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bukowski
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Data:
07/11/2003 23.04.04
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Cicerone, Contro Verre, IV, 99-101
99. Gi? in forum
http://www.progettovidio.it/forum2/re...
100. Tum iste permotus illa atrocitate negotii, ut ab se sceleris illius suspicio demoveretur, dat hospiti suo cuidam negotium ut aliquem reperiret quem illud fecisse insimularet, daretque operam ut is eo crimine damnaretur, ne ipse esset in crimine. Res non procrastinatur. Nam cum iste Catina profectus esset, servi cujusdam nomen defertur; is accusatur, ficti testes in eum dantur. Rem cunctus senatus Catinensium legibus judicabat. Sacerdotes vocantur; ex iis quaeritur secreto in curia quid esse factum arbitrarentur, quemadmodum signum esset ablatum. Respondent illae praetoris in eo loco servos esse visos. Res, quae esset jam antea non obscura, sacerdotum testimonio per-spicua esse coepit. Itur in consilium; servus ille innocens omnibus sententiis absolvitur, quo facilius vos hunc omnibus senten-tiis condemnare possitis.
Allora Verre, vivamente preoccupato dell?enormit? del fatto, vuole allontanare da s? il sospetto di quell?azione scellerata e d? a un suo ospite l?incarico di trovare un accusato di comodo e di farlo condannare sotto quell'imputazione per non esserne imputato proprio lui. Senza frapporre tempo in mezzo, appena partito Verre da Catania, viene denunciato uno schiavo; segue regolare incriminazione nonch? produzione di falsi testimoni a carico. In base alle leggi catanesi il giudizio era affidato al consiglio riunito al completo. Vengono citate le sacerdotesse e interrogate in udienza a porte chiuse sull'accaduto e sulle modalit? del furto. Rispondono di aver visto nel tempio degli schiavi del governatore. La cosa, anche se gi? da prima non era oscura, in seguito alla deposizione delle sacerdotesse si fece subito chiarissima. Si passa alla votazione, e quello schiavo innocente viene assolto all'unanimit? perch? sia pi? facile a voi emettere all'unanimit? sentenza di condanna a carico di questo nostro imputato.
101. Quid enim postulas, Verres? Quid speras, quid exspectas, quem tibi aut deum aut hominem auxilio futurum putas? Eone tu servos ad spoliandum fanum immittere ausus es quo liberos adire ne ornandi quidem causa fas erat? Iisne rebus manus afferre non dubitasti a quibus etiam oculos cohibere te religionum jura cogebant? Tametsi ne oculis quidem captus in hanc fraudem tam sceleratam ac tam nefariam decidisti. Nam id concupisti quod nunquam videras, id, inquam, adamasti quod antea non aspexeras. Auribus tu tantam cupiditatem concepisti ut eam non metus, non religio, non deorum vis, non hominum existimatio contineret.
[101] E veramente, Verre, cosa pretendi? cosa speri? cosa t'aspetti? Secondo te, chi degli d?i o degli uomini ti aiuter?? Non hai tu avuto l'ardire di inviare degli schiavi al saccheggio di un santuario nel quale gli uomini non potevano entrare neppure per offrire oggetti destinati ad abbellirlo? Hai forse avuto un attimo d'esitazione nel porre le tue mani su degli oggetti dai quali le leggi sacre ti obbligavano a tenere lontani perfino gli occhi? Per quanto, non ? che tu sia rimasto ammaliato nella vista e perci? sei caduto in questa colpa cosi infame e sacrilega; ch? bramasti una cosa mai vista, t'innamorasti, ripeto, di una cosa precedentemente mai scorta; ? per ci? che le tue orecchie sentivano dire che fosti preso da una brama cosi ardente. che non conobbe nessun freno: n? paura n? scrupolo religioso n? potenza divina n? opinione pubblica.
Trad. G. Bellardi
Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili, 7.1.1
Videamus ergo quot gradibus beneficiorum Q. Metellum a primo originis die ad ultimum usque fati tempus numquam cessante indulgentia ad summum beatae uitae cumulum perduxerit. nasci eum in urbe terrarum principe uoluit, parentes ei nobilissimos dedit, adiecit animi rarissimas dotes et corporis uires, ut sufficere laboribus posset, uxorem pudicitia et fecunditate conspicuam conciliauit, consulatus decus, imperatoriam potestatem, speciosissimi triumphi praetextum largita est, fecit ut eodem tempore tres filios consulares, unum etiam censorium et triumphalem, quartum praetorium uideret, utque tres filias nuptum daret earumque subolem sinu suo exciperet. tot partus, tot incunabula, tot uiriles togae, tam multae nuptiales faces, honorum, imperiorum, omnis denique gratulationis summa abundantia, cum interim nullum funus, nullus gemitus, nulla causa tristitiae.
Vediamo, dunque, per quanti gradi di benefici la fortuna, senza concedere mai pausa alla propria generosit?, abbia fatto giungere Quinto Metello, dal primo giorno della sua nascita fino agli ultimi momenti della vita, al culmine della felicit?. Volle ch'egli nascesse nella citt? regina della terra, gli diede nobilissimi genitori, vi aggiunse eccezionali doti d'animo e forze fisiche per poter esser pari alle fatiche, gli fece ottenere come sposa una donna segnalata per pudicizia e prolificit?, gli largi l'onore del consolato, la carica di generale, l'ornamento di un prestigioso trionfo, fece s? che vedesse nello stesso tempo tre figli consoli, uno anche censore e trionfatore, un quarto pretore, che collocasse in matrimonio tre figlie e ne ricevesse tra le braccia i loro pargoli. Tanti parti, tante culle, tante toghe virili, tante faci nuziali, tante cariche civili e militari, grandissima copia, insomma, di motivi a rallegramenti: e intanto nessun lutto, nessun pianto, nessun motivo di dolore.
Trad. R. Faranda
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