Data:
08/09/2003 21.34.19
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Cicerone, Tuscolane, V, 14-15 passim
Chi potrebbe aver fiducia nella durevolezza della salute fisica, o nella stabilit? della sorte? E felici non si pu? essere, se il bene che si possiede non ? stabilmente assicurato, e duraturo. [?] ? evidente che niente va posto nella categoria delle cose che danno la felicit?, se ? possibile perderlo. Di quegli elementi che costituiscono la felicit?, nessuno deve poter esaurirsi, nessuno venir meno, nessuno scomparire, perch? se si teme di perderne una parte, allora non si pu? pi? essere felici. Dunque le passioni producono l'infelicit?, mentre la calma d? la felicit?, e si possono originare in due modi, perch? l'afflizione e la paura si muovono nel campo dei mali immaginari, e la gioia smodata con il desiderio in quello dei falsi beni. Dato ci?, e dato anche che queste tendenze sono in aperto contrasto col senno e con la ragione, quando tu vedi uno che ? esente, immune, libero da questi motivi di agitazione cosi gravi, e cos? contrastanti e contraddittori, puoi mai esitare a chiamarlo felice? Ora, questa nel saggio ? la condizione di sempre; quindi, il saggio ? sempre felice.
Trad. A. Di Virginio
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