Data:
16/09/2003 16.08.58
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Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, VIII, 4 passim
Forte Macedo gregarius miles seque et arma male sustentans, tamen in castra pervenerat; quo viso rex, quamquam ipse tum maxime admoto igne refovebat artus, ex sella sua exiluit, torpentemque militem et vix compotem mentis demptis armis in sua sede iussit considere. Ille diu nec ubi requiesceret nec a quo esset exceptus agnovit; tandem recepto calore vitali, ut regiam sedem regemque vidit, territus surgit. Quem intuens Alexander: "Ecquid intellegis, miles", inquit, "quanto meliore sorte quam Persae sub rege vivatis? Illis enim in sella regis consedisse capital foret, tibi saluti fuit."
[15] Per caso un Macedone, un soldato semplice che faticosamente si trascinava reggendo appena le armi, era tuttavia arrivato al campo; il re, come lo vide, bench? si venisse egli stesso riscaldando proprio allora presso il fuoco, balz? su dalla sua sedia e fece sedere al proprio posto, dopo avergli tolte le armi, il soldato intontito e che stentava a connettere. [16] Quello rimase lungo tempo senza capire n? dove riposasse n? da chi fosse stato accolto; finalmente, ricuperato il calore vitale, come vide il seggio reale ed il re, balza in piedi atterrito. [17] E Alessandro, guardandolo: ? Capisci, o soldato, quanto sia migliore la condizione in cui vivete di quella dei Persiani sotto il loro re? Per loro, infatti, l'essersi seduti sulla sedia del re costituirebbe un delitto capitale, per te ? stato di salvezza?.
Trad. A. Giacone
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