Data:
18/11/2003 17.37.30
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Questa favoletta (ci) fa conoscere il motivo per il quale [lett. per quale motivo] il cuculo, in estate, canti per notti intere, senza mai mutare, nel suo canto, (il tono della) voce [il suo canto, come risaputo, ? infatti ?monotono?]. Un cuculo, sbarazzino e vanitoso, desiderando sapere che cosa pensassero della sua voce [ovvero, del suo canto] gli abitanti della vicina citt?, chiese ad uno storno, che in quel frangente [tum] era volato via dalla citt?: ?Che cosa dicono [ovvero, che cosa pensano], gli abitanti della citt?, a riguardo del canto dell?usignolo??. Lo storno gli rispose che tutti elogiavano il canto dell?usignolo. Di poi, avendo il cuculo chiesto quale fosse la rinomanza dell?allodola tra gli uomini, (lo storno) rispose che tutti l?ammiravano in virt? della soavit? del canto e del battito veloce delle ali. ?Che tipo di lodi hai (invece) ascoltato su di me?? chiese infine il cuculo. ?Non saprei [lett. non so] ? rispose lo storno ? dal momento che nessuno, in citt?, parla di te. Non so, dunque, chi ti conosca [lett. a chi tu sia noto] e cosa si dica a tuo riguardo?. A tali parole, il cuculo rinunci? [lett. venne privato] alla propria stolta aspettazione [abl. di privazione] e, per non esser ignorato dagli uomini, da allora si canta da solo [lett. canta lui stesso] le proprie lodi, con tono sempre monocorde [lett. sempre con la stessa voce].
Trad. Bukowski
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