Data:
17/10/2003 20.06.12
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Caro Bukowski,
Fin dalla remota antichit? l'apparizione in cielo di una cometa, seguita da una lunga scia - la coda - era un evento straordinario, un segno infausto, un presagio. Ancora oggi, il popolino e gli sciocchi credono all'astrologia paventando influssi maligni. Vediamo com'? fatta una cometa. Queste, secondo il modello proposto nel 1950 da Whipple, sarebbero formati dal cosiddetto "ghiaccio sporco", cio? da una grande quantit? di sostanze volatili (acqua, ammoniaca, metano e biossido di carbonio) allo stato solido. Fintanto che la cometa ? lontana dal Sole, questo ghiaccio ? reso "sporco" dalla presenza di particelle solide di carbone, ferro, nichel, ecc. Riscaldato dalla radiazione solare, sublima trascinando con s? anche le particelle solide e d? origine alla chioma; quando la pressione di radiazione del Sole diventa sensibile si forma anche la coda, la cui luminosit? ? dovuta a processi di ionizzazione per urto con le particelle veloci provenienti dal Sole. Il "nucleo" scuro e la "chioma" brillante che la circonda costituiscono la "testa" della cometa. La "coda" che tanto colpisce l'immaginazione, non ? un costituente essenziale dell'astro molte comete non ne posseggono, e quelle che ne sono provviste, le mettono in mostra soltanto quando sono in prossimit? del Sole. Roberto Grossatesta, riprendendo quell'antica concezione aristotelico-tolemaica riteneva che le comete - in conformit? al principio della perfezione e immutabilit? dei cieli - non potessero essere dei corpi celesti. Perci? egli sosteneva che esse fossero delle esalazioni terrestri raccoltesi nel concavo della Luna, e quindi incendiate e rapite dalla rotazione dei cieli. Questo modello "meteorico" o meglio "atmosferico" fu accettato da molti filosofi dell'antichit?, con l'eccezione del filosofo latino Seneca, che dedusse correttamente che si trattava di corpi celesti. Nel XVI sec. con Tycho Brahe - noto in Italia come Ticone - il pi? grande astronomo prima dell'era telescopica di cui si abbia memoria, tent? di mettere fine alla questione una volta per tutte. Nel suo studio della cometa del 1577, di cui aveva riferito i risultati nel "De mundi aetherei recentioribus phaenomenis", aveva stabilito in base alla parallasse - in altre parole l'angolo sotto il quale si vede il segmento che ha per estremi il Sole e la Terra - che la cometa dovesse essere superiore al cielo della Luna; si trattava quindi di un fenomeno celeste e non di una meteora, come sosteneva la concezione aristotelico-tolemaica. E si apr? nuovamente un dibattito molto acceso su quale fosse la vera natura delle comete, e vide come protagonisti principali: Galileo Galilei, che in parte sosteneva le idee di alcuni filosofi greci, e quindi credeva che fossero esalazioni terrestri; e Giovanni Keplero, che le riteneva un fenomeno celeste al di sopra del cielo della Luna. La disputa sorta nel 1618, dopo l'apparizione di tre comete, venne riproposta dallo stesso Galileo nel "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo", in tale opera vengono messi indirettamente a confronto i due protagonisti della controversia. Gli interlocutori del dialogo sono: Salviati, un gentiluomo toscano che espone le idee di Galileo; Sagredo, un patrizio veneto che ascolta e commenta, tutti e due sostenitori della nuova teoria copernicana e Simplicio, l'ultimo difensore del sistema tolemaico.
SALV. [...] Or, tornando alla materia, dico che le cose scoperte ne i cieli a i tempi nostri sono e sono state tali, che posson dare intera soddisfazione a tutti i filosofi: imperocch? e ne i corpi particolari e nell'universale espansione del cielo si son visti e si veggono tuttavia accidenti simili a quelli che tra di noi chiamiamo generazioni e corruzioni, essendo che da astronomi eccellenti sono state osservate molte comete generate e disfatte in parti pi? alte dell'orbe lunare, oltre alle due stelle nuove dell'anno 1572 e del 1604, senza veruna contradizione altissime sopra tutti i pianeti; ed in faccia dell'istesso Sole si veggono, merc? del telescopio, produrre e dissolvere materie dense ed oscure in sembianza molto simili alle nugole intorno alla Terra, e molte di queste sono cos? vaste, che superano di gran lunga non solo il sino Mediterraneo, ma tutta l'Affrica e l'Asia ancora. Ora, quando Aristotile vedesse queste cose che credete voi, signor Simplicio, ch' e' dicesse e facessei. SIMP. Io non so quello che si facesse n? dicesse Aristotile, che era padrone delle scienze, ma so bene in parte quello che fanno e dicono, e che conviene che facciano e dicano i suoi seguaci, per non rimaner senza guida senza scorta e' senza capo nella filosofia. Quanto alle comete, non son eglino restati convinti quei moderni astronomi, che le volevano far celesti, dall'Antiticone, e convinti con le loro medesime armi, dico per via di paralassi e di calcoli rigirati in cento modi, concludendo finalmente a favor d'Aristotile che tutte sono elementari? e spiantato questo, che era quanto fondamento avevano i seguaci delle novit?, che altro pi? resta loro per sostenersi in piedi? SALV. Con flemma, signor Simplicio. Cotesto moderno autore che cosa dice egli delle stelle nuove del 72 e del 604 e delle macchie solari? perch? quanto alle comete, io, quant'a me, poca difficult? farei nel porle generate sotto o sopra la Luna, n? ho mai fatto gran fondamento sopra la loquacit? di Ticone, n? sento repugnanza alcuna nel poter credere che la materia loro sia elementare, e che le possano sublimarsi quanto piace loro, senza trovare ostacoli nell'impenetrabilit? del cielo peripatetico, il quale io stimo pi? tenue pi? cedente e pi? sottile assai della nostra aria; e quanto a i calcoli delle paralassi, prima il dubbio se le comete sian soggette a tale accidente, e poi l'incostanza delle osservazioni sopra le quali son fatti i computi, mi rendono egualmente sospette queste opinioni e quelle, e massime che mi pare che l'Antiticone talvolta accomodi a suo modo, o metta per fallaci, quelle osservazioni che repugnano al suo disegno. SAGR. Io sono nel cuore al signor Simplicio, e veggo che e' si sente muovere assai dalla forza di queste pur troppo concludenti ragioni; ma, dall'altra banda, il vedere la grande autorit? che si ? acquistata Aristotile appresso l'universale, il considerare il numero de gli interpreti famosi che si sono affaticati per esplicare i suoi sensi, il vedere altre scienze, tanto utili e necessarie al publico, fondar gran parte della stima e reputazion loro sopra il credito d'Aristotile, lo confonde e spaventa assai [...]
Senza dubbio, le idee di Galileo erano sbagliate sulla natura fisica delle comete, - o meglio, da un certo punto di vista non erano ancora "moderne" - mancando egli di osservazioni precise, e di conseguenza, la sua ipotesi era quella che comportava il minor numero d'incognite. Ma un secolo dopo Isaac Newton, osserv? il transito della cometa del 1680, e scopr? un metodo per calcolare l'orbita "vera" di una cometa, seguendone la traiettoria apparente in cielo. E solo dopo si cominci? a parlare della possibilit? di un orbita curva e del ritorno delle comete. Nei "Principia" egli scrisse:
"I moti delle comete sono sommamente regolari, essi osservano le leggi proprie degli altri pianeti, e ci? non si pu? spiegare per mezzo dei vortici. Perch?, le comete sono trasportate in tutte le parti del cielo da movimenti molto eccentrici, e questo non potrebbe avvenire qualora non si escludesse l'esistenza di vortici".
Gi? Keplero, nel 1618, supponeva che le comete fossero corpi celesti che si movessero in linea retta, e spiegava le loro code come un fenomeno di riflessione dei raggi solari. Il moto "ellittico," a cui Galileo non presta alcun credito, non rappresenta una novit? nella storia dell'astronomia. Lo aveva gi? ammesso Keplero, prima di giungere a scoprire l'ellitticit? dell'orbita di Marte. La terza legge di Keplero dice: "Pi? un astro ? vicino al Sole pi? il suo moto ? rapido". Per i pianeti, questa accelerazione ? debole. Per le comete, in compenso, le quali giungono da distanze di parecchi miliardi di chilometri e vanno a curvare il pi? vicino possibile al Sole, l'accelerazione ? considerevole. Infatti, bisogna pensare, che esse cadono da molto in alto, verso il Sole, curvano a grande velocit? e ripartono, rallentando progressivamente il loro moto perch? l'attrazione solare non cessa mai di frenarle. Ma il fatto pi? affascinante ? che certe sembrano venire da oltre il Sistema Solare. Se moltissime comete sono caratterizzate da una periodicit? ben stabilita, altre sembrano non presentarne affatto. Inoltre, la loro traiettoria, calcolata quando esse ci diventano visibili, si rivela diversa da quella ellittica; non ? dunque una curva chiusa. Tali comete descrivono una parabola, se non addirittura un'iperbole... Ma allora da dove provengono? Oggi si suppone che esista una regione che rappresenta una specie di "serbatoio" di nuclei cometari, oltre l'orbita di Plutone, ai confini del Sistema Solare, estesa per migliaia di miliardi di chilometri. Questa regione chiamata Nube di Oort, venne ipotizzata dall'astronomo olandese Jan Oort nel 1950. Sotto l'influenza gravitazionale del Sole, ogni tanto il passaggio di una'altra stella non troppo lontana dal Sole e l'attrazione gravitazionale del centro galattico, fa s? che qualche cometa finisca per caso su un'orbita che la porta a cadere all'interno del Sistema Solare, dove poi ne innesca l'attivit?. Questa teoria fu ripresa dall'astronomo statunitense Gerard Kuiper, nel 1951. Secondo Kuiper all'esterno del pianeta Nettuno esisterebbe una "fascia di comete" simile alla fascia asteroidale. Questa nube di Kuiper oltre a rifornirci di comete, avrebbe un altro ruolo importante, quello di ricolmare la nube di Oort quando, questa viene svuotata dall'incontro di una nube stellare o da un passaggio di una stella, trovandosi a transitare a 300 miliardi di chilometri, - vale a dire fino a una distanza di 2,5 anni luce, (limite al quale pu? farsi corrispondere il raggio del campo attrattivo del Sole) - provocando una sorta di pioggia cometaria a danno delle regioni interne del Sistema Solare.
Cordiali saluti :)
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