Data:
22/06/2003 15.12.08
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Cicerone, Tuscolane, I, 97-98 passim
Io ? disse ? ho la ferma speranza, o giudici, che sia per me un bene l'essere mandato a morte. Perch? le cose, logicamente, sono due: o la morte priva completamente di ogni forma di coscienza, o con essa si passa da quaggi? in qualche altro luogo. Perci?, se la morte toglie la coscienza, ed assomiglia a quel sonno che qualche volta non ? neppure disturbato dalle visioni dei sogni e ci porta la quiete pi? assoluta, allora, o d?i benigni, la morte ? veramente un bene grande. Quanti giorni si possono trovare, che siano preferibili ad una notte come quella? E se ad essa sar? simile per l'eternit? il tempo a venire, chi potr? essere pi? felice di me? Se invece ? vero quello che si dice - che la morte ? migrazione agli spazi in cui abitano i trapassati - allora la felicit? ? anche molto piu grande. Pensate: sfuggire dalle mani di quelli che pretendono di passare per giudici, e comparire davanti a chi veramente merita questo nome, a Minosse, a Radamanto, ad Eaco, a Trittolenio, e incontrarsi con quelli che vissero secondo le leggi della giustizia e della lealt?! Un viaggio come questo a voi sembra una cosa poco importante? Quanto dareste per poter parlare con Orfeo, con Museo, con Omero, con Esiodo? Per conto mio, se fosse una cosa possibile, io vorrei morire tante volte, se mi fosse permesso di vedere coi miei occhi quello di cui parlo. Che piacere proverei ad incontrarmi con Palamede, con Aiace, e con gli altri che furono vittime di giudizi iniqui!
Trad. A. Di Virginio
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