Data:
21/01/2004 21.04.25
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Seneca, L?ira, III, 11
Non conviene tutto vedere, tutto ascoltare: molte ingiurie ci passano accanto inosservate, e di queste, le pi? non accoglie chi le ignora. Non vuoi essere irascibile? non essere curioso. Chi indaga su ci? che ? stato detto contro di lui, chi i discorsi malevoli, anche se sono stati tenuti a quattr'occhi, li scava fuori, da solo si mette in inquietudine. Certe cose, l'interpretazione le porta al punto che sembrino ingiurie: pertanto, alcune cose bisogna rimandarle, altre deriderle, altre condonarle. 2. Bisogna ingannarla in altri modi, l'ira; la maggior parte dei motivi sia volta al divertimento e allo scherzo. Di Socrate, raccontano che, colpito da un pugno, non abbia detto altro se non: ? ? spiacevole che gli uomini non sappiano quando debbono uscire con l'elmo?. 3. Non in che modo sia stata fatta l'ingiuria importa, ma in che modo sia stata sopportata, e non vedo perch? difficile sia la moderazione, sapendo che anche i caratteri dei tiranni, gonfi per la loro condizione e per l'eccessivo potere, hanno frenato la crudelt?, che era loro familiare. 4. Sicuro ? che di Pisistrato, tiranno d'Atene, si racconta che, avendo un convitato ubriaco detto molte cose contro la sua crudelt? e non mancando coloro che volevano offrirgli le proprie mani, e da una parte uno, dall'altra un altro mettendogli sotto fiaccole, con animo placido egli lo sopport?, e a coloro che lo stuzzicavano rispose, che con quella persona non si adirava di pi?, che se qualcuno con gli occhi bendati si fosse scontrato con lui.
Trad. G. Viansino
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