Il regno di Augusto era stato caratterizzato dal rispetto formale
della costituzione repubblicana; d'altra parte, il cumulo di poteri nelle mani
del princeps aveva posto le basi per una nuova realtà politica: I'lmpero.
I primi imperatori, Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone,
erano discendenti di Augusto, appartenenti alla dinastia Giulio-Claudia.
Alla morte di Nerone, in un solo anno (69 d.C.), si succedettero
ben 4 imperatori: Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano. Il passaggio
dei poteri non avvenne per via legittima, ma fu imposto dalla compagine sociale
in quel momento più forte: I'esercito (un precedente vi era già stato con Claudio).
Vespasiano, che designò successori i figli Tito e Domiziano,
affermando il principio della trasmissione ereditaria del potere, apparteneva
alla dinastia Flavia.
In questo primo periodo fu continuato il processo di unificazione
e romanizzazione dell'lmpero: si diffuse in Occidente la lingua latina e si
concesse con parsimonia la cittadinanza romana ai provinciali.
Tutto ciò contribui alla fusione tra i due universi culturali
romano ed ellenico. In politica estera furono protetti i confini stabiliti al
tempo di Augusto. Claudio conquistò la parte meridionale della Britannia
(44 d.C.), dove sorse la città di Londinium, I'odiema Londra. Tito conquistò
Gerusalemme e la fece distruggere (70 d. C.).
La dinastia Giulio-Claudia
Alla morte di Augusto il potere passò a Tiberio, suo figlio
adottivo e figlio naturale di sua moglie Livia e del prino marito Claudio Nerone
(per questo la dinastia si chiamò, oltre che Giulia, dalla casata di Augusto,
anche Claudia).
Tiberio si era messo in evidenza nelle campagne militari
contro i Germani. Augusto lo aveva quindi richiamato in patria dandogli incarichi
di governo e raccomandandolo al senato come suo successore. Il senato stesso
lo proclamò imperatore, nonostante egli avesse chiesto di potersi ritirare a
vita privata.
In politica estera Tiberio fece presidiare i confini settentrionali
dal nipote Germanico che sconfisse più volte i Germani (14-16).
Preoccupato della popolarità di Germanico, lo inviò in
Oriente per affrontare i Parti e poi lo fece probabilmente uccidere (19), perdendo
il suo prestigio presso il popolo. Tiberio iniziò così una serie di persecuzioni
nei confronti dei suoi avversari e poi si ritirò a vita privata nella sua villa
di Capri. Affidato il potere a Seiano, prefetto del pretorio, tornò a
Roma e lo fece uccidere poiché aveva tramato di usurpare il trono (31).
L'operato complessivo di Tiberio, nonostante l'intensificazione
delle repressioni, ebbe anche lati positivi: lo Stato era in buone condizioni
finanziarie, i confini erano sicuri e il potere centrale era ormai ben solido.
Tiberio, morto nel 37, aveva segnalato come suoi successori i nipoti
Gaio, detto Caligola (dai calzari militari, caliga, che era solito portare)
e Tiberio.
Il senato, approvato dal popolo, acclamò imperatore il primo poiché
figlio di Germanico che ancora godeva di molta popolarità. Il suo breve
governo (37-41) fu caratterizzato da atti di repressione nei confronti dei suoi
nemici e dalla scarsa considerazione data al senato, manifestata tra l'altro
con l'atto, passato alla storia, di aver nominato senatore il proprio cavallo.
Caligola, nonostante gli atteggiamenti da sovrano orientale (pretese
l'erezione di un tempio in suo onore, l'inchino e omaggi divini), fu molto popolare
tra la plebe alla quale offriva giochi circensi ed elargizioni di denaro e cibo
(da cui l'espressione panem et circensem "pane e circo", per intendere
gli strumenti del controllo sulle masse). Fu vittima di una congiura ordita
dai pretoriani (41) che posero sul trono suo zio Claudio.
Per la prima volta l'imperatore veniva proclamato dai militari.
Claudio aveva sempre evitato la vita politica e poco sembrava adattarvisi
con il suo carattere timido e apparentemente debole. Il suo regno fu invece
positivo.
Rafforzò l'apparato burocratico e lo affidò alla segreteria imperiale
di cui facevano parte anche alcuni liberti e ammise in senato anche cittadini
delle province, iniziandone il processo di assimilazione all'Impero romano che
si svilupperà con i suoi successori. In politica estera conquistò la parte meridionale
della Britannia (44), dove sorse il primo nucleo della città di Londra (allora
Londinium).
La successione al trono fu costellata da una rete di intrighi.
Claudio aveva avuto un figlio legittimo, Britannico, dalla prima
moglie Messalina. In seconde nozze aveva sposato la nipote Agrippina
che aveva già un figlio, Nerone.
Per favorire il figlio, Agrippina fece uccidere il marito
e tramò perché il senato esautorasse Britannico; nel 54 fu proclamato imperatore
Nerone. Questi appena diciassettenne, era sotto la tutela della madre
e di due esponenti del senato, Afranio Burro, prefetto del pretorio e
il filosofo Seneca, suo precettore.
Ben presto Nerone si liberò di Britannico, fece
uccidere la madre e mandò in esilio Seneca. Alla morte di Burro governò
circondato da seguaci fidati, assumendo atteggiamenti da sovrano assoluto e
mandando a morte i suoi nemici. In politica estera ottenne un successo contro
i Parti e impose il protettorato di Roma sull'Armenia.
Nel 64 gran parte di Roma fu distrutta da un incendio, da cui
Nerone prese pretesto per incolpare i cristiani (furono uccisi gli apostoli
Pietro e Paolo forse negli anni 66-67). Corse però voce che Nerone
stesso avesse provocato l'incendio, per fare spazio al suo grande palazzo ,
la Domus Aurea.
Il governo dispotico dell'imperatore, unito alle spese per mantenere
la sua fastosa corte e al suo istrionico amore per l'arte drammatica e i giochi,
gli inimicò la nobiltà senatoria.
Nell'ultimo periodo di regno sventò la congiura della famiglia
dei Pisoni ed eliminò molti oppositori aristocratici. Vittime illustri furono
i letterati Lucano Petronio e lo stesso Seneca che si suicidarono.
Inviso alla classe militare per aver fatto uccidere il generale Corbulone Nerone
fu costretto a suicidarsi in seguito alla rivolta delle truppe di stanza in
Lusitania che proclamarono imperatore il loro comandante Galba (68).
La dinastia Flavia
Nel 69 si succedettero ben quattro imperatori. Galba fu
deposto dai pretoriani e sostituito da Otone; questi fu a sua volta rovesciato
da Vitellio, sostenuto dalle truppe stanziate al Reno. L'esercito mandato
in Oriente a combattere la rivolta degli Ebrei proclamò imperatore il proprio
comandante Flavio Vespasiano (con cui iniziò la dinastia Flavia). La
politica di Vespasiano fu centrata sul consolidamento delle finanze imperiali
e sulla disciplina dell'esercito.
Rinsaldò le frontiere, aumentando il numero delle legioni stanziate
in Siria e Giudea e annettendo la Britannia settentrionale. Sotto di lui terminò
la lunga guerra contro gli Ebrei, con la distruzione della città di Gerusalemme
(70) da parte delle truppe di Tito, suo figlio.
Tornato a Roma, nel 71 Tito venne di fatto associato al
potere dal padre, alla cui morte ascese al trono. Durante il suo breve regno
governò con clemenza (Svetonio lo definì "delizia del genere umano") e si occupò
della costruzione di opere pubbliche portando a compimento il Colosseo. Gli
succedette il fratello Domiziano nell'81.
Questi, combattendo contro la popolazione germanica dei Catti,
occupò alcune regioni oltre il Reno e le organizzò nelle nuove province della
Germania Superiore e Inferiore. Combatté, senza sconfiggerla, contro la popolazione
della Dacia (all'incirca l'attuale Romania) governata dal re Decebalo,
e rafforzò il dominio romano in Britannia.
Riformò I'amministrazione delle province controllando più strettamente
l'operato dei governatori locali. Fu inviso al senato per l'accentuazione da
lui data agli aspetti assolutistici del Principato e contro di lui furono organizzate
varie congiure. Fu vittima dell'ultima tra queste, ordita dai prefetti del pretorio
e dalla stessa moglie Domizia Longina (96). |