Data:
19/11/2003 17.46.11
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Gellio, Notti attiche, XIII, 11 passim
C?? un?opera, molto sfiziosa, di Marco Varrone, che s?intitola ?Non sai che cosa (ci) riservi [lett. porti] la sera sul tardi?, nella quale si discute su quale numero di convitati sia opportuno e come si debba preparare un convito, appunto [lett. quale debba essere la preparazione di del convito stesso]. (Varrone) suggerisce, dunque, che il numero dei convitati deve cominciare da quello delle Grazie ed arrivare a quello delle Muse, tal che (i convitati stessi) non siano in numero minore di tre e in numero maggiore di nove. Infatti, ? sconveniente che i (convitati) siano numerosi, giacch? un assembramento numeroso [turba] ?, generalmente, turbolento. Quando invece suggerisce ragguagli [docet] sul tipo d?allestimento che s?addice ad un banchetto, scrive che ottimale ? se vengono invitati [qui i participi sono intesi in forma attributiva; non si tratta, dunque, di perfetti] galantuomini [homines belli], se il luogo ? selezionato, se l?occasione ? opportuna, se l?allestimento non ? trascurato. Inoltre, suggerisce quali siano le caratteristiche pi? apprezzabili [quae meliora sint de ingeniis] dei convitati: non siano (essi) troppo loquaci, n? completamente silenziosi, ch? la parlantina s?addice al foro, mentre il silenzio non s?addice ad un banchetto, ma ad una camera da letto. E aggiunge: ?Volendo considerare da quale tipo di discorsi i convitati siano maggiormente attratti e divertiti, siano essi discorsi che non vertano su argomenti ?pesanti? o delicati; al contrario, siano discorsi allegri e coinvolgenti, ed edificanti, con un certo piacere, beninteso.
Trad. Bukowski
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