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profilo essenziale di storia del diritto romano

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L'ETA' REPUBBLICANA/1
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Racconto tradizionale circa la caduta della monarchia.

Nel 509, secondo la tradizione, si passa dalla monarchia alla Repubblica. Secondo alcuni (Arangio Ruiz) tale passaggio fu lento e graduale e il re divenne “sommo sacerdote” (rex sacrorum). Oggi si ritiene comunemente che il passaggio alla Repubblica fu traumatico. La tradizione parla di un oltraggio ad una matrona da parte di Tarquinio il Superbo e di una conseguente rivolta popolare. Questa sarebbe stata
Lucrezia
seguita immediatamente dall’elezione della prima coppia consolare, che avrebbe mantenuto ogni prerogativa regia (imperium) con in più il diritto di veto sulle decisioni del collega. In realtà, nel 524 ad Ariccia vi fu una battaglia che segnò il declino irreversibile degli etruschi. Roma – con la cacciata dei Re – si scrollò di dosso il dominio regio di origine etrusca, estraneo ai propri schemi politici. In quest’ottica vanno visti gli scontri con Porsenna, re di Chiusi, che cercava di ripristinare a Roma la monarchia sostenuto dalla plebe urbana, da sempre monarchica e antiaristocratica.

Le secessioni della plebe. Nel 494 il contrasto tra patrizi e plebei causò la creazione dei tribuni della plebe: è la prima secessione plebea. La plebe faceva giuramento (sacramentum) ai suoi magistrati (tribuni plebis) e creava le leggi sacrate.
In età monarchica i tribuni erano esistiti come tribuni militum, le forme di magistrati più vicine al popolo. La plebe si impegnava a difendere in armi i propri magistrati (coniuratio). I tribuni portavano aiuto alla plebe (auxilium) minacciando nuove secessioni e con il potere di intercessio. La prima secessione si concluse con l’ambasceria di Menenio Agrippa. Oltre a nuove terre e al riconoscimento delle proprie magistrature i plebei chiedevano l’accesso a tutte le magistrature dello Stato e l’abolizione del connubium.

Il decemvirato e le leggi delle XII tavole. Nel 451 sarebbero state soppresse, secondo la tradizione, tutte la magistrature, e sarebbe stato creato, su proposta del tribuno Trentilio Arsa, un collegio di 10 magistrati con il compito di legiferare (decemviri legibus scribundis). L’anno successivo, in un secondo collegio, sarebbero stati eletti anche alcuni plebei, ma a causa del loro comportamento tirannico i secondi decemviri sarebbero stati rovesciati. Lo scopo delle leggi delle XII tavole – opera dei decemviri – era quello di mettere alla pari tutte le classi dei cittadini: infatti le leggi contenute nelle tavole non erano nuove, ma essendo scritte erano certe. Quanto alla natura del decemvirato, secondo il De Martino si tratterebbe di una magistratura permanente, e perciò avrebbe preso il posto dei consoli e dei tribuni della plebe. Le XII tavole si possono dividere per argomenti:

TAVOLA ARGOMENTO
I,II e III Processo
IV Diritto di famiglia
V Eredità
VI Negozi giuridici
VII Norme sulla proprietà immobiliare
VIII e IX Delitti e processo criminale
X Norme di carattere Costituzionale
XI e XII Appendici


La prima legge delle tavole riguarda l’estinzione del debito e la punizione del debitore moroso (con garanzie per il debitore). Seguono leggi che riguardano l’emancipazione dei figli, la manus sulla moglie, la tutela di minori e incapaci, l’interpretazione restrittiva degli atti del contratto, la mancipatio e la in iure cessio. Vi sono poi leggi sui piccoli fondi, contro i procedimenti magici, contro il furto e l’omicidio, sulla sovranità del popolo.
Le norme a carattere costituzionale riguardano:
  • una legge sui rapporti tra patrono e cliente;
  • una legge contro l’irrogazione di privilegi;
  • una legge che attribuisce alla decisioni del popolo valore di legge;
  • una legge sulla provocatio ad populum.
Dalle leggi Valerie Orazie alle leggi Licinie Sestie. Le leggi Valerie Orazie – dal nome dei consoli del 449 – sono favorevoli alla plebe:
  • lex de provocatione: le magistrature ordinarie si ricostituiscono e va ribadito il principio della provocatio;
  • lex de tribunicia potestate: il patriziato accetta tale magistratura;
  • lex de plebiscitis: per la quale hanno valore di legge le deliberazioni del “concilium plebis” accolte dal Senato (sicuramente falsa);
  • una legge che affida agli edili plebei il controllo dei Senatoconsulti.
Con la successiva legge Canuleia del 445 cadono le tavole inique e si attua l’unità cittadina. Dal 449 al 367
togatus
non vi fu il consolato, che fu sostituito dal collegio dei tribuni militum con potestà consolare, tra i quali due erano eponimi (i loro nomi cioè, venivano scritti nei fasti capitolini).
A partire dal 367 esistono per la storia del diritto romano dati sicuri.
Le leggi Licinie Sestie del 367 reintroducono il consolato – al quale venivano ammessi ora anche i plebei – introducono la nuova magistratura della pretura, stabiliscono l’estensione di agro pubblico che ogni privato può possedere, e dettano norme riguardanti l’aes alienum. Si è ormai arrivati alla completa fusione della classe dirigente patrizia con quella plebea: nasce così la nobilitas che sarà comunque una casta chiusa.
Vediamo più da vicino le leggi Licinie Sestie:
  • la prima legge stabilisce definitivamente che gli auspici possono essere presi anche da plebei: anche se la divisione delle due cariche non fu sempre rispettata, il principio era stato posto;
  • la legge sui debiti (aes alienum) fa parte di una lunga serie che si concluderà nel 326 con la lex Petelia Papiria (che abrogherà la schiavitù per i debiti);
  • la legge sull’agro pubblico vietava di occupare una misura di agro pubblico superiore a 500 iugeri a persona (+250 per ogni figlio maschio), ma fu spesso frodata;
  • la legge sul pretore riserva al mondo patrizio l’esercizio dell’attività giurisdizionale. Il potere del pretore si basa sulle leges actiones. Esse sono quattro:
    1. la legis actio sacramento e per iudicis arbitrive postulationem, a carattere cognitorio;
    2. per manus iniectionem e per pignoris capionem, a carattere esecutivo.
    Il tentativo di far rimanere le formule giudiziarie nell’ambito gentilizio terminò nel 337 con l’elezione alla pretura del plebeo Publio Filone.

Magistrature importanti furono poi i censori, gli edili e i questori. Quanto al tribunato, esso non era ormai altro che il primo gradino della carriera politica. Con il principio della collegialità, infatti, la carica contestataria del tribunato decadde, perché, potendo ogni tribuno opporre il veto alle proposte di un collega, all’aristocrazia bastava controllarne uno. I magistrati supremi avevano la potestas e l’imperium:

  • la potestas era la facoltà di esprimere la propria volontà come la volontà dello Stato e si manifestava nei seguenti poteri:
    1. ius edicendi, cioè la facoltà di pubblicare nel foro gli edicta;
    2. ius agendi cum populo o cum plebe, la facoltà di convocare i comitia e i concilia;
    3. ius agendi cum patribus, la facoltà di convocare e presiedere il Senato;
  • l’imperium consisteva nella supremazia assoluta e comprendeva:
    1. il supremo comando militare;
    2. la potestà di fare la leva;
    3. il diritto di presentare proposte di legge al comizio;
    4. la facoltà di arrestare e punire cittadini;
    5. l’amministrazione della giustizia.

Organi e istituzioni dell'età repubblicana.

Le caratteristiche degli organi dell’ordinamento romano non devono essere intese come immutabili durante tutto il periodo repubblicano. Dal 367 al 283 si assiste infatti ad un periodo di assestamento caratterizzato dalla necessità di eliminare gli ultimi contrasti fra patrizi e plebei; tra il 283 e il 146 i vari organi di governo si armonizzarono e dettero vita al governo repubblicano; fra il 146 e il 27 la lunga crisi della repubblica determinò la corruzione e la scomparsa della armonia e dell’equilibrio del periodo precedente.
Il Senato nell’età repubblicana assume una posizione di notevole importanza: mentre teoricamente il suo parere non vincolava i magistrati, di fatto essi risultarono i meri esecutori di una volontà politica che si formava indipendentemente da loro nell’ambito senatorio. La trasformazione più importante del Senato riguardò il fatto che entrarono a farvi parte anche i plebei. Il numero normale di senatori fu di 300 finché Silla non li portò a 600. I poteri rimasero sostanzialmente immutati: tuttavia alcune leggi stabilirono che l’auctoritas patrum doveva precedere e non seguire la votazione comiziale delle leggi.
Le magistrature altro non furono che la prosecuzione e lo sviluppo di cariche che già si erano costituite nei momenti della crisi dello Stato Quiritario. Fra i magistrati si distinguevano i maiores, forniti di potestas e di imperium, e i minores, forniti della sola potestas. Quanto alle modalità di elezione, alla regola secondo cui “il magistrato crea il magistrato” si sostituì quella dell’elezione popolare dei magistrati.

I consoli. Fra tutte le magistrature il consolato emerge per il carattere illimitato delle sue competenze. I consoli sono forniti di imperium ma tale potere non è illimitato come quello regio bensì sottoposto a tutti quei vincoli propri di tutte le magistrature (annualità, collegialità, esistenza di altri magistrati, limiti della provocatio, ecc.). I consoli erano due, esercitavano il potere collegialmente, duravano in carica un anno e all’anno stesso davano il nome. Erano nominati dai comizi centuriati, presieduti da un magistrato con potere maggiore o uguale al loro, di regola il 15 marzo.

Le assemblee popolari. I comizi curiati ebbero attribuzioni di carattere religioso, anche perché continua-rono ad esistere solo per rispetto alla tradizione. I comizi centuriati mantennero la loro origine militare; vennero convocate dai magistrati cum imperio e si riunirono nel campus martius secondo rigorose formalità. Le loro attribuzioni furono:
  • l’elezione dei magistrati maggiori e la conferma dei censori;
  • la votazione delle leges centuriate;
  • lo iudicium nelle cause con condanna alla pena capitale.
I comizi tributi erano l’assemblea deliberativa dell’intero populus, ordinato per tribus, su convocazione e sotto la presidenza dei magistratus maiores. Le attribuzioni di tale assemblea furono:
  • la creatio dei magistrati minori e dei tribuni militum;
  • la votazione delle leges tributae;
  • il iudicium in alcune cause;
  • alcune attribuzioni religiose.
Infine, in epoca repubblicana, rimasero di preminente importanza i concilia plebis, cui si ricorse soprattutto per la votazione delle riforme agli istituti dello ius civile. Le attribuzioni furono:
  • l’elezione dei magistrati plebei;
  • la votazione dei plebiscita;
  • lo iudicium per i crimina passibili di mulcta.
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