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bukowski
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Data:
03/09/2003 4.45.59
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Livio, Storia di Roma, XXII, 25-26 passim
Al mattino, durante l'assemblea della plebe, l'inconfessato risentimento nei riguardi del dittatore e la simpatia verso il maestro della cavalleria agitavano gli animi, ma nessuno osava farsi avanti a sostenere quello che pure era un orientamento diffuso; sebbene fosse chiaro che c'era una maggioranza a favore di quella proposta, mancava l'appoggio di uomini autorevoli. Si fece avanti un solo sostenitore della legge, Gaio Terenzio Varrone, che era stato pretore l'anno prima e aveva natali umili, perfino spregevoli. A quanto si racconta, suo padre aveva fatto il macellaio e addirittura vendeva la sua merce al dettaglio. E quel suo figliolo lo impiegava nei servizi da schiavi tipici di quel mestiere. 26. Questo giovane, non appena il denaro lasciatogli dal padre che lo aveva guadagnato in quel modo, gli apr? l'animo alla speranza di una condizione pi? degna di un uomo libero, sent? il richiamo della toga e del foro; schiamazzando in difesa di uomini spregevoli e in cause contro il patrimonio familiare o rivolte a screditare dei galantuomini, prima divenne popolare presso la gente e poi ottenne anche cariche pubbliche; cos?, dopo aver ottenuto la questura, le due edilit? (quella plebea e quella curule) e la pretura, gi? innalzava l'animo fino alla speranza di diventare console. Dimostrando grande astuzia and? incontro al vento del favore popolare sfruttando il malanimo contro il dittatore e fu anche l'unico a ricavare prestigio personale dal plebiscito. Sia quelli che erano a Roma sia quelli che erano impegnati nell'esercito, i favorevoli a Fabio come i suoi detrattori, tutti, tranne il dittatore stesso, considerarono la proposta di legge come un attacco portato a lui personalmente. Egli, da parte sua, sopport? il sopruso di un popolo che si accaniva contro di lui con lo stesso rigore morale che gli aveva permesso di sopportare gli avversari i quali lo mettevano sotto accusa davanti all'opinione pubblica. Ricevette, mentre ancora era per strada, le lettere che gli comunicavano la parificazione del comando; abbastanza fiducioso del fatto che la parificazione dei diritti non poteva certo mettere in pari anche l'abilit? di comando, ritorn? all'esercito con l'animo in nulla fiaccato dalle azioni dei suoi concittadini e dei suoi nemici.
Trad. G. D. Mazzocato
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