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Mittente:
bukowski
Re: cicero ad familiares 16, 12   stampa
Data:
05/10/2003 20.43.02




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Cicerone, Lettere ai familiari, XVI, 12 passim

Quanto grave [lett. quale] sia il pericolo in cui si trova la vita [?salus?, propr. salvezza] mia, di tutti i (concittadini) onesti e insomma dell?intero Stato, lo puoi ben comprendere dal fatto che [ex quo (prolettico)? quod (dichiarativo)?] abbiamo abbandonato le nostre dimore e la stessa Patria al loro destino di rovina e fuoco. La situazione ? precipitata a tal punto [in eum locum?] che [?ut] non ci ? possibile uscirne vivi, a meno che non ci venga [subvenerit; consecutio ?logica?] in aiuto un qualche dio o sopraggiunga un?eventualit? fortunata [casus].
In quanto a me [equidem], da quando [ut] giunsi a Roma [ad urbem; per antonomasia, come nel seguito del brano], non ho (mai) cessato di convogliare il mio pensiero, la mia eloquenza, il mio operato su tutto ci? che potesse promuovere la concordia (tra i cittadini). Ma un singolare furore ? il desiderio di venire alle armi ? s?era impossessato non solo dei cattivi (cittadini), ma anche di quelli ritenuti onesti, bench? io sostenessi a gran voce [?me clamante?, abl. assoluto con sfumatura concessiva] che nulla c?? di pi? orribile della guerra civile.
Pertanto, allorquando [quum = cum] Cesare ? invasato da una sorta di follia e dimentico del proprio nome e dei propri onori ? ebbe occupato Rimini, Pesaro, Ancona, Arezzo, io lasciai [reliquimus, pl. maest?/modesti] Roma: quanto (questo atto sia stato dovuto) alla saggezza o piuttosto al coraggio, non val la pena discutere.

Trad. Bukowski
  cicero ad familiares 16, 12
      Re: cicero ad familiares 16, 12
 

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