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Prima una breve introduzione storico-archeologica e un sunto
di un articolo sul culto della Magna Mater a Roma, quindi
procedo nella stesura secondo i quesiti che mi hai posto.
Alla fine delle considerazioni sulla presunta statua della
Dea, nonché dei titoli su pubblicazioni relative di probabile
interesse.
Notizie storico-archeologiche
Risale al 204 a.C. l'introduzione a Roma del culto di Cibele,
in coincidenza dell'arrivo del suo simulacro
( una pietra nera di forma conica) proveniente da Pessinunte
nell'Asia Minore. Dietro il culto di Cibele (la Magna Mater)
si nasconde quello della dea orientale Shub-Niggurath.
Dal suo arrivo a Roma fino al completamento di un tempio apposito,
la pietra nera viene custodita nel tempio della Vittoria (l'Aedes
Victoriae).
Tra il 204 ed il 191 a.C. viene costruito sul Palatino il
tempio-santuario per accogliere il simulacro; il nuovo edificio
aveva un suo orientamento preciso (Nord Est-Sud Ovest, dovuto
probabilmente a motivi cultuali), del tutto diverso da quelli
precedenti; inoltre una grande platea occupò buona parte dell'area
antistante e Occidentale del tempio, mentre ad Est essa consentiva
il collegamento con l'area del vicino tempio della Vittoria.
Dagli attuali resti risulta che il tempio era corinzio a pianta
rettangolare con pronao appena più piccolo della cella, prostilo
e esastilo; all'interno della cella vi era un colonnato lungo
le pareti (nel II sec. a.C. con capitelli ionico-italici)
e un plinto in muratura per la statua di culto, collocata
forse all'interno di un'edicola, inglobata nella parete di
fondo. Il tempio si elevava su un imponente podio in opera
cementizia che, insieme alle fondazioni poggianti direttamente
sulla roccia del Palatino, misurava quasi m. 9 di altezza.
Nel 111 a.C. avviene un primo incendio nel Tempio della Magna
Mater, appiccato tra gli altri dall'edile Quinto Memmio che
si impossessa della pietra nera. Il tempio è restaurato da
Metello Numidico e il culto riprende in versione ufficiale
e pacifica. Con la ricostruzione in opera cementizia del tempio
e sopraelevazione dell'antistante platea, la vasca in opera
quadrata e le relative scale angolari di accesso furono obliterate.
Si costruì, invece, un nuovo grande bacino in opera cementizia
di forma rettangolare (m. 16,50 x 3) ad Ovest del podio del
tempio. La struttura, che indica la necessità di grandi vasche
nel rituale del culto di Cibele (si sa che i sacerdoti della
Magna Mater, lavavano il simulacro di Cibele nelle sacre acque
del fiume Almone in occasione della festa della Dea), era
all'interno di un'ampia area rettangolare recintata sul fianco
Ovest del tempio, poiché la platea antistante ad esso doveva
essere riservata ad una specifica funzione, probabilmente
connessa agli spettacoli teatrali dei Ludi Megalenses, celebrati
fin dal 194 a.C.
Nel 3 d.C. avviene il secondo incendio del Tempio in circostanze
misteriose dopo di che si perdono le tracce del culto di Shub-Niggurath
e della pietra nera.
Informazioni sulle dimensioni e struttura
del tempio
Situato dietro l'area delle capanne romulee, si può
vedere il podio ( 64 x 118 piedi = m 33,40 x 19,35), del
Tempio della Magna Mater. Il tempio ( 32 x 64 con un rapporto
fra cella ed ali di 2:1) era a cella quadrata posta su un
alto basamento rivestito con blocchi di peperino. Doveva
avere sei colonne dal lato dell'ingresso e un'ampia scalinata
posta dinanzi al pronao ( rapporto tra cella, pronao ed
avancorpo di 4:2:1); tale ricostruzione è stata confermata
da un rilievo della prima età imperiale che riproduce una
processione di fronte al tempio. Di fronte al pronao era
posta una terrazza sostenuta da muri paralleli in blocchi
di tufo databili al III secolo a.C. e visibili ancora oggi;
in epoche successive le strutture vennero riutilizzate per
costruire una serie di ambienti (probabilmente botteghe)
posti su una via interna coperta che attraversava l'area.
Recenti scavi hanno individuato, ad est del tempio, le fondazioni
e i resti del podio di un tempio identificato come il tempio
della Vittoria (dove era conservata in precedenza la Magna
Mater), costruito nel 294 a.C. dal console Lucio Postumio
Megello e al quale Marco Porcio Catone nel 193 a.C. fece
aggiungere un ambiente dedicato alla Victoria Virgo.
Lo stato delle rovine
I resti del Tempio di Cibele sorgono nell'angolo sud-occidentale
del Palatino, in prossimità delle Capanne arcaiche e delle
Scalae Caci. Allo stato attuale è visibile il solo podio in
opera quadrata (del 204 a.C.), con scalinata al centro del
lato frontale, sul quale è cresciuto un boschetto di lecci.
Tra l'altro proprio la presenza dei lecci m'ha fatto credere
che il basamento del tempio fosse un altro (quello accanto,
che è invece l'Auguratorium) come si desume dalla centratura
della mia foto a seguire.
Grazie a delle foto trovate su internet mi sono potuto, per
cosi' dire, avvicinare e visualizzare le asserzioni sui resti
visibili del tempio. In particolare che il resto delle murature
sono in opera reticolata e posteriori all'incendio del 111,
e che le colonne in peperino giacenti accanto al podio colonne
sono di fase
augustea. Queste sono le uniche cose visibili.Il fatto che
si tratti effettivamente del tempio in questione e' identificato
con sicurezza, oltre che dalla posizione adiacente alla Casa
di Augusto, da iscrizioni con dedica alla M(ater) D(eum) M(agna)
I(daea).
Gli scavi avrebbero rinvenuto numerose terrecotte votive della
prima fase del tempio, che hanno chiarito interessanti aspetti
del culto, come l'importanza della celebrazione dell'equinozio
di primavera.
Inoltre una mezza leggenda individua in qualche cassa riposta
da qualche parte dove si troverebbe nascosta la famosa pietra
nera, rinvenuta durante gli scavi.
Stato dell'area circostante
Alla fine del IV sec. a.C., in corrispondenza dell'espansione
militare e politica di Roma nel Sud d'Italia, si verifica
una sorta di rivisitazione in chiave "troiana" e, più ampiamente,
ellenizzante delle antiche memorie e dei monumenti sacri ad
esse connessi. In quest'epoca si colloca significativamente
la fondazione del Tempio della Vittoria, dedicato nel 294
a.C., culto che certamente si diffuse dopo le campagne di
guerra vittoriose di Alessandro Magno, ma che è anche da vedere
in relazione a Marte e con la leggenda romulea attraverso
Rhea Silvia.
Tutta l'area appare quindi organizzata in
funzione dei miti di fondazione di Roma:
a) la Roma Quadrata, che le fonti collocano tra la l'area
Apollinis antistante al tempio di Apollo (vedi 14), e il supercilium
scalarum Caci (vedi 19);
b) la Casa Romuli, o tugurium Faustuli ( vedi 16) identificata
con una struttura rettangolare in opera quadrata messa in
luce nel corso degli scavi Vaglieri del 1907, posta immediatamente
ad Ovest delle Scalae Caci;
c) il Lupercal, sub Monte Palatino, probabilmente alla base
delle Scalae Caci;
d) il Tempio della Magna Mater, protettrice di Roma (vedi
20)
Purtroppo, come già detto, l'impossibilità
di esaminare da vicino quest'area ( tutta recintata e sottoposta
a restauro) non ha permesso di renderci conto della situazione
generale dell'area stressa.
La statua della dea Cibele
Quare magna deum mater materque ferarum
et nostri genetrix haec dicta est corporis una.
Hanc veteres Graium docti cecinere poetae
sedibus in curru biiugos agitare leones,
aeris in spatio magnam pendere docentes
tellurem neque posse in terra sistere terram.
(Perciò essa sola fu detta Gran Madre degli
dei
e madre delle fiere e genitrice del nostro corpo.
Di lei cantarono un tempo i dotti poeti di Grecia
che dal trono su un cocchio guidasse due leoni aggiogati,
significando così che l'immensa molte terrestre
è sospesa negli spazi dell'aria e che la terra non può poggiare
sulla terra.)
(Lucretius, De Rerum Natura, vv. 598-604)
quo nunc insigni per magnas praedita terras
horrifice fertur divinae Matris imago.
(adorna di questa insegna, l'effige della
divina Madre
è trasportata per vaste contrade suscitando brividi di terrore.)
(Lucretius, De Rerum Natura, vv. 608-610)
La grande Madre. Più tardi i romani la chiamarono
Cibele, e raccontarono che amò il giovane Atys nei boschi
della Frigia (oggi Turchia). Quando lui non resistette poi
alla ninfa Songaride, Cibele lo fece impazzire; Atys si fece
male e alla fine si gettò da una rupe. A quel punto Cibele
lo salvò afferrandolo per i capelli: che si trasformarono
in chioma, il suo corpo in tronco, e i suoi piedi toccarono
la terra come radici: nacque il pino. La pietra nera simbolo
di Cibele fu portata a Roma nel 204 a.C. (al tempo della Repubblica)
e messa nel tempio della vittoria sul Palatino. Fino al III-IV
secolo d.C. le feste di Cibele e Attis si svolgevano a Roma
in marzo, nei giorni intorno all'equinozio di primavera.
D cui resta una statua acefala, ora nell'Antiquarium Palatino.
In un primo tempo, e su indicazione (errata) dei custodi c'era
stata indicata la statua seguente (quella sui dubbi di Secundus
Quirinus e di Aurelia Pulchra che fosse di un uomo):
Invece questa foto mostra quella che dovrebbe
essere la reale Cibele, ma che, a questo punto, non abbiamo
notato all'interno dell'antiquarium ( ma eravamo in quattro!!!).
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