L’età
aurea: gli Antonini.
L’età aurea è caratterizzata dalla successione adottiva
degli imperatori che, come si è detto, viene ascritta da Tacito
a Galba per un discorso da questi pronunciato in occasione dell’adozione
di Pisone. Ogni imperatore adotta il suo successore davanti al Senato
e con il consenso del Senato.
Nerva
Sotto Nerva – anziano Senatore eletto con l’iniziale opposizione
dei pretoriani – si ebbe l’ultima attività legislativa
delle assemblee. Egli cercò la conciliazione con il Senato, limitò
la pratica dei processi per
maiestas, fece applicare con minore
rigore le leggi di Domiziano contro i cristiani e operò una politica
di sgravi fiscali.
Traiano
Traiano, adottato da Nerva, era spagnolo e fu il primo provinciale assurto
alla dignità imperiale. Integrò il Senato con provinciali
e concesse la cittadinanza a tutta la parte occidentale dell’impero.
Riprese la politica espansionistica tant’è che sotto di lui
l’impero conobbe la sua massima espansione con la conquista della
Dacia, dell’Armenia, della Mesopotamia e della Siria. Le conquiste
in occidente segnarono una forte ripresa dei traffici commerciali e infatti,
in questo periodo, si svilupparono il diritto della navigazione e quello
delle obbligazioni contrattuali.
Con Traiano abbiamo il primo documento imperiale che si occupa dei Cristiani.
Plinio il giovane, in qualità di governatore della provincia d’Asia,
chiede all’imperatore come comportarsi con i Cristiani. Traiano
risponde che il governatore deve agire solo su denuncia e che i Cristiani
vanno condannati non in quanto tali, ma per aver commesso reati comuni
o per essersi rifiutati di far sacrifici davanti all’immagine dell’imperatore.
Adriano
Con Adriano si ha la maggiore concentrazione di poteri nelle mani del
principe. Egli fu alieno da conquiste esterne e si limitò a fortificare
i confini. Egli tentò un avvicinamento tra il mondo occidentale
e quello orientale; fu il primo imperatore filosofo, ammiratore della
cultura greca.
Con Adriano l’editto perpetuo divenne definitivo, codificato dal
giurista Salvio Giuliano nel 130: è la fine dello
ius honorarium.
Cessata l’attività normativa del pretore, rimasero quella
del Senato e quella dell’imperatore, senza dubbio più importante,
consistente nelle costituzioni. Quest’ultime vengono a specificarsi
in una tipologia definitiva:
- gli editti, disposizioni a carattere generale valide per
tutto l’impero;
- i mandati, ordini a funzionari e a magistrati in campo
amministrativo e penale;
- i rescritti e le epistole, risposte date dall’imperatore
a domande scritte rivolte rispettivamente da magistrati e da privati;
- i decreti, decisioni dell’imperatore in un processo
su domanda delle parti, dei magistrati o di propria iniziativa.
In Italia la giurisdizione venne divisa fra quattro
consulares
che si occupavano della giustizia amministrativa e civile.
Antonino Pio e Marco Aurelio
Il successore di Adriano,
Antonino Pio, si limita a continuare
l’opera del suo predecessore salvo l’abolizione dei
consulares.
Maggiore importanza riveste
Marco Aurelio [
nel riquadro],
imperatore e filosofo per eccellenza. Sotto di lui viene codificato l’Editto
provinciale che diventa la fonte unica del diritto per tutte le province.
Egli introdusse al posto dei
consulares cinque
iuridici
con il compito di amministrare la giustizia civile. Alla morte di Marco
Aurelio, nel 180, gli succederà il figlio
Commodo
– anziché il suo associato Lucio Vero che morì nel
168 – e si perderà così il principio della successione
adottiva.
L’ordinamento
giudiziario e i giuristi nel principato.
In quest’epoca si assesta la riforma dell’ordinamento giudiziario
iniziata da Augusto. Mentre in età repubblicana esistevano varie
forme di repressione criminale, nell’età imperiale si afferma
la
cognitio extra ordinem quale tipo di
repressione criminale
proprio del principato. Le leggi istitutive delle
quaestiones perpetuae
sono leggi processuali: esse definiscono molto sinteticamente l’oggetto
del reato e fissano un rito processuale particolare per ciascuna
quaestio.
Tuttavia la
quaestio è un organo giudiziario che può
funzionare solo a Roma mentre adesso i cittadini romani sono ormai in
tutta Europa: cambia perciò il rito processuale che va unificandosi:
i reati politici vengono assunti sotto la competenza del Senato; nelle
province, la giurisdizione civile viene esercitata dai funzionari imperiali,
in Italia dai
consulares e in seguito dagli
iuridici.
Con l’unificazione dei riti processuali, delle leggi istitutive
delle
quaestiones perpetue rimangono in vigore solo le definizioni
dei reati, arricchite e specificate per mezzo dei Senatoconsulti. Una
volta che la
quaestio perpetua esiste solo come ipotesi di reato,
decade il sistema accusatorio proprio dell’età repubblicana:
ora il cittadino può solo sporgere denuncia al magistrato imperiale,
che apre un’inchiesta. L’unificazione dei riti processuali
rende inoltre possibile la contestazione di più reati davanti allo
stesso organo giudicante; avviene anche una dilatazione enorme del concetto
di interesse pubblico: così l’azione civile viene assorbita
in parte da quella criminale.
Nel campo del diritto privato, come si è detto, l’ingresso
della
cognitio extra ordinem provoca la decadenza del processo
formulare: la formula viene sostituita dal c.d.
libello, cioè
da un documento scritto presentato dall’attore al magistrato.
Riguardo alla giurisprudenza assistiamo ad un cambiamento di tendenza:
non si mira più a creare concetti giuridici attraverso un processo
diairetico, ma si esalta la casistica. Ormai l’evoluzione del diritto
dipende dalle costituzioni imperiali a dall’opera di interpretazione
e armonizzazione dei giuristi che fanno parte del
consilium principis.
Tuttavia, attraverso quest’ultimo organo, ai giuristi non è
dato solo di interpretare, bensì di
creare norme.
I Severi.
L’età dei Severi è un periodo di transizione in
cui si conclude il Principato e si preannunzia il Dominato. Nell’età
dei Severi, le fonti normative romane tradizionali si vanno perdendo:
restano solo le costituzioni imperiali. Anche l’epoca classica
della giurisprudenza, iniziata con Augusto, volge al termine. L’unica
opera della giurisprudenza del Principato che ci sia giunta direttamente
sono le “Istitutiones” di Gaio: si tratta di una
breve opera di esposizione, in forma scarsamente problematica, degli
istituti privatistici del diritto romano.
Il giurista di quest’epoca non crea mezzi tecnici nuovi, ma partecipa,
mediante il consilium principis, alla stesura delle costituzioni.
Può inoltre emanare responsi, scrivere libri di diritto civile,
digesti, commentari all’Editto, monografie e institutiones.
La giurisprudenza è ora una vera e propria fonte normativa, che
si affianca alle costituzioni imperiali. Tuttavia dopo Ulpiano l’attività
giurisprudenziale viene improvvisamente a cessare: ciò è
dovuto alla difficoltà in cui viene a trovarsi il giurista di
fronte al continuo gettito delle costituzioni imperiali spesso anche
contraddittorie fra loro.
Dopo l’epoca dei Severi si sentirà l’esigenza della
codificazione, al fine di contenere la dispersività delle costituzioni.
Commodo, Pertinace e Didio Giuliano
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Con
Commodo [
nel riquadro], figlio di Marco Aurelio,
viene a cadere il principio secondo cui l’esercito deve essere composto
solo da cittadini e provinciali e vengono arruolati circa 20.000 barbari.
Dopo
Pertinace, acclamato dal Senato e dai pretoriani,
e
Didio Giuliano, ricco banchiere che comprò il
governo, fu la volta di Settimio Severo, primo imperatore della dinastia
dei Severi.
Settimio Severo
Settimio Severo, legato della Pannonia, scese a Roma dalla sua provincia,
sconfisse i suoi avversari e venne acclamato imperatore dalle sue truppe.
Egli dette una connotazione nuova alla carica imperiale: volle essere
dominus. Non aveva fiducia nei pretoriani italici; tutta l’Italia
venne equiparata, dal punto di vista amministrativo, alle altre province.
Settimio Severo si oppose fortemente alla diffusione dell’Ebraismo
e del Cristianesimo, tanto da emanare un dogma (
editto) contro
il proselitismo cristiano e giudaico: nonostante questo,
il
Cristianesimo si diffonde notevolmente. Settimio morì durante
una spedizione in Britannia.
Caracalla
Caracalla, dopo aver fatto uccidere il fratello Geta nominato con lui
successore dal padre Settimio, fu il nuovo imperatore. Il suo primo
atto importante è la
Constitutio Antoniniana del 212,
con la quale si concedeva la cittadinanza Romana a
tutti coloro che risiedevano entro i confini dell’Impero: dopo l’
errori
causa probatio di Adriano e il diritto di connubio concesso da
Settimio a tutti i soldati degli eserciti provinciali con cui le donne
peregrine acquistavano la cittadinanza, la
Constituitio Antoniniana
era indispensabile. Il problema fondamentale della
Constitutio Antoniniana
stava nell’applicazione del diritto romano ai territori orientali:
si cercò da un lato di rispettare le usanze locali, dall’altro
si recepirono nel diritto romano
istituti nuovi.
Macrino, Elagabalo e Alessandro Severo
Dopo la morte di Caracalla vi fu un breve periodo di
interregno Senatorio.
Fu poi eletto imperatore
Macrino che per primo abrogò
alcuni decreti imperiali. Il suo successore,
Elagabalo,
operò una eticizzazione della titolatura imperiale: preferì
i titoli di Pius e Felix ai “
cognomina ex virtute”
derivati dai nomi dei popoli vinti, e in genere seguì una politica
di rottura nei confronti della tradizione romana tentando una sorta di
“orientalizzazione”. Ucciso Elagabalo dai pretoriani, gli
successe
Alessandro Severo [
nel riquadro], ultimo
esponente della dinastia dei Severi. Egli riassunse subito i
cognomina
ex virtute e seguì una politica reazionaria, che accentuò
l’importanza dell’esercito e dell’elemento italico nella
compagine statale ma che finì per travolgerlo. Affiorano in questo
periodo le tendenze autonomistiche e nazionalistiche provinciali, causate
anche dalla crisi economica e monetaria che ha come effetto la formazione
delle economie locali.
Organi
ed istituzioni del principato.
Gli organi repubblicani che più rapidamente decaddero furono le
assemblee popolari, per un duplice ordine di motivi:
- in primo luogo si dimostrarono l’organo meno adatto per
l’assiduo controllo che intendeva esercitare il principe;
- in secondo luogo, già nella tarda Repubblica, la loro funzione
non riusciva ad essere sovrana nella misura in cui i comizi avevano
come massa votante la sola plebs urbana, essendo gli altri
cittadini dell’impero troppo lontani per parteciparvi.
Le loro funzioni vennero, durante il principato, quasi completamente
abolite e quelle che sopravvissero si presentarono come un mero simulacro,
necessario per far tacere gli scrupoli legalitari sul fondamento del
potere dei magistrati e del principe. Per quanto riguarda il
Senato,
i suoi poteri furono – seppure formalmente – addirittura
estesi:
- ai senatoconsulti si riconobbe efficacia normativa;
- il Senato ebbe un limitato esercizio della giurisdizione penale.
In realtà, le continue ingerenze dell’imperatore sul numero
dei senatori, sull’elezione dei nuovi senatori e sull’attività
complessiva del collegio senatoriale, sminuirono progressivamente anche
il prestigio del massimo organo repubblicano.
Con il principato venne fissata rigidamente la
carriera magistratuale,
e fu necessario osservare tutti i gradi del
certus ordo delle
magistrature. Le magistrature inferiori, ormai svuotate di significato,
sopravvissero solo per consentire il passaggio a quelle superiori. Anche
queste avevano perso il loro significato, ma aprivano la via al governo
delle province e alla copertura delle cariche create dall’ordinamento
imperiale. Conservarono vitalità i pretori, la cui funzione rimase
sostanzialmente immutata.