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Mittente:
bukowski
Re: Cicerone, De Re publica   stampa
Data:
22/02/2004 13.42.56




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Cicerone, Repubblica, I, 39-41 passim

(39) Est igitur, inquit Africanus, res publica res populi, populus autem non omnis hominum coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus. eius autem prima causa coeundi est non tam inbecillitas quam naturalis quaedam hominum quasi congregatio; non est enim singulare nec solivagum genus hoc, sed ita generatum ut ne in omnium quidem rerum affluen<tia>
(*****)
idque ipsa natura non invitaret solum sed etiam cogeret.
(40) ***
(41) (Scipio) <quae>dam quasi semina, neque reliquarum virtutum nec ipsius rei publicae reperiatur ulla institutio.
Hi coetus igitur hac de qua eui causa instituti, sedem primum certo loco domiciliorum causa constituerunt; quam cum locis manuque saepsissent, eius modi coniunctionem tectorum oppidum vel urbem appellaverunt, delubris distinctam spatiisque communibus. omnis ergo populus, qui est talis coetus multitudinis qualem eui, omnis civitas, quae est constitutio populi, omnis res publica, quae ut dixi populi res est, consilio quodam regenda est, ut diuturna sit. id autem consilium primum semper ad eam causam referendum est quae causa genuit civitatem. (42) deinde aut uni tribuendum est, aut delectis quibusdam, aut suscipiendum est multitudini atque omnibus. quare cum penes unum est omnium summa rerum, regem illum unum vocamus, et regnum eius rei publicae statum. cum autem est penes delectos, tum illa civitas optimatium arbitrio regi dicitur. illa autem est civitas popularis - sic enim appellant -, in qua in populo sunt omnia. atque horum trium generum quodvis, si teneat illud vinculum quod primum homines inter se rei publicae societate devinxit, non perfectum illud quidem neque mea sententia optimum, sed tolerabile tamen, et aliud <ut> alio possit esse praestantius. nam vel rex aequus ac sapiens, vel delecti ac principes cives, vel ipse populus, quamquam id est minime probandum, tamen nullis interiectis iniquitatibus aut cupiditatibus posse videtur aliquo esse non incerto statu.

XXV "? dunque" disse l'Africano "la repubblica la cosa del popolo. Non ? popolo una qualsiasi riunione d'uomini comunque messa insieme, ma quella riunione d'uomini che diventa societ? per il riconoscimento di un diritto comune e di un comune pratico scopo. E la causa prima di questa riunione ? non tanto la debolezza dei singoli quanto una naturale inclinazione degli uomini a vivere insieme. Il genere umano non ? fatto di solitari e di solivagi ma di esseri generati in modo che anche se avessero la pi? grande abbondanza di beni
....
(Manca il secondo foglio del quaderno IX)
XXVI (Scipione): "tutte le cose eccellenti hanno un qualche fondamento naturale tanto che n? le virt? n? la societ? riposano su d'una semplice convenzione. E quelle societ?, formatesi per le ragioni che ho gi? esposte, si scelsero dapprima una sede fissa per il loro domicilio e questo luogo, fortificato dalla loro arte e dalla natura e raggruppante insieme tutte le case, dopo averlo diviso con piazze e avervi costruiti i templi, chiamarono castello o citt?. Ogni popolo dunque, cio? quella particolare riunione di gente ch'io vi ho gi? definita: ogni Stato, cio? il particolare assetto politico d'un popolo: ogni Repubblica, effe com'ho detto, ? del popolo il bene comune, ha bisogno, se vuol durare, d'un governo intelligente. E questa intelligenza di governo va riferita, innanzi tutto, alla causa cui lo Stato deve la sua origine. Il governo dev'essere quindi affidato o ad uno solo o ad una scelta di cittadini o a tutta la moltitudine: per cui, quando tutto il potere si riassume in un uomo solo, quell'unico governante noi chiamiamo "re" e chiamiamo "regno" il suo Stato. Quando, invece, ci sia una scelta di governanti, allora si dice che quello ? retto da un'aristocrazia. Ed ?, infine, uno Stato democratico - come si suol dire - quello in cui tutto il potere ? nelle mani del popolo. E ognuna di questi tre generi di costituzione, purch? sappia mantenere il vincolo che primo riun? gli uomini in una societ? politica, per quanto imperfetto esso genere sia e mai del tutto buono a mio parere, pu? esser tuttavia tollerabile; e, a seconda dei tempi, una di queste costituzioni pu? anche essere preferibile ad un'altra. Si tratti d'un re giusto e saggio d'una oligarchia o dello stesso popolo (bench? di quest'ultimo ci sia da fidarsi meno che d'ogni altro), purch? non ci sieno n? ingiustizie n? passioni, lo Stato pu? sempre continuare a reggersi.

Fonte: www.bibliomania.it
  Cicerone, De Re publica
      Re: Cicerone, De Re publica
         Re: Cicerone, De Re publica
 

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