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Mittente:
bukowski
Re: De oratore   stampa
Data:
06/11/2003 14.44.15




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Cicerone, De oratore, II,56

[LVI] [227] Sed haec tragica atque divina; faceta autem et urbana innumerabilia vel ex una contione meministis; nec enim maior contentio umquam fuit nec apud populum gravior oratio quam huius contra conlegam in censura nuper neque lepore et festivitate conditior. Qua re tibi, Antoni, utrumque adsentior et multum facetias in dicendo prodesse saepe et eas arte nullo modo posse tradi: illud quidem admiror, te nobis in eo genere tribuisse tantum et non huius rei quoque palmam [ut ceterarum] Crasso detulisse." [228] Tum Antonius "ego vero ita fecissem," inquit "nisi interdum in hoc Crasso paulum inviderem; nam esse quamvis facetum atque salsum non nimis est per se ipsum invidendum; sed cum omnium sit venustissimus et urbanissimus, omnium gravissimum et severissimum et esse et videri, quod isti contigit uni, [id] mihi vix ferendum videbatur." [229] Hic cum adrisisset ipse Crassus, "ac tamen," inquit Antonius "cum artem esse facetiarum, Iuli, [ullam] negares, aperuisti quiddam, quod praecipiendum videretur: haberi enim dixisti rationem oportere hominum, rei, temporis, ne quid iocus de gravitate decerperet; quod quidem in primis a Crasso observari solet. Sed hoc praeceptum praetermittendarum est facetiarum, cum eis nihil opus sit; nos autem quo modo utamur, cum opus sit, quaerimus, ut in adversarium et maxime, si eius stultitia poterit agitari; in testem stultum, cupidum, levem, si facile homines audituri videbuntur. [230] Omnino probabiliora sunt, quae lacessiti dicimus quam quae priores, nam et ingeni celeritas maior est, quae apparet in respondendo, et humanitatis est responsio; videmur enim quieturi fuisse, nisi essemus lacessiti, ut in ipsa ista contione nihil fere dictum est ab hoc, quod quidem facetius dictum videretur, quod non provocatus responderit; erat autem tanta in Domitio gravitas, tanta auctoritas, ut, quod esset ab eo obiectum, lepore magis levandum quam contentione frangendum videretur."

Ma questa maniera di parlare ? sublime e ispirata; di facezie e battute di Crasso se ne possono ricordare moltissime anche tratte da un'unica concione. Nessun dibattito fu pi? impegnativo, n? alcun'orazione al popolo pi? importante di quella che Crasso ha recentemente pronunciato contro il suo collega nella censura, n? pi? adorna di arguzia e gaiezza. Perci?, Antonio, sono d'accordo con entrambe le tue osservazioni, che spesso le battute di spirito giovano molto in un discorso, e che per? non possono in alcun modo essere insegnate. Tuttavia mi stupisco del fatto che tu mi abbia attribuito tanto talento in questo genere, e non abbia invece conferito a Crasso la palma anche in questo campo come negli altri.? Antonio gli disse allora: ?L'avrei fatto se non mi prendesse talora un po' di invidia nei confronti di Crasso a questo proposito. Infatti per quanto l'essere arguti e spiritosi non sia di per s? da invidiare troppo, nondimeno trovavo a stento sopportabile che l'oratore pi? affascinante e pi? arguto al tempo stesso apparisse e fosse di fatto anche pi? solenne e il pi? serio, come ? appunto il caso di Crasso!?, Crasso rise delle sue parole e Antonio continu?: ?Tuttavia, Giulio, nel momento in cui neghi l'esistenza di un'arte delle facezie, hai messo in luce un aspetto che sembra degno di essere tenuto in conto di precetto. Hai parlato infatti della necessit? di valutare le persone, il fatto, la circostanza, al fine di evitare che lo scherzo sminuisca in parte la seriet?, cosa che in effetti a Crasso sta di solito particolarmente a cuore. Ma il precetto di rinunciare alle battute di spirito va bene quando non ce n'? bisogno. Quello che noi vogliamo conoscere, invece, ? il modo di servircene quando ve ne sia bisogno, a esempio contro gli avversari o, soprattutto, contro un testimone sciocco, parziale e inaffidabile, se la sua stoltezza si prester? a essere derisa, nel momento in cui l'uditorio sembrer? pronto a prestarvi attenzione. Senz'altro ricevono migliore accoglienza i motti con cui si replica a un attacco di quelli che si pronunciano senza essere provocati. Infatti sia ? maggiore la prontezza di ingegno che si mostra nel ribattere, sia il replicare rientra nella natura umana. Diamo infatti, in questo modo, l'impressione che non ci saremmo mossi se non fossimo stati provocati; come appunto, nel discorso stesso di cui parlavi, Crasso non disse quasi nulla che certo sembrasse particolarmente spiritoso che non fosse una risposta a una provocazione. Era tanta la dignit? di Domizio e tanta la sua autorevolezza, che appariva preferibile infirmare le sue accuse con l'arguzia che smantellarle di forza?.

Trad. AAVV, BUR

Salutoni
  De oratore
      Re: De oratore
 

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