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Mittente:
bukowski
Re: Ricerca sugli epistolari   stampa
Data:
27/11/2003 22.36.19




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No, in rete si trova poco, nulla e male. Preferisco passarti a scanner queste ottime pagine della Garbarino.

Fonte: G. Garbarino, Letteratura latina. Storia e testi (sez. excursus sui generi letterari), vol. unico, Paravia, 1995, pagg. 892-893-894 e 908

8. L'epistolografia a Roma prima di Cicerone
Le notizie pi? antiche di lettere, leggendarie, risalgono all'et? regia, ad opera di Livio e di Dionisio d'Alicarnasso; il primo testo epistolare di valore storicamente accertabile ? la lettera di Fabrizio a Pirro conservata da Claudio Quadrigario; ancora recenziore il pi? antico esemplare di lettera pervenutaci per via documentaria, il senatus consultum de Bacchanalibus, conservatoci da un'iscrizione (186 a.C.; leggermente anteriore il pi? antico esemplare di epistola ufficiale epigrafica romana redatta in greco, del 197/194).
Nella prima fase dell'epistolografia latina, quella che possiamo definire preciceroniana, le lettere ufficiali ed 'aperte' prevalgono di gran lunga sulle epistole private; caratteristiche le lettere autobiografiche dei condottieri romani (P. Cornelio Scipione Africano, P. Cornelio Scipione Nasica, P. Cornelio Scipione Emiliano; successivamente Lutazio Catulo, Gaio Gracco, Metello Numidico, Cicerone). Non poche delle lettere ufficiali sono conservate dalle fonti letterarie, ma la maggior parte di esse sono pervenute per via epigrafica.
Le pi? antiche lettere private di cui abbiamo notizia sono forse quelle di Catone, sicuramente quelle di Cornelia (ma alcuni pensano che si tratti di falsi). Tuttavia una ricostruzione storico-letteraria complessiva ? resa difficile dalla scarsit? del materiale pervenutoci e dalla presenza di falsi. Questi ultimi risalgono al sec. I a. C., certo sotto l'influsso della retorica; e la retorica oper? sicuramente anche sulla concezione della lettera dello stesso Cicerone (Ad fam., II, 4; IV, 13; VI, 10).

9. Cicerone
Ma, proprio grazie all'epistolario ciceroniano, nell'et? tardo-repubblicana l'epistolografia latina si differenzia da quella greca: infatti se in Ad Att., XVI, 5, 5 Cicerone previde la possibilit? di revisionare e pubblicare sue lettere - di cui era solito conservare copia -, tuttavia sino a quel momento egli aveva spedito le missive ai corrispondenti senza alcuna previsione di divulgarle, dunque aveva composto lettere meramente informative e, per ci? stesso, di grande immediatezza, cio? lettere quali nel quadro dell'epistolografia greca di tipo letterario non ci sono pervenute. Le 864 lettere di cui consta l'epistolario ciceroniano (di cui 774 dovute a Cicerone, le altre a corrispondenti), sono distribuite in vari corpora, 16 libri adfamiliares, 16 ad Atticum, 3 ad Quintum fratrem, 1 ad M. Brutum, scaglionati complessivamente tra il 68 ed il 43 a. C.; e costituiscono il pi? insigne e significativo esempio di lettere private di carattere intimo dell'antichit? classica, aliene come sono (salvo pochissime eccezioni, per esempio Adfam., V, 12) da qualunque velleit? di 'bella pagina'. Intessute di elementi autobiografici, strutturate come reciproco carteggio tra diversi corrispondenti, redatte in sermo cotidianus ricco di due degli espedienti pi? tipici del genus epistolare, l'uso del greco (libero e brillante) ed il ricorso continuo a citazioni d'autori precedenti, le lettere di Cicerone s'imposero subito ? una volta pubblicate, poco dopo la morte dell'autore, probabilmente per cura di Attico, Nepote, Marco Cicerone figlio, Tirone - come modello per le generazioni successive e contribuirono a determinare una svolta nell'epistolografia latina, incitando chiunque volesse inviare lettere a riprodurre le cadenze ciceroniane.
In virt? di questa emulazione ed insieme a causa del mutamento della situazione politica di Roma, particolarmente sentito dai letterati romani, e dell'affermarsi di una teorizzazione (greca) sul genere epistolare, l'epistolografia romana fa registrare una netta evoluzione: chi scrive lettere imitando un modello, applicando regole retoriche di un genus e tenendo presente la necessit? di svuotare le lettere stesse di contenuto per evitare 'pericoli', non scrive pi? (solo) per informare un corrispondente, ma compone litterae litteratae in funzione della pubblicazione (si tratta dunque di svolgimento parallelo a quello evidenziato sopra a proposito dell'epistolografia greca).

10. L'epistolografia letteraria
Ed ecco che, mentre gli epistolari contemporanei a quello ciceroniano -l'epistolario di Marco Bruto (sotto il cui nome furono forgiati anche numerosi falsi in greco); quello di Cesare, articolato in varie raccolte, ciascuna dedicata ad un singolo corrispondente; quello di Varrone (autore anche, a parte, di una serie di epistolicae quaestiones erudite di tipo alessandrino); quello di Ottaviano Augusto, l'ultimo epistolario di tipo 'repubblicano', cio? costituito da lettere solamente informative - erano epistolari del tutto funzionali dal punto di vista della comunicazione, gi? in et? tardo-augustea si affacciano lettere 'aberranti' da questo punto di vista: si possono citare come emblematiche le lettere poetiche, il pi? classico esempio di lettere fittizie.
Gi? coltivate sporadicamente da Spurio Mummio e da Lucilio, poi da Catullo, raggiungono ora i vertici con Orazio ? le cui epistulae costituiscono il pi? insigne esempio di trasposizione in versi delle cadenze di vita quotidiana tipiche delle epistole in prosa - e con la tradizione elegiaca - Properzio, IV, 3; le intere raccolte ovidiane delle Heroides e delle Epistulae ex Ponto -, per passare poi a Stazio, che alcuni biglietti inserisce nelle Silvae, e soprattutto, a distanza di tempo, ad Ausonio, le cui epistole in versi sono intessute di retorica.
Perci? mentre fino all'et? di Augusto esiste (con qualche eccezione) identit? di funzione tra epistole private letterarie e quelle inviate da personaggi umili, pervenuteci su papiro, in et? successiva la differenza tra i due tipi di lettera diventa sempre pi? marcata, conservandosi solo nei testi papiracei la primaria funzione informativa (ed il sermo cotidianus) della lettera, di fronte alla stilizzazione delle epistole letterarie.
Le lettere su papiro, scaglionate per tutto l'arco dell'et? imperiale (fino al 505 d.C.), costituiscono dunque il 'pendant' documentario dell'epistolografia letteraria; particolarmente significativi alcuni carteggi, per esempio quello di Rustio Barbaro, coevo a Seneca (ed a Paolo), e quello di Claudio Terenziano e Claudio Tiberiano, coevo a Plinio ed a Traiano.


11. Epistolari di et? imperiale
Gli epistolari romani organicamente strutturati che incontriamo in et? imperiale sono tutti di tipo letterario. Letterario quello di Seneca (124 epistulae morales, in 20 libri, tra primavera del 62 ed autunno del 64), il primo di cui abbiamo notizia, composto da lettere scritte ed inviate s? realmente al corrispondente Lucilio, ma tuttavia espressamente destinate, quale ideale itinerario verso il perfezionamento morale, anche alla posterit? - ed infatti Seneca ? il primo che, in Roma, abbia provveduto a pubblicare in prima persona proprie lettere.
Letterario quello di Plinio il Giovane ad amicos (247 lettere in 9 libri, tra 96-97 e 108), organizzato secondo il doppio criterio della successione cronologica e della varietas; lettere di varia tipologia, ma sempre curatius scriptae, cio? composte in prosa d'arte, obbedienti a precise regole (per esempio unit? d'argomento, brevit?, stilizzazione), ricche di espressioni greche e di citazioni di 'classici'. Presenza del modello ciceroniano ed eleganza formale fecero s? che l'epistolario pliniano divenisse a sua volta 'modello' per i successivi cultori del genere.
E se il carteggio tra Plinio e Traiano, che costituisce il libro X dell'epistolario pliniano (124 lettere, tra 98 e 101-102 e 111-113), comprende solamente lettere 'amministrative' di Plinio all'imperatore e le relative risposte e segna perci? un'eccezione tra gli epistolari letterari d'et? imperiale - ma ? pur sempre epistolario finalizzato a fornire un quadro delle mansioni proprie di un governatore provinciale -, con il successivo epistolario di Frontone riprende subito corpo il filone dell'epistolografia letteraria.
Scaglionate tra il 138-139 ed il 167 (e forse il 175) ed articolate in svariati corpora di mole diversa, parzialmente dedicate ad argomenti letterari e retorici, dovute in parte a Frontone, in parte ai suoi imperiali corrispondenti, soprattutto Marco Aurelio, le lettere del 'gruppo' frontoniano tengono sempre presente il modello ciceroniano soprattutto nel tentativo di renderne la 'quotidianit?' con la voluta ricerca di 'cronaca familiare', ma tengono anche presente il corpus pliniano - una conferma, appunto, della stilizzazione delle lettere frontoniane, ricche, tra l'altro, di citazioni -. Pubblicate parzialmente da Frontone stesso, esse erano note come corpus gi? al tempo di Carisio (IV secolo d. C.).

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[?] dopo il II sec. d.C. nell?epistolografia latina riscontriamo un vuoto, colmabile con le raccolte di lettere di Simmaco e le relationes di Cassiodoro, che per?, a quanto vedo, a te non interessano. Ricordandoti delle lettere di San Paolo, passo direttamente al paragrafo sull?epistolografia cristiana, un genere tutto particolare [?]

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11. L'epistolografia cristiana.
Un genere che si pu? definire onnicomprensivo e che nei cristiani trova speciale sviluppo ? quello epistolare. Le raccolte pi? ampie e significative che ci sono pervenute sono quelle di Cipriano (III sec.), e soprattutto quelle di Ambrogio, Gerolamo, Agostino (IV - V sec.). Questo genere accoglie, si pu? dire, tutte le tematiche cristiane e si interseca con tutti i generi: pu? diventare apologia o scritto polemico, trattato, commento esegetico, biografia; pu? riportare un sermone; pu? essere in prosa o in poesia; pu? prestarsi alla narrazione e interpretazione di fatti storici, all'espressione di affetti familiari o di amicizia, alla consolazione in occasione di lutti, all'esposizione di riflessioni politiche, all'insegnamento morale e spirituale.
Questa ricchezza e questi usi erano gi? in gran parte attestati nella letteratura classica (si vedano Cicerone e Seneca), ma ? proprio dei cristiani, fin dall'esempio di san Paolo, il servirsi della lettera come di uno strumento di comunione tra i fedeli, e il farne perci? fondamentalmente un documento religioso. Tra l'altro, essi introducono innovazioni nel formulario d'indirizzo della lettera, caratterizzando religiosamente appellativi (beatissimus, sanctus, venerabilis, ecc.), titoli (frater, conservus, consacerdos, servus Christi, famula Dei, ecc.), espressioni (in Christi visceribus dilectissimus, in Christi caritate honoranda, ecc.). Sono caratteristiche le lettere ufficiali dei vescovi, indirizzate ad altri vescovi, a membri del clero, alla comunit?, e incentrate su questioni di vita ecclesiale. Le lettere del vescovo di Roma (o papa), gi? a partire da Leone Magno e Gregorio Magno e poi in et? medioevale, risentono sempre di pi? dell'impronta stereotipata di una cancelleria.
Assente o del tutto marginale ?, tra i cristiani dei primi secoli, la ?lettera d'arte? in cui le minuzie della vita quotidiana sono narrate in prosa elegante e ricercata, n? la forma epistolare si riduce mai a mero pretesto, restando sempre essenziali l'autenticit? e la seriet? del messaggio e l'esigenza della comunicazione. Ma a partire dal V secolo, gi? con Paolino di NoIa, e poi soprattutto con Sidonio Apollinare, Ennodio, Cassiodoro, l'influenza della scuola e della retorica classica si fa sentire in modo prevalente.

Fonte: G. Garbarino, Letteratura latina. Storia e testi (sez. excursus sui generi letterari), vol. unico, Paravia, 1995, pagg. 892-893-894 e 908

saluti
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