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Mittente:
bukowski
Re: Traduzione De finitate motus et temporis   stampa
Data:
24/11/2003 22.02.06




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Sostengo che l?intera sfera celeste, il cui moto ? circolare, abbia un moto ?intrinseco? [tra poco, scopriremo una definizione esatta] e non si muova solo per accidente, dal momento che le sue parti sono sottoposte a moto intrinseco e, insieme, a moto locale [ma si tratta di due tipi diversi di moto, come sottolineato appena dopo], come afferma Aristotele. Ma il moto locale, come afferma Averro?, ? di due tipi: s?intende per moto locale il moto per il quale una cosa passa da un punto all?altro [dunque, caro Paolo, propriamente una ?traslazione?], che si realizza sotto l?aspetto del synolon [il composto di forma e materia che costituisce la sostanza individuale concreta; rendo cos? ?subiectum?]; ma anche il moto d?una cosa che ?muta? pur rimanendo sempre nello stesso punto [e dunque, propriamente un? ?alterazione?, il ?moto intrinseco? di cui sopra], ch?? un moto che stavolta interessa il synolon non nella sua dimensione spaziale, ma nella sua ?componente? formale/sostanziale.
In questo senso, il cielo ? sottoposto tanto ad una traslazione quanto ad una alterazione.
Anche per quest?ultima accezione di moto [alterazione] ? da assumersi un inizio [ovvero, una ?forma originaria?]; in questo senso, l?inizio del cielo corrisponde alla componente formale ch?esso ha ricevuto all?atto della creazione, forma dalla quale esso continuamente s?allontana, rinnovandola e recuperandola, alla fine di qualsivoglia rivoluzione (astrale). E non si pensi che Aristotele non intenda corroborare ci?, laddove, dissertando sulla contemporaneit? di tempo e moto, a sostegno del proprio ragionamento, afferma quanto segue: ?si tenga presente che non c?era e non ci sar? tempo laddove non c?era e non ci sar? moto?, affermazione che parte dal presupposto della continuit? del tempo e della sua infinit?, su entrambe le direzioni [ovvero, infinito e per quanto riguarda l?inizio, e per quanto riguarda la fine].
Con ragionamenti molto simili a quelli gi? citati, Aristotele dimostra l?incorruttibilit? del moto e il suo divenire ininterrotto ?verso il poi? e, in ragione di ci?, l?inammissibilit? d?uno stato di quiete, che prescinda dal moto, in un tempo infinito.
Giacch?, ponendo un ?moto ultimo?, ovvero un moto dopo il quale non ci sar? alcun altro moto, ? necessario che, dopo tale stesso moto, s?intervenga comunque sul motore o sulla cosa mossa, con un atto grazie al quale il motore in atto diventi, in atto, non-motore e l?oggetto, in atto, mosso, diventi, in atto, non-mosso [l?apparente confusione del passo ? semplice a spiegarsi: un moto ultimo per divenir quiete (passaggio da un atto all?altro, ovvero da una forma all?altra) dovrebbe esser sottoposto a sua volta? ad un moto; ogni trasformazione, infatti, implica un moto; dunque, si verificherebbe il paradosso secondo il quale il moto ultimo per divenir quiete dovrebbe esser sottoposto ad un ulteriore moto; lo stesso per il motore; c?? una concatenazione all?infinito, per scongiurare la quale Aristotele stesso ammise l?esistenza d?un motore primo?immutabile, pensiero di pensiero].
Questa nuovo atto o ? moto, o si realizza attraverso un moto [appunto!]; ma ci? comporterebbe l?esistenza d?un moto ulteriore dopo il moto ultimo, la qual cosa ? impossibile [appunto!].

Trad. Bukowski

salutoni :)
  Traduzione De finitate motus et temporis
      Re: Traduzione De finitate motus et temporis
 

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