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27/06/2003 2.48.18
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Seneca, La costanza del saggio, V passim
4. Omnis iniuria deminutio eius est in quem incurrit, nec potest quisquam iniuriam accipere sine aliquo detrimento uel dignitatis uel corporis uel rerum extra nos positarum. Sapiens autem nihil perdere potest; omnia in se reposuit, nihil fortunae credit, bona sua in solido habet contentus uirtute, quae fortuitis non indiget ideoque nec augeri nec minui potest; nam et in summum perducta incrementi non habent locum et nihil eripit fortuna nisi quod dedit; uirtutem autem non dat, ideo nec detrahit: libera est, inuiolabilis, inmota, inconcussa, sic contra casus indurata ut ne inclinari quidem, nedum uinci possit; aduersus apparatus terribilium rectos oculos tenet, nihil ex uultu mutat siue illi dura siue secunda ostentantur. 5. Itaque nihil perdet quod perire sensurus sit; unius enim in possessione uirtutis est, ex qua depelli numquam potest, ceteris precario utitur: quis autem iactura mouetur alieni? Quodsi iniuria nihil laedere potest ex his quae propria sapientis sunt, quia <salua> uirtute sua salua sunt, iniuria sapienti non potest fieri. 6. Megaram Demetrius ceperat, cui cognomen Poliorcetes fuit. Ab hoc Stilbon philosophus interrogatus num aliquid perdidisset, 'nihil,' inquit 'omnia mea mecum sunt.' Atqui et patrimonium eius in praedam cesserat et filias rapuerat hostis et patria in alienam dicionem peruenerat et ipsum rex circumfusus uictoris exercitus armis ex superiore loco rogitabat. 7. At ille uictoriam illi excussit et se urbe capta non inuictum tantum sed indemnem esse testatus est; habebat enim uera secum bona, in quae non est manus iniectio, at quae dissipata et direpta ferebantur non iudicabat sua, sed aduenticia et nutum fortunae sequentia. Ideo ut non propria dilexerat; omnium enim extrinsecus adfluentium lubrica et incerta possessio est.
4. Ogni ingiuria ? una perdita per colui contro cui muove e nessuno ? in grado di ricevere un'ingiuria senza qualche danno o della sua posizione sociale o del corpo o delle cose poste fuori di noi: ma al saggio non ? possibile perdere nulla, ogni cosa ha messo da parte in s? stesso, nulla affida alla fortuna, i beni veramente suoi li ha al sicuro, contento della virt?, che non abbisogna di cose offerte dalla fortuna, e perci? non ? in grado di avere n? accrescimenti n? perdite (infatti, ci? che ha raggiunto il vertice, non ha posto per una crescita, e nulla la fortuna porta via, se non ci? che ha dato: la virt? invero non la d?, perci? neppure la strappa via), ? libera, inviolabile, immobile, non subisce turbamenti, a tal punto ? temprata contro le evenienze, che non ? possibile sia piegata, tanto meno vinta; contro gli apparati delle cose che incutono paura, diritti tiene gli occhi, nulla cambia del suo volto, che le si mostrino cose sia dure sia favorevoli. 5. Pertanto, il saggio nulla perder?, che, data la sua natura, possa percepire vada perduto; della sola virt? ha infatti saldo possesso, dalla quale mai ? possibile sia scacciato, delle altre cose si serve secondo la discrezione altrui: e chi mai ? preoccupato per la perdita di ci? che gli ? estraneo? Che se l'ingiuria nulla ? in grado di danneggiare di ci? che appartiene stabilmente al saggio, poich?, se <resta salva> la virt?, salve sono le cose veramente sue, ingiuria al saggio non ? possibile sia fatta. 6. Megara, l'aveva conquistata Demetrio soprannominato Poliorcete. Da costui interrogato se avesse perso qualche cosa, il filosofo Stilbone rispose: ?Nulla; tutto ci? che mi appartiene ? con me?. Eppure, il suo patrimonio era diventato bottino di guerra e le figlie sue le aveva rapite il nemico e la patria era venuta in potere altrui, e a lui il re, circondato dalle armi dell'esercito vincitore, da un luogo pi? alto rivolgeva domande. 7. Ma quello gli strapp? la vittoria e, nonostante la citt? fosse stata presa, testimoni? non solo di non essere stato vinto, ma di non aver ricevuto danni: aveva infatti con s? i veri beni, sui quali non ? possibile mettere le mani; invece, ci? che come preda e bottino veniva portato via, non lo giudicava veramente suo, ma venuto dall'esterno e seguente il cenno della fortuna. Perci?, come cosa non propria l'aveva amata; infatti, di tutte le cose che affluiscono dall'esterno, malsicuro ed incerto ? il possesso.
Trad. G. Viansino
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