Data:
17/05/2003 13.52.46
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Livio , Ad urbe condita, XXXVIII, 22-23
La fanteria romana era oramai a ridosso dell?accampamento gallico, dislocato sulla collina [opp. generico: su una?]; ivi [hic, avv. luogo; ovvero, sulla collina appunto], di contro, i Galli si erano appostati in armi davanti [pro] al vallo, di modo che ai nemici fosse impedito il passaggio. Tuttavia, sommersi improvvisamente da ogni genere di dardi ? e i dardi cadevano a segno [minus vana] nella misura in cui (i Galli) erano piuttosto ammassati [suppongo ?densiores?] ? essi non riuscirono a reggere pi? a lungo l?assalto dei Romani e vennero ricacciati all?interno del vallo. La strage dei Galli si fa allora tremenda [nota il passaggio al presente storico/narrativo]; molti cadono, e sono davvero tanti, a paragone [pro] del numero degli assalitori [militum incurrentium]; questi ultimi, travolgendone i corpi, in breve tempo prendono possesso dell?accampamento. Allora, i superstiti presero a fuggire in tutte le direzioni [lett. la fuga dei superstiti?]; non esistono strapiombi o dirupi in grado di fermarli; alcuni, avventurandosi piuttosto incautamente in prossimit? di baratri, muoiono sfracellati al suolo. Gli altri, sparsi nella fuga intorno alle falde della collina, vengono acciuffati e massacrati dalla cavalleria romana.
Trad. Bukowski
Non si tratta di Valerio Massimo, ma di un adattamento da Cicerone, De oratore, II 351-354
Una volta, Simonide ? il pi? rinomato dei poeti greci [partitivo] ? si trovava a cena a Crannone, in Tessaglia [nota come, per la particolarit? del complemento di luogo, si scinde il nome dall?apposizione], ospite di Scopa [apud Scopam, propr. presso Scopa, a casa di Scopa], un benestante [fortunatum hominem]. (Simonide) era stato da lui [ovvero da Scopa] sollecitato a celebrare, con un carme, le sue [sempre di Scopa] vittorie, (per il quale carme era stata) pattuita una ricompensa. Il poeta, dunque, compose un carme molto bello, nel quale ? secondo l?uso poetico ? aveva ricoperto [affecerat ? adficio; con l?abl. d?un sostantivo] di lodi anche Castore e Polluce [eroi mitici, anche detti ?Dioscuri?]. Dopo che Simonide ebbe recitato il carme alla presenza dell?ospite [ovvero, di colui che l?ospitava = Scopa] e di tutti i convitati, Scopa blater? [inquit]: ?Per il tuo carme, ti dar? met? della ricompensa con te pattuita; l?altra met? [reliquum, il resto] valla a chiedere [petito; nota l?uso dell?imperativo futuro, a sottolineare l?altezzosit? del comando] a Castore e Polluce, a tua discrezione [si tibi videtur, se ti sembra opportuno]!? Poco dopo, a Simonide fu recata notizia che due giovani stavano ad attenderlo sull?uscio [lett. stavano alla porta e reclamavano che uscisse]. Simonide s?alz? immediatamente e usc? dalla casa, ma non vide alcuno. Contemporaneamente, la sala del triclinio, dove s?era banchettato, croll?, rovinando su tutti i presenti. Pi? tardi [serius, comp. sero] si diffuse la voce [compertum est ? comperio; propr. si venne a sapere] che i due giovani che avevano reclamato [arcesserant = arcessiverant] il poeta fossero (proprio) Castore e Polluce.
Trad. Bukowski
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