Data:
11/06/2003 4.46.15
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Plinio il Giovane, Lettere, IX, 36
Mi domandi come io organizzi la mia giornata d'estate nella villa di Toscana. Mi sveglio quando mi accomoda, di solito fra le 5 e le 6, sovente pi? presto, raramente pi? tardi. Le mie finestre rimangono chiuse; sbarazzato di tutto ci? che distrae, non si pu? credere fino a qual punto, dall'oscurit? e dal silenzio, libero e padrone di me stesso, non pongo l'attenzione al servizio dei miei occhi, ma questi al servizio di quella: essi vedono ci? che vede il mio spirito, quando non vedono altro. Penso, se ho iniziato qualche lavoro; lavoro col pensiero come se scrivessi, scegliendo le parole e correggendole, ora un breve brano, ora uno pi? lungo, secondo che il testo sia stato pi? o meno facile da correggere e mandare a memoria. Chiamo poi un segretario e, avendo fatto aprire la finestra, gli detto ci? che ho preparato; il segretario se ne va, ? richiamato e rinviato una seconda volta. Tra le nove e mezza e le undici (perch? il mio orario non ? rigorosamente ripartito e misurato), secondo il tempo che fa, vado sulla terrazza o nella galleria, e continuo a meditare e dettare. Monto in carrozza. Identico lavoro come quando passeggio o sto sdraiato sul letto; la mia attenzione ? ben desta, essendo anzi rinfrancata dal mutato ambiente. Dormo ancora un po', poi passeggio; leggo un discorso in greco o in latino, a voce alta e ferma, per rinforzare i polmoni pi? che la laringe; ma tutti e due vi trovano il loro vantaggio. Passeggio ancora, mi faccio massaggiare, faccio un po' di ginnastica, prendo un bagno. Durante il pasto, se non ho con me che mia moglie e pochi invitati, si legge un libro; dopo il pranzo si ascolta un attore o un suonatore di lira; poi passeggio ancora con la mia gente, fra cui ve ne sono di istruiti. Cos?, grazie a una conversazione varia la serata si prolunga e anche quando le giornate duran di pi?, la fine arriva presto.
Trad. L. Rusca
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