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bukowski
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Re: seneca
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Data:
27/12/2003 10.33.21
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Seneca, Lettere a Lucilio, 81 passim (ti posto la traduzione fino ad un certo punto, dato che m?hai dato il punto iniziale del brano, ma non quello finale).
[7] 'Hoc certe' inquis 'iustitiae convenit, suum cuique reddere, beneficio gratiam, iniuriae talionem aut certe malam gratiam.' Verum erit istud cum alius iniuriam fecerit, alius beneficium dederit; nam si idem est, beneficio vis iniuriae extinguitur. Nam cui, etiam si merita non antecessissent, oportebat ignosci, post beneficia laedenti plus quam venia debetur. [8] Non pono utrique par pretium: pluris aestimo beneficium quam iniuriam. Non omnes esse grati sciunt: debere beneficium potest etiam inprudens et rudis et unus e turba, utique dum prope est ab accepto, ignorat autem quantum pro eo debeat. Uni sapienti notum est quanti res quaeque taxanda sit. Nam ille de quo loquebar modo stultus, etiam si bonae voluntatis est, aut minus quam debet aut <alio quam debet> tempore aut quo non debet loco reddit; id quod referendum est effundit atque abicit. [9] Mira in quibusdam rebus verborum proprietas est, et consuetudo sermonis antiqui quaedam efficacissimis et officia docentibus notis signat. Sic certe solemus loqui: 'ille illi gratiam rettulit'. Referre est ultro quod debeas adferre. Non dicimus 'gratiam reddidit'; reddunt enim et qui reposcuntur et qui inviti et qui ubilibet et qui per alium. Non dicimus 'reposuit beneficium' aut 'solvit': nullum nobis placuit quod aeri alieno convenit verbum. [10] Referre est ad eum a quo acceperis rem ferre. Haec vox significat voluntariam relationem: qui rettulit, ipse se appellavit. Sapiens omnia examinabit secum, quantum acceperit, a quo, <quare,> quando, ubi, quemadmodum. Itaque negamus quemquam scire gratiam referre nisi sapientem, non magis quam beneficium dare quisquam scit nisi sapiens -- hic scilicet qui magis dato gaudet quam alius accepto.
7 "Ma," ribatti, "? pi? giusto ricambiare ciascuno come si merita, il benefattore con la riconoscenza, chi ci ha offeso con la legge del taglione o almeno con il rancore." Questo sar? vero se chi ci ha fatto del male e chi ci ha beneficato non sono la stessa persona; in caso contrario il beneficio annulla il male. Se era giusto perdonare a chi ci fa del male, anche se non c'erano meriti precedenti, gli si deve pi? che il perdono se ci danneggia dopo che ci ha fatto del bene. 8 Per me beneficio e offesa non hanno il medesimo valore: valuto di pi? l'uno che l'altra. Non tutti sanno dimostrarsi grati: anche un uomo qualsiasi, sciocco e rozzo, pu? sentirsi obbligato, soprattutto se il favore l'ha ricevuto da poco; ignora, per? in che misura deve esserlo. Solo il saggio sa quanto e che cosa bisogna valutare. Lo sciocco di cui parlavo ora, anche se ha buona volont?, ricambia in misura minore al dovuto, oppure non ricambia a luogo e tempo debito; cos? spreca e getta via la sua riconoscenza. 9 Per certi soggetti esistono vocaboli straordinariamente appropriati, e un'antica consuetudine linguistica designa taluni concetti con termini efficacissimi volti a indicare i doveri. Noi almeno diciamo abitualmente: "Gli ha ricambiato il favore." Ricambiare significa dare di propria iniziativa quanto ? dovuto. Non diciamo: "Ha restituito il favore", perch? restituiscono anche quelle persone che lo fanno su richiesta o contro voglia o quando pare a loro o per mezzo di un altro. Non diciamo: "Ha reso il favore" o "Ha pagato il suo debito": non ci piacciono le parole che si adoperano per i debiti. 10 Ricambiare ? restituire il favore a chi te l'ha fatto. Questa parola indica un rapporto spontaneo: chi ha ricambiato, ha fatto appello a se stesso. Il saggio esaminer? fra s? tutto quanto ha ricevuto, da chi, il motivo, il momento, il luogo e la maniera. Perci? sosteniamo che solo il saggio sa ricambiare il favore, come ? il solo che lo sa fare; egli certo gode a farlo pi? di quanto un altro goda a riceverlo.
Fonte: www.bibliomania.it
saluti
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• seneca Re: seneca Re: seneca
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