Data:
19/05/2003 1.06.16
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E? inutile che mi specifichi l?eserciziario e la pagina. Non ho eserciziari.
Cicerone, De finibus, I, 37 passim
Nunc autem explicabo, voluptas ipsa quae qualisque sit, ut tollatur error omnis imperitorum intellegaturque ea, quae voluptaria, delicata, mollis habeatur disciplina, quam gravis, quam continens, quam severa sit. Non enim hanc solam sequimur, quae suavitate aliqua naturam ipsam movet et cum iucunditate quadam percipitur sensibus, sed maximam voluptatem illam habemus, quae percipitur omni dolore detracto, nam quoniam, cum privamur dolore, ipsa liberatione et vacuitate omnis molestiae gaudemus, omne autem id, quo gaudemus, voluptas est, ut omne, quo offendimur, dolor, doloris omnis privatio recte nominata est voluptas. ut enim, cum cibo et potione fames sitisque depulsa est, ipsa detractio molestiae consecutionem affert voluptatis, sic in omni re doloris amotio successionem efficit voluptatis. [38] Itaque non placuit Epicuro medium esse se quiddam inter dolorem et voluptatem; illud enim ipsum, quod quibusdam medium videretur, cum omni dolore careret, non modo voluptatem esse, verum etiam summam voluptatem.
Ora invece illustrer? l?essenza e la natura del piacere [lett. che cosa e quale sia il piacere], affinch? sia scongiurato l?errore dei profani e si comprenda quanto quella dottrina [la dottrina epicurea] ? che viene considerata [habeatur; attrazione modale: ea, quae? disciplina = ea disciplina, quae; perci? il verbo ? al cong.] voluttuosa, sensuale, impudica [mollis] ? sia (invece) rigorosa, sobria, austera. Noi del resto non seguiamo solo questo (piacere) [?solam? va riferito a voluptas] ? che blandisce [lett. movet aliqua suavitate, muove con qualche dolcezza] la natura stessa e che viene percepito dai sensi con una sorta [quadam] di frizzante godimento [iucunditate] ? ma consideriamo [habemus] sommo (e vero) piacere quello che si prova per assenza di dolore [lett. una volta soppresso ogni dolore]. Infatti, dato che ? quando siamo privi di dolore ? godiamo (gi?) per la stessa (semplice) liberazione e assenza di ogni molestia, (e dato che) tutto ci? per cui godiamo ? piacere, come tutto ci? per cui soffriamo (?) dolore, (se ne evince che) a buon diritto viene chiamata ?piacere? la privazione di ogni dolore. Come, ad esempio, la fame e la sete viene fugata con (l?assunzione di) cibo e acqua [potione], (tale che) l?eliminazione stessa della molestia apporta come conseguenza il piacere [lett. la conseguenza del piacere], cos?, in ogni caso, la rimozione del dolore comporta il succedere del piacere. Pertanto, Epicuro non ha sostenuto [non placuit Epicuro] l?esistenza di un termine medio [lett. quiddam (un qualcosa) medium esse] tra dolore e piacere; (ha) bens? (sostenuto che) quello stesso (termine), che alcuni ritengono ?medio? ? ovvero la privazione dal dolore ? non solo coincide col piacere, ma addirittura col piacere sommo.
Trad. Bukowski
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