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Mittente:
bukowski
Re: Quintiliano   stampa
Data:
27/12/2003 11.59.26




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Quintiliano, Istituzione oratoria, I, 1 passim

VI. In parentibus vero quam plurimum esse eruditionis optaverim. Nec de patribus tantum loquor: nam Gracchorum eloquentiae multum contulisse accepimus Corneliam matrem, cuius doctissimus sermo in posteros quoque est epistulis traditus, et Laelia C. filia reddidisse in loquendo paternam elegantiam dicitur, et Hortensiae Q. filiae oratio apud triumviros habita legitur non tantum in sexus honorem. VII. Nec tamen ii quibus discere ipsis non contigit minorem curam docendi liberos habeant, sed sint propter hoc ipsum ad cetera magis diligentes. VIII. De pueris inter quos educabitur ille huic spei destinatus idem quod de nutricibus dictum sit. De paedagogis hoc amplius, ut aut sint eruditi plane, quam primam esse curam velim, aut se non esse eruditos sciant. Nihil est peius iis qui paulum aliquid ultra primas litteras progressi falsam sibi scientiae persuasionem induerunt. Nam et cedere praecipiendi partibus indignantur et velut iure quodam potestatis, quo fere hoc hominum genus intumescit, imperiosi atque interim saevientes stultitiam suam perdocent. IX. Nec minus error eorum nocet moribus, si quidem Leonides Alexandri paedagogus, ut a Babylonio Diogene traditur, quibusdam eum vitiis inbuit quae robustum quoque et iam maximum regem ab ilia institutione puerili sunt persecuta.

6. Auspicherei che nei genitori ci fosse il maggior livello possibile di cultura. E non mi riferisco soltanto ai padri: sappiamo infatti che un contributo significativo all'eloquenza dei Gracchi fu dato dalla madre Cornelia, il cui eloquio forbitissimo ? stato trasmesso anche ai posteri grazie alle sue lettere. E si dice che Lelia, la figlia di Caio, abbia fatto rivivere l'eleganza paterna nel parlare; il discorso tenuto davanti ai triumviri da Ortensia, figlia di Quinto, si legge ancora, e non solo per una forma di ossequio al suo sesso. 7. E non trascurino l'educazione dei figli coloro che non hanno a loro volta avuto modo di studiare: anzi, proprio per questo siano pi? attenti a tutto il resto.
8. In merito ai ragazzi insieme ai quali sar? istruito il giovane che ? oggetto delle nostre speranze, valga ci? che si ? detto a proposito delle nutrici. Quanto ai pedagoghi, auspicherei, in pi?, o che fossero particolarmente colti ? e questa ? la cosa che dovrebbe importare maggiormente -, oppure che fossero consapevoli di non esserlo. Non c'? nulla di pi? pericoloso di coloro che, avendo compiuto qualche progresso al di l? dei primi rudimenti dell'alfabeto, si siano falsamente persuasi di essere sapienti. Infatti si irritano quando devono lasciare il posto ad altri che siano incaricati di insegnare e, come per una sorta di diritto potestativo per cui questo genere di persone diventa tronfio, perseverano nel trasmettere la loro ignoranza con fare tirannico e a volte anche con accanimento. 9. N? minore ? il danno che arrecano da un punto di vista morale, se ? vero che - come racconta Diogene di Babilonia - il pedagogo di Alessandro, Leonida, gli impresse alcuni vizi che poi, per colpa di quell'educazione ricevuta da bambino, lo accompagnarono anche una volta cresciuto e divenuto ormai sommo sovrano.

Trad. S. Beta


Quintiliano, Istituzione oratoria, II, 10 passim

Eo quidem res ista culpa docentium reccidit ut inter praecipuas quae corrumperent eloquentiam causas licentia atque inscitia declamantium [4] fuerit: sed eo quod natura bonum est bene uti licet. Sint ergo et ipsae materiae quae fingentur quam simillimae ueritati, et declamatio, in quantum maxime potest, imitetur eas [5] actiones in quarum exercitationem reperta est. Nam magos et pestilentiam et responsa et saeuiores tragicis nouercas aliaque magis adhuc fabulosa frustra inter sponsiones et interdicta quaeremus. Quid ergo? numquam haec supra fidem et poetica, ut uere dixerim, themata iuuenibus tractare permittamus, ut expatientur et gaudeant materia et quasi in [6] corpus eant? Erat optimum, sed certe sint grandia et tumida, non stulta etiam et acrioribus oculis intuenti ridicula, ut, si iam cedendum est, impleat se declamator aliquando, dum sciat, ut quadrupedes, cum uiridi pabulo distentae sunt, sanguinis detractione curantur et sic ad cibos uiribus consersanuandis idoneos redeunt, ita sibi quoque tenuandas adipes, et quidquid umoris corrupti contraxerit emittendum si esse [7] sanus ac robustus uolet. Alioqui tumor ille inanis primo cuiuscumque ueri operis conatu deprehendetur.

3. Per colpa degli insegnanti ? successo per? che tra le cause principali che hanno determinato la corruzione dell'eloquenza ci siano state l'eccessiva libert? e l'ignoranza degli oratori. Questo non toglie che si possa fare un uso corretto di ci? che per sua natura ? positivo. 4. Gli argomenti che si simulano siano pertanto il pi? possibile simili alla verit?, e la declamazione imiti il pi? possibile le cause per le quali ? stata studiata come esercizio. 5. Faremo infatti fatica a trovare, nei processi per sponsio o per interdictum pretorio, maghi, pestilenze, oracoli e matrigne pi? crudeli di quelle dei tragici e altre fantasticherie ancora pi? clamorose. E allora?
Non dovremmo permettere mai ai ragazzi di trattare questi argomenti che vanno al di l? della realt? (e che, a onor del vero, sono propri della poesia), perch? vi scorrazzino, se ne divertano e "si facciano le ossa"? 6. Sar? la scelta migliore, ma a patto che i temi siano importanti ed enfatici e non anche futili e ridicoli agli occhi di chi osservi con attenzione: in modo tale che, se lo si deve permettere, il declamatore riesca a saziarsi una volta per tutte, purch? sappia che, come i quadrupedi gonfiatisi al verde pascolo vengono curati cavando loro il sangue e poi tornano a cibi adatti a conservare le energie, cos? anche lui dovr? perdere del grasso ed espellere i liquidi corrotti che abbia ritenuto, se terr? alla salute e alla forza. 7. Diversamente, quell'enfasi vuota verr? smascherata al primo tentativo di affrontare una qualsiasi causa reale.

Trad. S. Beta


Non c?? di che. Saluti.
  Quintiliano
      Re: Quintiliano
 

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