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bukowski
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Re: TERENZIO
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Data:
30/11/2003 15.06.03
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Si tratta, in realt?, di:
Varrone, Lingua latina, V, 16 passim
In re militari praetor dictus qui praeiret exercitui. Imperator, ab imperio populi qui eos, qui id attemptassent, oppressit hostis. Legati qui lecti publice, quorum opera consilioque uteretur peregre magistratus, quive nuntii senatus aut populi essent. Exercitus, quod exercitando fit melior. Legio, quod leguntur milites in delectu. Cohors, quod ut in villa ex pluribus tectis coniungitur ac quiddam fit unum, sic hic ex manipulis pluribus copulatur.
Manipulus exercitus minima manus quae unum sequitur signum. Centuria qui sub uno centurione sunt, quorum centenarius iustus numerus. Milites, quod trium milium primo legio fiebat ac singulae tribus Titiensium, Ramnium, Lucerum milia militum mittebant.
[16, 87] Nella milizia il pretore era detto quello che marciava in testa all'esercito. Imperator (comandante supremo), viene da imperium (sovranit?) del popolo ed ? il titolo attribuito a colui il quale ha distrutto i nemici che hanno combattuto contro di essa l. Legati (addetti) sono quelli ufficialmente scelti (lecti) per assistere con la loro opera e il loro consiglio i comandanti militari fuori del territorio di Roma, o perch? compiano le funzioni di inviati del senato o del popolo. L'esercito ? cos? detto perch? diviene migliore esercitandosi; la legione perch? i soldati leguntur (vengono scelti) nella leva militare. [88] La coorte (cohors) ? detta cos?, perch? come in una fattoria il cortile (cohors) ? formato dall'accostamento (coniungitur) di pi? costruzioni e costituisce una specie di unit?, cos? nella milizia la coorte ? formata da pi? manipoli
Il manipolo ? il pi? piccolo reparto (manus) dell'esercito al seguito di un proprio stendardo. Centuria ? un'unit? militare al comando di un unico centurione: il suo numero regolarmente ? di 100 uomini. [89] La parola milites (soldati) deriva dal fatto che in origine la legione constava di 3.000 uomini e ognuna delle tre trib?, dei Tiziensi, dei Ramni e dei Luceri contribuiva alla sua formazione con 1.000 militi.
Varrone, Lingua latina, VIII, 15-16 passim
XV. Quare cum, ut in vestitu aedificiis, sic in supellectile cibo ceterisque omnibus quae usus causa ad vitam sunt assumpta dominetur inaequabilitas, in sermone quoque, qui est usus causa constitutus, ea non repudianda. XVI. Quod si quis duplicem putat esse summam, ad quas metas naturae sit perveniendum in usu, utilitatis et elegantiae, quod non solum vestiti esse volumus ut vitemus frigus, sed etiam ut videamur vestiti esse honeste, non domum habere ut simus in tecto et tuto solum, quo necessitas contruserit, sed etiam ubi voluptas retineri possit, non solum vasa ad victum habilia, sed etiam figura bella atque ab artifice ficta, quod aliud homini, aliud humanitati satis est; quodvis sitienti homini poculum idoneum, humanitati nisi bellum parum; sed cum discessum est ab utilitate ad voluptatem, tamen in eo ex dissimilitudine plus voluptatis quam ex similitudine saepe capitur.
Quare aut negandum nobis disparia esse iucunda aut, quoniam necesse est confiteri, dicendum verborum dissimilitudinem, quae sit in consuetudine, non esse vitandam.
[15, 30] Perci? se, come nella confezione dei vestiti e nella costruzione delle case, come anche nelle suppellettili, nel cibo e in tutte le altre cose che sono accolte fra noi per gli usi della vita, domina la disformit?, anche nel linguaggio, che ? stato inventato per utilit? nostra, non si deve respingere l'anomalia.
[16, 31] Obietter? qualcuno che duplice ? il fine; due sono le mete naturali che ci proponiamo di raggiungere in quello che ci serve per la vita: l'utilit? e l'eleganza. Ch? noi non vogliamo vestirci solo per ripararci dal freddo, ma anche per andar vestiti bene; non vogliamo avere una casa solo per essere al riparo ? al sicuro, cose a cui ci costringe la necessit?, ma anche una casa dove ci si possa intrattenere piacevolmente; non avere servizi da tavola che siano soltanto utili per il cibo, ma anche di forma bella e artistica. Una cosa ? ci? che soddisfa i bisogni dell'uomo, un'altra cosa ? ci? che soddisfa il suo buon gusto. Per un uomo assetato basta un bicchiere qualsiasi; per un uomo raffinato non basta, se non ? bello. Va bene, ma quando dalla considerazione di ci? che ? utile si passa a quella di ci? che ? piacevole, si vede tuttavia che in ci? si prova spesso pi? piacere dalla variet? che non dalla uniformit?.
Per cui o si deve negare che ci piace la variet? delle cose o, dato che questa ? la conclusione necessaria, si deve ammettere che non si pu? evitare la disformit? del linguaggio che vige nell'uso.
Tradd. A. Traglia
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• TERENZIO Re: TERENZIO
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