Data:
02/06/2003 22.42.24
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Seneca, La costanza del sapiente, X passim
Il saggio [?] non si sente mai disprezzato: ? conscio della sua grandezza, non notifica a se stesso che qualcuno pu? tanto contro di lui e non si cura di vincere queste che non chiamerei disgrazie, ma molestie dell'animo, perch? non le avverte nemmeno. Sono ben altri i guai che colpiscono il saggio; anche se non lo abbattono: la sofferenza fisica, l'invalidit?, la perdita di amici e figli, le sventure della patria avvampata dalla guerra. Queste cose, lo ammetto, fanno soffrire il saggio: non gli vogliamo imporre l'insensibilit? della pietra o del ferro. E non ? virt? sopportare quello che non ti fa soffrire. Allora? Certo riceve dei colpi, ma, ricevendoli, li controlla, li guarisce, non li lascia trapelare. Queste bagattelle, invece, non le avverte neppure, e non mobilita contro di esse la sua consueta virt?, allenata a sopportare le sventure, ma o non le degna di uno sguardo o le giudica risibili.
Trad. A. Marastoni
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