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bukowski
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Re: richiesta versioni urgente
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Data:
08/09/2003 15.45.05
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"Un buon oratore deve capire la qualit? dell'uditorio"
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"Quali sono i limiti da rispettare nella retorica"
Quintiliano, Istituzione oratoria, II, 13 passim
[1] Nemo autem a me exigat id praeceptorum genus quod est a plerisque scriptoribus artium traditum, ut quasi quasdam leges inmutabili necessitate constrictas studiosis dicendi feram: utique prohoemium et id quale, proxima huic narratio, quae lex deinde narrandi, propositio post hanc uel, ut quibusdam placuit, excursio, tum certus ordo quaestionum, ceteraque quae, uelut si aliter facere fas non sit, quidam [2] tamquam iussi secuntur. Erat enim rhetorice res prorsus facilis ac parua si uno et breui praescripto contineretur: sed mutantur pleraque causis temporibus occasione necessitate. Atque ideo res in oratore praecipua consilium est, quia uarie [3] et ad rerum momenta conuertitur.
1. Nessuno pretenda da me quel genere di precetti che ? stato trasmesso dalla maggior parte dei divulgatori di discipline, quasi che io debba fornire, a chi studia l'eloquenza, una serie di norme vincolate a inamovibile stabilit?: per esempio l'esordio e la sua forma, e, successiva a questo, la narrazione e le sue leggi, e ancora, a seguire, la proposizione o, come alcuni hanno preferito definirla, digressione, per arrivare poi a un determinato ordine di questioni e ad altri elementi ancora che alcuni seguono quasi fossero obbligati, come se non fosse lecito fare altrimenti. 2. In verit? la retorica sarebbe stata una cosa semplice e di scarsa importanza, se si potesse delimitare con una sola e breve serie di norme: la maggior parte delle realt? per? si trasformano a seconda delle cause, dei momenti, delle circostanze, della necessit?. Ed ? per questo che la caratteristica principale in un oratore dev'essere l'accortezza, poich? si adatta in modo elastico e asseconda le variazioni di situazione.
Trad. S. Beta
"un progetto inutile"
Quintiliano, Istituzione oratoria, VI, 1 passim
I. Haec, Marcelle Vitori, ex tua voluntate maxime ingressus, tum si qua ex nobis ad iuvenes bonos pervenire posset utilitas, novissime paene etiam necessitate quadam officii delegati mihi sedulo laborabam, respiciens tamen illam curam meae voluptatis, quod filio, cuius eminens ingenium sollicitam quoque parentis diligentiam merebatur, hanc optimam partem relicturus hereditatis videbar, ut, si me, quod aecum et optabile fuit, fata intercepissent, praeceptore tamen patre uteretur. II. At me fortuna id agentem diebus ac noctibus festinantemque metu meae mortalitatis ita subito prostravit ut laboris mei fructus ad neminem minus quam ad me pertineret. Illum enim de quo summa conceperam, et in quo spem unicam senectutis reponebam, repetito vulnere orbitatis amisi. III. Quid nunc agam? aut quem ultra esse usum mei dis repugnantibus credam?
1. Ho cominciato quest'opera, o Marcello Vitorio, seguendo soprattutto un tuo desiderio, e poi sono andato avanti nella speranza che, grazie a me, i giovani onesti potessero ricavare una qualche utilit? dalla mia fatica; negli ultimi tempi lavoravo anche sotto la spinta, per cos? dire, del compito che era stato affidato a me, uomo ligio ai propri doveri - e, per altro, con lo sguardo sempre rivolto all'aspetto piacevole della mia fatica. Pensavo infatti di lasciare questo lavoro come la migliore eredit? possibile per mio figlio, che meritava, per il suo animo nobilissimo, anche l'affetto e le preoccupazioni del suo genitore, in modo che, se il destino lo avesse privato della mia presenza (e non si sarebbe trattato di un destino ingiusto e deprecabile), egli avrebbe potuto avere suo padre vicino almeno come maestro. 2. Ma la sorte ha voluto invece colpire me, che lavoravo a quest'opera giorno e notte e che mi affrettavo per paura di morire prima di terminarla, in modo cos? improvviso che, se c'? una persona alla quale il frutto della mia fatica non interessa affatto, quella sono proprio io. Quel figlio per il quale avevo desiderato tutto il bene possibile e nel quale riponevo la sola speranza per la mia vecchiaia, quel figlio io l'ho perduto, ferito per la seconda volta nel mio cuore di padre. 3. Che cosa far?, adesso? Posso forse credere che la mia vita abbia ancora un senso, che possa essere utile a qualcuno, se gli dei sono contro di me?
Trad. S. Beta
"Moralit? del precettore"
Quintiliano, Istituzione oratoria, II, 2 passim
[1] Ergo cum ad eas in studiis uires peruenerit puer ut quae prima esse praecepta rhetorum diximus mente consequi possit, tradendus eius artis magistris erit. Quorum in primis [2] inspici mores oportebit: quod ego non idcirco potissimum in hac parte tractare sum adgressus quia non in ceteris quoque doctoribus idem hoc examinandum quam diligentissime putem, sicut testatus sum libro priore, sed quod magis necessariam [3] eius rei mentionem facit aetas ipsa discentium. Nam et adulti fere pueri ad hos praeceptores transferuntur et apud eos iuuenes etiam facti perseuerant, ideoque maior adhibenda tum cura est, ut et teneriores annos ab iniuria sanctitas docentis custodiat et ferociores a licentia grauitas deterreat. [4] Neque uero sat est summam praestare abstinentiam, nisi disciplinae seueritate conuenientium quoque ad se mores adstrinxerit. Sumat igitur ante omnia parentis erga discipulos suos animum, ac succedere se in eorum locum a quibus sibi liberi [5] tradantur existimet.
1. Quando dunque il ragazzo ha raggiunto, nel suo corso di studi, le capacit? che gli permettano di apprendere quelle che abbiamo definito le nozioni retoriche di base, andr? affidato agli insegnanti di quell'arte. Di questi sar? in primo luogo opportuno vagliare le consuetudini morali. 2. Ho affrontato l'argomento soprattutto in questa parte dell'opera, non perch? io ritenga che questa medesimo aspetto non vada preso in considerazione nel modo pi? attento anche a proposito degli altri precettori (come del resto ho provato anche nel libro precedente), ma perch? ? proprio l'et? degli allievi che rende pi? urgente il parlarne. 3. I ragazzi infatti vengono affidati a questi insegnanti quando sono quasi adulti e presso di loro rimangono anche quando sono diventati dei giovani fatti e finiti; per questo bisogna prestare un'attenzione maggiore perch? l'integrit? morale di chi insegna preservi dalla corruzione i ragazzi di pi? tenera et? e per i pi? spavaldi la severit? sia un deterrente contro la tendenza a prendersi libert? eccessive. 4. Ma al maestro non basta dar l'esempio di una profonda integrit?, se non avr? influenzato con una severa disciplina il comportamento di chi frequenta le sue lezioni. Nei confronti dei suoi allievi assuma innanzitutto l'atteggiamento di un genitore e pensi di subentrare a coloro che gli affidano i propri figli.
Trad. S. Beta
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• richiesta versioni urgente Re: richiesta versioni urgente
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