Data:
27/11/2003 21.29.18
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Seneca, I benefici, V, 24 passim
[1] Di fronte al divo Giulio si difendeva uno dei suoi veterani, (piuttosto violento) nei confronti dei suoi vicini, ed era in una brutta situazione. ?Ricordi?, gli chiese, ?generale, che in Spagna ti slogasti una caviglia nei pressi di Sucrone??. Avendo Cesare risposto che si ricordava, quello aggiunse: ?Ricordi che, volendo riposare sotto un albero che faceva pochissima ombra, dato che il sole era cocente e il luogo aspro e quello era l'unico albero che spuntava dalle rocce aguzze, uno dei tuoi commilitoni ti adagi? sopra il suo mantello??. [2] Cesare rispose: ?Perch? non dovrei ricordarmene? E mi ricordo anche che, spossato dalla sete, perch? non ce la facevo a camminare fino alla sorgente pi? vicina, volevo trascinarmi sulle mani, se un buon commilitone , uomo forte e valoroso, non mi avesse portato un po' d'acqua nel suo elmo?. ?Allora, generale?, disse il veterano, ?potreste riconoscere quell'uomo??. Cesare rispose che non avrebbe saputo riconoscere l'elmo, ma l'uomo sicuramente, e aggiunse: ?Tu comunque non sei quello?. [3] ?Hai ragione, Cesare, di non riconoscermi?, disse, ?perch? quando ci? accadde il mio corpo era integro, poi a Munda persi un occhio e fui ferito alla testa?. Cesare ordin? di non fare difficolt? al suo veterano e gli don? quei campicelli nei quali passava quella strada comune che era stata il motivo della lite.
Trad. A. Marastoni (adattata)
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