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profilo essenziale di storia del diritto romano

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L'ETA' REPUBBLICANA/3
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I Gracchi.

Un periodo di grande sconvolgimento fu l’età graccana, che fu descritta da Diodoro, Appiano e Plutarco. Uno dei più importanti motivi di crisi della Roma di questo periodo consiste nell’espropriazione dei piccoli proprietari terrieri, cui aveva fatto seguito lo spopolamento delle campagne e la crisi demografica. La famiglia dei Gracchi si fa interprete delle istanze della plebe che più di chiunque scontava le conseguenze di tale crisi.
Nel 133 Tiberio Gracco, figlio di Tiberio Sempronio Gracco, viene eletto tribuno e presenta una legge sulla misura dell’agro pubblico secondo la quale quest’ultimo doveva essere diviso in lotti non superiori a 500 iugeri. Chi ne possedeva di più doveva restituirli affinché una commissione (detta “dei tresviri”) procedesse all’assegnazione a favore della plebe nullatenente. Il tribuno Ottavio oppose il proprio veto. Tiberio, non riuscendo a far togliere il veto, fece deporre Ottavio dall’Assemblea.
La legge viene quindi approvata ma la sua attuazione incontra mille difficoltà opposte per far terminare
I Gracchi
l’anno di carica di Tiberio che tuttavia, al termine del mandato, ripropone la sua candidatura. Questo fa scoppiare dei disordini in cui Tiberio trova la morte. A questo punto dovranno trascorrere dieci anni prima del secondo tribunato graccano.
Caio Gracco (123) si preoccupò di garantire una funzione costituzionale alla neonata ordo degli equites proponendo una legge sul trasferimento delle corti giudicanti dai Senatori ai cavalieri, assicurando così a quest’ultimi il compito di giudicare nelle quaestiones extra ordinem. Propose inoltre numerosissime altre leggi, tra le quali:
  • provvedimenti per la fondazione di nuove colonie;
  • legge sull’attribuzione delle sfere di competenza ai singoli consoli;
  • legge sull’organizzazione della provincia d’Asia;
  • legge che proponeva di concedere la cittadinanza romana ai latini e quella latina agli Italici;
  • legge “de repetundis”, l’unica rimastaci in materia criminale.
L’esperienza graccana si protrasse per i due tribunati del 123 e 122. Dopo i tentativi di far abrogare la lex Rubria, il Senato votò un provvedimento senza precedenti, il senatus consultum ultimum, che aboliva le garanzie costituzionali e dava ordine al console Lucio Opimio di operare la repressione dei tumulti. Roma fu occupata militarmente e i graccani, ritiratisi sull’Aventino, furono in gran parte uccisi, compreso Caio. La morte di Caio segna l’inizio effettivo delle guerre civili.


Mario e Silla.

Dopo la repressione graccana si assiste alla formazione della factio in seno alla nobilitas, un gruppo ristretto della classe dirigente che accentra tutte le magistrature e le posizioni di governo. I poteri dei tresviri vengono ridotti da tre leggi:
  1. una legge del 121 che abolisce il divieto di alienazione dei terreni distribuiti;
  2. la lex Toria del 111 che sancisce la definitività del possesso dell’ager publicus;
  3. una legge del 111 con cui si abolisce il vectigal.
Mario
Nel 106 Servilio Cepione reintroduce i Senatori nella quaestio de repetundis, la cui giuria deve essere quindi composta per metà da Senatori e per metà da cavalieri.
In seguito alla guerra di Numidia e all’ascesa al trono di Giugurta (figlio illegittimo del re di Numidia ma appoggiato da Roma), si creano in Roma due fazioni, una interventista – guidata dai cavalieri – e una non interventista – guidata dal Senato. Una strage di mercanti romani operata da Giugurta a Cirta fa scoppiare la guerra. Caio Mario – successo al comando delle operazioni in Numidia a Quinto Cecilio Metello – riesce a catturare Giugurta grazie anche all’aiuto del suo luogotenente Silla.
Contemporaneamente alla guerra in Numidia, le popolazioni barbare dei Cimbri e dei Teutoni invadono l’Italia settentrionale infliggendo una pesante sconfitta ai romani. Mario – che era stato eletto console – vide prolungato il suo mandato dal 104 al 101, anno in cui sconfisse gli invasori. Le gravi perdite di quegli anni indussero Mario ad arruolare anche la plebe urbana non iscritta nelle centurie e gli italici.
Nel 100 Mario si ripresenta al Consolato, alleandosi con Apuleio Saturnino e con Servio Glaucia. A questi ultimi si dovettero:
  • la lex Apuleia de maiestate minuta che ampliava l’ambito dei delitti politici;
  • la lex frumentaria che abbassava il prezzo del grano;
  • la lex agraria che distribuiva ai veterani l’ager gallicus conquistato da Mario;
  • una lex de coloniis in Africam deducendis per distribuire 100 iugeri a testa tra i veterani in Numidia.
Durante i comizi elettorali Gaio Memmio, candidato avverso a Glaucia, viene ucciso in un tumulto: il Senato vota quindi un senatus consultum ultimum e ordina a Mario di attaccare Apuleio, Glaucia e i loro seguaci. Mario, consapevole che ciò avrebbe compromesso il suo credito e il suo potere politico, esegue suo malgrado l’ordine. Le leggi di Apuleio e Glaucia saranno abrogate e sarà così stroncato il secondo tentativo di cambiamento.
Riguardo al senatus consultum ultimum, molti studiosi romanisti affermano che il Senato compì un abuso, ma non considerano che presso gli antichi non esisteva una costituzioni scritta ma solo una prassi costituzionale determinata da rapporti di forza.
La quaestio de maiestate è la seconda quaestio perpetua dopo quella de repetundis, ma al contrario di quest’ultima è attivata per conto dello Stato, e l’accusa viene esercitata solo da cittadini romani.
La produzione normativa di questo periodo è molto vasta e si sente il bisogno di proteggerla: nasce così la sanctio legis di Saturnino la clausola propria delle leggi che si prevede saranno fortemente osteggiate dagli oligarchici.
Nel 92, il tribuno Livio Druso propose che il numero dei Senatori fosse raddoppiato e che i nuovi Senatori fossero equites. Tale misura era di carattere conciliativo: si sarebbe così arginato lo strapotere degli equites con l’immissione nel Senato dei membri più influenti e sarebbe terminata la lacerante contesa per il controllo delle quaestiones perpetue. In campo popolare Druso concesse la cittadinanza agli italici per porre rimedio alla loro contrarietà alla distribuzione delle terre.
La morte di Druso lasciò aperta una situazione di estrema tensione che sfocerà nel 90 nella guerra sociale. In tale anno insorgeranno contro Roma tutti gli alleati italici che creeranno una vera e propria “civitas Italia” contrapposta alla “civitas romana” con una propria organizzazione indipendente. La guerra sarà sanguinosissima (oltre 300.000 caduti per parte) e terminerà con l’emanazione di tre leggi:
  1. la lex Iulia del 90 che concede la cittadinanza romana a tutti gli italici che non avessero preso le armi contro Roma;
  2. la lex Plautia Papiria dell’89 che concede la cittadinanza romana a tutti gli italici che ne facciano richiesta;
  3. la lex Pompeia dell’88 che concede lo ius Latii agli abitanti della Gallia Cisalpina.
Nonostante l’estensione della cittadinanza, il modello romano non cambia: tutte le città d’Italia diventano municipi “optimo iure”.
Intanto nell’88 scoppia la guerra contro Mitridate re del Ponto. Il tribuno Sulpicio Rufo propose due leggi,
Silla
una delle quali toglieva il comando delle operazioni di guerra a Silla – che aveva già radunato il suo esercito a Napoli – e l’altra che iscriveva gli italici in tutte le 35 tribù. Silla – che sarebbe stato sostituito da Mario – marciò su Roma, cacciò Mario e fece abrogare le leggi di Sulpicio; dopodiché partì per la guerra.
Mentre Silla vinceva Mitridate a Cheronea e a Orcomeno, Cinna – eletto console nell’87 – instaurò a Roma, per tre anni, un potere dispotico e antinobiliare: nacquero le liste di proscrizione. Silla, conclusa la pace con Mitridate, tornò in Italia nell’83 e sconfisse i cinnati nella battaglia di Porta Collina dell’82.
Roma vive ora uno dei momenti più drammatici della sua storia: le proscrizioni hanno ridotto il Senato da 300 a 100 membri; 100.000 veterani di Silla chiedono terre, e Silla concede loro di occupare le terre italiche dove vogliano all’interno di determinati confini.
Silla ebbe dopo l’82 una formale investitura perpetua a dittatore per la riorganizzazione dello Stato. Il Senato fu portato a 600 membri, e i nuovi Senatori furono in massima parte equites, forse scelti direttamente da Silla. La lex Villiade annalis” del 180 ripristinò gli intervalli regolari tra le magistrature. Una legge permise ai soli Senatori di rivestire il tribunato e vietò a chi era stato tribuno di rivestire cariche successive. Con Silla le quaestiones perpetue divennero 6 o 7 (o addirittura 9). Si conoscono:
  • la quaestio perpetua peculatos, che si occupa della repressione del peculato;
  • la quaestio de ambitu, che si occupa della repressione delle frodi elettorali;
  • la quaestio de falsis, che si occupa dei reati di falsificazione;
  • la quaestio testamentaria nummaria, che si occupa delle falsificazioni di testamenti e monete;
  • la quaestio de sicariis et veneficiis, che è una quaestio plurima che si occupa di reati vari.
Con le quaestiones scompare il potere giudiziario delle assemblee popolari e conseguentemente dei tribuni, che dinanzi ad esse portavano l’accusa.
Ogni quaestio era attivata da un’accusa che un cittadino portava avanti dopo una richiesta a un giudice che valutava il fondamento dell’accusa. In antichità un fatto non poteva essere sottoposto due volte al giudizio dello stesso organo: ciò favoriva la prevaricatio, la collusione fra accusato e accusatore. Silla spogliò infine il tribunato di ogni potere: la lex Hortensia fu abrogata e fu ripristinata la lex Publilia Filonis.
Gli storici antichi non hanno mai parlato di “costituzione sillana”, ma solo di Silla come uomo e riformatore. Per quanto riguarda la storiografia moderna, il Carcopino dice che Silla segnò l’inizio di un potere monarchico; altri parlano di Silla come restauratore. In realtà egli fu un riformatore in chiave oligarchica e antipopolare.

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