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Mittente:
bukowski
Re: Cicerone, Ep. Ad fam.   stampa
Data:
28/11/2003 17.52.30




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Cicerone, Lettere ai familiari, IV, 5 passim
[non conoscendo il punto finale, ti posto l?intera lettera dalla tua indicazione fino alla conclusione]

Quae res mihi non mediocrem consolationem attulerit, volo tibi commemorare, si forte eadem res tibi dolorem minuere possit. Ex Asia rediens cum ab Aegina Megaram versus navigarem, coepi regiones circumcirca prospicere: post me erat Aegina, ante me Megara, dextra Piraeeus, sinistra Corinthus, quae oppida quodam tempore florentissima fuerunt, nine prostrata et diruta ante oculos iacent. Coepi egomet mecum sic cogitare: "hem! nos homunculi indignamur, si quis nostrum interiit aut occisus est, quorum vita brevior esse debet, cum uno loco tot oppidum cadavera proiecta iacent? Visne tu te, Servi, cohibere et meminisse hominem te esse natum?" Crede mihi, cogitatione ea non mediocriter sum confirmatus. Hoc idem, si tibi videtur, fac ante oculos tibi proponas: modo uno tempore tot viri clarissimi interierunt, de imperio populi Romani tanta deminutio facta est, omnes provinciae conquassatae sunt; in unius mulierculae animula si iactura facta est, tanto opere commoveris? quae si hoc tempore non diem suum obisset, paucis post annis tamen ei moriendum fuit, quoniam homo nata fuerat. Etiam tu ab hisce rebus animum ac cogitationem tuam avoca atque ea potius reminiscere, quae digna tua persona sunt: illam, quamdiu ei opus fuerit, vixisse, una cum re publica fuisse, te, patrem suum, praetorem, consulem, augurem vidisse, adolescentibus primariis nuptam fuisse, omnibus bonis prope perfunctam esse; cum res publica occideret, vita excessisse: quid est, quod tu aut illa cum fortuna hoc nomine queri possitis? Denique noli te oblivisci Ciceronem esse et eum, qui aliis consueris praecipere et dare consilium, neque imitari malos medicos, qui in alienis morbis profitentur tenere se medicinae scientiam, ipsi se curare non possunt, sed potius, quae aliis praecipere soles, ea tute tibi subiice atque apud animum propone. Nullus dolor est, quem non longinquitas temporis minuat ac molliat: hoc te exspectare tempus tibi turpe est ac non ei rei sapientia tua te occurrere. Quod si qui etiam inferis sensus est, qui illius in te amor fuit pietasque in omnes suos, hoc certe illa te facere non vult. Da hoc illi mortuae, da ceteris amicis ac familiaribus, qui tuo dolore maerent, da patriae, ut, si qua in re opus sit, opera et consilio tuo uti possit. Denique, quoniam in eam fortunam devenimus, ut etiam huic rei nobis serviendum sit, noli committere, ut quisquam te putet non tam filiam quam rei publicae tempora et aliorum victoriam lugere. Plura me ad te de hac re scribere pudet, ne videar prudentiae tuae diffidere; quare, si hoc unum proposuero, finem faciam scribendi: vidimus aliquoties secundam pulcherrime te ferre fortunam magnamque ex ea re te laudem apisci; fac aliquando intelligamus adversam quoque te aeque ferre posse neque id maius, quam debeat, tibi onus videri, ne ex omnibus virtutibus haec una tibi videatur deesse. Quod ad me attinet, cum te tranquilliorem animo esse cognoro, de iis rebus, quae hic geruntur, quemadmodumque se provincia habeat, certiorem faciam. Vale.

Vorrei rievocare per te l'episodio che pi? ha potuto consolarmi, se mai anche a te possa egualmente attenuare un dolore. Di ritorno dall'Asia, navigavo da Egina in direzione di Megara e mi misi e osservare il panorama che mi circondava. Dietro di me era Egina, davanti Megara, a destra il Pireo, a sinistra Corinto, tutte citt? un tempo fiorenti di vita che ora giacciono sotto i nostri occhi abbattute e diroccate. Presi allora a meditare fra me e me in questi termini: "Ahi! noi esseri infimi ci indigniamo se qualcuno di noi, alla cui vita ha dato natura di essere pi? breve, ? morto o ? stato ucciso, mentre in un sol luogo rovesciati giacciono di tante rocche i morti corpi... ? Vuoi tu, Servio, dominarti e rammentare che sei nato uomo?". Credimi, da una riflessione come questa ho tratto non piccolo conforto. Fa' di guardare anche tu, quando ti sembri il momento, a tali verit?. Poco tempo addietro, in un'unica occasione, sono scomparsi tanti personaggi gloriosi; l'autorit? del popolo romano ha subito un fierissimo colpo; tutte le province sono state sconvolte: da cos? grande disperazione ti fai travolgere se si ? perduto quel po' di vita che animava una sola, fragile donna? E se non avesse chiuso i suoi giorni adesso, sarebbe tuttavia dovuta morire pochi anni dopo, giacch? era nata essere umano. Distogli anche tu il tuo cuore e i tuoi pensieri da queste tristezze e richiama piuttosto il ricordo di quanto ? degno della tua figura di uomo e di cittadino: ella ? vissuta quanto gliene ? servito, la parabola della sua vita ? quella della repubblica; ha visto te, suo padre, via via pretore, console, augure; ? stata la sposa di giovani delle migliori famiglie; quando la repubblica stava venendo meno, ha concluso la sua esistenza.
Che cosa c'? di cui tu o lei possiate lamentarvi con il destino, sotto questo aspetto? Non dimenticare, finalmente, che sei Cicerone: tu sei quello che ha appreso a essere maestro agli altri e a dare loro consigli. Non imitare i cattivi medici, che per le malattie altrui dichiarano di conoscere tutti i rimedi della loro arte e non sono in grado di curare se stessi: ma piuttosto applica tu a te stesso quel che suoli insegnare agli altri e tienilo sempre fisso nell'animo. Non v'? alcun dolore che il tempo, nel suo lungo scorrere, non diminuisca o non sappia ammorbidire.
Aspettare questo effetto del tempo e non affrontare tale situazione fortificato dalla tua saggezza, sarebbe per te vergogna. Che se ancora si serba nell'aldil? un qualche sentimento (ed era il suo affetto per te e l'amore devoto per tutti i suoi), ella non vuole certo che tu faccia cos?. Concedilo a quella tua morta; concedilo agli altri amici e familiari, che sono desolati del tuo lutto, concedilo alla patria, che possa, se ve ne fosse il bisogno, giovarsi della tua azione e della tua esperienza.
Infine, poich? siamo arrivati per volere del fato al punto in cui anche a questo ? necessario porre attenzione, non comportarti in modo che altri ti possa credere in pianto, non gi? per la perdita della figlia, ma per il momento che lo stato vive attualmente e per la vittoria altrui. Ho ritegno di scriverti ancora su questo soggetto e non voglio sembrare di avere dubbi sulla tua prudenza. Dunque una volta che mi sia limitato a un semplice accenno, non c'? ragione per non concludere la lettera. Ti abbiamo visto talora reggere con molto equilibrio alla fortuna favorevole e ricavare da ci? una grande gloria; fa' capire allora a tutti noi come parimenti tu possa reggere anche alla fortuna avversa, senza che questo peso ti sembri pi? grave del debito, perch? non si creda - fra tutte le virt? - che
questa sola ti abbia a mancare. Quanto a me, quando ti sapr? d'animo pi? sereno, ti terr? informato di ci? che accade dalle mie parti e quali siano le condizioni generali della provincia.
Addio.

Fonte: www.bibliomania.it
  Cicerone, Ep. Ad fam.
      Re: Cicerone, Ep. Ad fam.
 

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