Data:
10/09/2003 23.25.05
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Seneca, La clemenza, I, 4 passim
1. Huic contrariam imperiti putant severitatem; sed nulla virtus virtuti contraria est. Quid ergo opponitur clementiae? Crudelitas, quae nihil aliud est quam atrocitas animi in exigendis poenis. 'Sed quidam non exigunt poenas, crudeles tamen sunt, tamquam qui ignotos homines et obvios non in compendium, sed occidendi causa occidunt nec interficere contenti saeviunt, ut Busiris ille et Procrustes et piratae, qui captos verberant et in ignem vivos imponunt.' 2. Haec crudelitas quidem; sed quia nec ultionem sequitur (non enim laesa est) nec peccato alicui irascitur (nullum enim antecessit crimen), extra finitionem nostram cadit; finitio enim continebat in poenis exigendis intemperantiam animi. Possumus dicere non esse hanc crudelitatem, sed feritatem, cui voluptati saevitia est; possumus insaniam vocare: nam varia sunt genera eius et nullum certius, quam quod in caedes hominum et lancinationes pervenit. 3. Illos ergo crudeles vocabo, qui puniendi causam habent, modum non habent, sicut in Phalari, quem aiunt non quidem in homines innocentes, sed super humanum ac probabilem modum saevisse.
[1] Gli ignoranti reputano contraria alla clemenza la severit?; ma nessuna virt? ? contraria ad una virt?. Che cos'?, dunque, ci? che si oppone alla clemenza? La crudelt?, la quale non ? altro che la ferocia dell'animo nell'imporre le pene. ?Ma certi?, si dir?, ?non impongono pene, eppure sono crudeli, come quelli che uccidono uomini che non conoscono e che hanno incontrato per caso, non per trame un guadagno, ma semplicemente per il gusto di ucciderli, e, non contenti di ammazzare, si accaniscono sulle loro vittime, come quel famoso Busiride, e Procruste, o i pirati, che frustano i prigionieri e li gettano vivi nel fuoco?. [2] Questa ? certamente crudelt?; ma, poich? non persegue una vendetta (infatti, non ha ricevuto offesa), n? se la prende con la colpa commessa da qualcuno (infatti, prima non c'? stato alcun delitto), essa non rientra nella nostra definizione: la nostra definizione, infatti, aveva come contenuto l'intemperanza dell'animo nell'imporre le pene. Possiamo dire che questa non ? crudelt?, ma ferocia, che prova piacere nel far soffrire; possiamo chiamarla follia, poich? le sue specie sono varie, ma nessuna di esse ? pi? chiara di quella che giunge a massacrare e straziare gli uomini. [3] Io, perci?, chiamer? crudeli coloro che hanno un motivo per punire, ma non hanno misura, come nel caso di Falaride, del quale si narra che infierisse non solo su uomini innocenti, ma oltrepassando ogni misura umana e ammissibile.
Trad. M. Natali
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