Data:
12/10/2003 11.46.26
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Cicerone, Filippiche, I, 31-32, passim
E a tua volta, Marco Antonio - mi rivolgo a te per quanto assente -, quell'unico giorno in cui il senato si riun? nel tempio della dea Terra, non lo preferisci a tutti questi ultimi mesi che, stando all'opinione di certuni, che io non condivido affatto, sono stati per te felici? Che bello il tuo discorso sulla pacificazione! Da quanto timore liberasti allora i veterani, da quanta preoccupazione i cittadini quando, mettendo da parte ogni inimicizia (per Dolabella), dimenticando gli auspici che tu stesso, in qualit? di augure del popolo romano, avevi annunciato, lo riconoscesti allora per la prima volta come tuo collega e inviasti il il tuo figlioletto in Campidoglio come ostaggio di pace! Non c'? stato mai giorno in cui il senato e il popolo romano abbiano provato una gioia maggiore, n? s'? mai avuta una assemblea popolare pi? affollata! Allora si che pensavamo di essere stati davvero liberati da quegli eroi s, dato che si realizzavano le loro intenzioni di far seguire alla libert? la pace. Il primo dei giorni successivi, il secondo, il terzo e, in breve, tutti i seguenti, non cessavi mai di offrire quotidianamente qualche dono - mi si consenta l'espressione - alla repubblica, dei quali il pi? grande ? stato senza dubbio l'abolizione della dittatura: un marchio d'infamia impresso a fuoco, e per sempre, su Cesare morto da te, s?, lo ripeto, da te! E come il comportamento scellerato di Marco Manlio port? la gens Manlia, patrizia, alla decisione di proibire a ogni suo membro di prendere il nome Marco, cos? l?odio suscitato da un solo dittatore ha portato te ad abolire totalmente il titolo di dittatore.
Trad. G. Bellardi
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