini devono abbeverarsi alla virt? (considerata) in se stessa, piuttosto che seguirne (soltanto) l?ombra. Socrate [idem] (infine) ? richiesto da un giovane di un parere: prender moglie o astenersi completamente dal matrimonio? ? rispose che qualunque delle due cose (il giovane) avesse fatto, se ne sarebbe pentito: ?Da una parte ? spieg? ? andresti incontro alla solitudine, alla mancanza (dei figli e della famiglia), ad un estraneo erede [il genero, suppongo]; dall?altra ad una continua preoccupazione, a continui litigi, all?insopportabile cipiglio dei parenti, ad una suocera logorroica! [lett. ? ti attenderebbe? (e via con l?elenco)].
Trad. Bukowski
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