La fine delle guerre civili e l'instaurazione da parte di Augusto
del regime imperiale sono i presupposti politici fondamentali per comprendere
l'evoluzione economica dei secoli successivi. L'unità imperiale e i lunghi periodi
di pace interna che i successori di Augusto riuscirono a garantire allo Stato
romano consentirono una grande crescita della produzione e della circolazione
di beni, sia a livello locale e regionale sia nell'ambito del grande commercio.
Le attività economiche si svolsero infatti all'interno di una
cornice unificante costituita da un forte govemo centrale, da un comune sistema
monetario e fiscale e da un orientamento generale teso a superare le diversità
etniche e culturali dell'lmpero, che culminò nel 212 con la concessione della
cittadinanza romana a tutti gli abitanti (Constitutio Antoniniana
di Caracalla). La mobilità sociale, cresciuta anche all'intemo, ebbe
un ruolo importante nell'economia. Il numero sempre maggiore di liberti alimentò
un nuovo ceto di piccoli borghesi, artigiani, mercanti, banchieri e poi funzionari
dello Stato. Il dispositivo militare, collocato in epoca imperiale lungo le
frontiere, oltre ad alimentare scambi economici, provocò nuovi stanziamenti
e offri possibilità di vita decorosa e anche di carriera a molti soldati.
Evoluzione economica nell'Impero
A partire dal I sec. si possono delineare nell'Impero diverse
aree economiche. In Italia la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, il Settentrione;
in Oriente la Grecia, Creta, la Cirenaica, la Palestina, la Siria, la Mesopotamia;
in Africa l'Egitto, Tripoli, il Marocco, Cartagine; e l inoltre la Gallia,
la Britannia, la Germania occidentale. A partire dal II sec., il prezzo delle
terre, inferiore a quello dell'ltalia, attirò sempre più persone in queste regioni,
causando contemporaneamente nella penisola un aumento delle terre incolte e
un crescente spopolamento.
L'unità politica e amministrativa consentì il funzionamento di
una complessa e capillare rete di circolazione fra le province di derrate alimentari
(soprattutto grano, vino, olio), materie prime e manufatti di ogni genere. L'immenso
Impero, esteso su tre continenti e comprendente aree geografiche diversissime,
ebbe il suo fattore unificante nel Mediterraneo. Sul grande mare interno gravitavano
le poche megalopoli (Roma Cartagine, Antiochia, Alessandria e, dal IV
sec., Costantinopoli) le quali non avrebbero potuto sopravvivere senza i rifornimenti
transmarini.
Il modello di civiltà e di rapporti economici esistente da secoli
sulle coste del Mediterraneo si estese nelle parti continentali dell'Europa
e dell'Africa, notevolmente arretrate al momento della conquista. Fra il I e
il II sec. Roma trasformò profondamente queste aree con un'intensa e programmatica
opera di "romanizzazione" il cui strumento principale fu la creazione
di città.
Nelle regioni del Maghreb, in Spagna, nell'Europa settentrionale
(Gallia e Britannia) e in tutta l'area danubiana l'urbanizzazione comportò la
sistematica riorganizzazione dei territori e la trasformazione, spesso profonda,
delle loro vocazioni produttive.
L'estensione del modello sociale ed economico della città mediterranea
implicava, infatti, assoluta prevalenza dell'agricoltura, sedentarizzazione
delle popolazioni nomadi e seminomadi, contrazione dell'economia pastorale,
un articolato sistema artigianale destinato a soddisfare i bisogni delle città,
sviluppo dei commerci, adozione generalizzata della moneta negli scambi.
Crebbero, quindi, i legami fra centro mediterraneo e periferie
continentali, divenne intensa la circolazione delle merci e delle persone, e
si fecero complessi i rapporti economici nei quali si inserirono anche le popolazioni
barbariche.
Cambiamenti politici e cambiamenti
economici
Mentre nel I sec. terminò la supremazia agricola e commerciale
che l'Italia aveva esercitato nei secoli precedenti, crebbero le esportazioni
(olearie e vinarie soprattutto) della Gallia meridionale, della Tarraconense
e della Betica.
Col sec. III iniziò per queste province una fase di regresso economico
e subentrò una nuova egemonia, quella africana, fondata sull'esportazione dell'olio
e, collateralmente, di ceramiche. Caduto l'Impero d'Occidente e occupata l'Africa
dai Vandali nella prima metà del V sec., iniziarono a prevalere nel Mediterraneo
le esportazioni di merci e derrate provenienti dalle province dell'Egeo, dell'Asia
Minore e dell'area siropalestinese.
In generale, si può dire che l'economia seguì i tempi della politica.
Considerato il lungo arco dell'età imperiale, i secoli I e II furono interessati
da un generale movimento espansivo che rallentò ed entrò in crisi nella seconda
metà del sec. III, quando l'Impero fu scosso da alcuni decenni di insicurezza
politica e militare.
Con l'avvento di Diocleziano anche la compagine produttiva
recuperò vigore ma all'interno di una forma autoritaria di governo che interveniva
pesantemente nel funzionamento dei meccanismi economici per mezzo della fiscalità.
Il IV sec.segnò in complesso un momento di recuperata floridezza che cominciò
a declinare in Occidente a seguito delle invasioni barbariche del V sec. e seguirà,
sia pure con recuperi parziali un andamento discendente sotto i Regni romano-barbarici
dei secoli. Vl-VII.
Società e mobilità sociale
In età monarchica e repubblicana la società era formata da pochi
ceti prevalenti, i patrizi (che alimentavano l'esercito e il ceto dirigente),
i plebei (soprattutto contadini) e gli schiavi. Al tempo di Augusto i cittadini
più in vista potevano percorrere il cursus honorum, aspirando
alle cariche più alte, coloro che possedevano almeno 400 000 sesterzi, per diritto
di famiglia o per concessione dell'imperatore, potevano invece aspirare alla
carriera equestre (i cavalieri erano inizialmente formati da coloro che potevano
armarsi per combattere a cavallo) e diventare governatori di province minori
e amministratori del fisco. Il patrimonio dava quindi la possibilità di aspirare
a una classe sociale più elevata.
Esercito e mobilità sociale
Inizialmente potevano far parte dell'esercito solo i patrizi che
potevano permettersi di comprarsi armi e armature.
Un importante cambiamento fu introdotto da Mario (v. cap.
18) che ammise nell'esercito anche volontari nullatenenti e distribuì terre
ai suoi veterani. In questo modo, molti poveri cittadini, arruolandosi in un
esercito professionale, trovavano un mezzo di sostentamento.
Con Augusto questa possibilità fu aperta anche ai provinciali
che, arruolandosi, diventavano cittadini romani e potevano fare carriera. In
età imperiale inoltre molte truppe furono stanziate ai confini dell'Impero e
con Adriano cominciarono a essere arruolati anche alcuni barbari.
Molti soldati, dopo la ferma, si trasferivano nelle regioni vicine,
provocando un certo spopolamento soprattutto in Italia; molti accampamenti,
inoltre, costituirono il nucleo di future città.
La mobilità dei liberti
Fin dall'età repubblicana uno schiavo meritevole poteva essere
"affrancato", cioè liberato (pur mantenendo un vincolo di fedeltà al padrone)
e diventare liberto, a tutti gli effetti un cittadino romano.
La presenza dei liberti fu un elemento di dinamismo economico
in quanto molti di essi, abili e intraprendenti, facevano fortuna in attività
artigianali, culturali o finanziarie (banchieri, mercanti).
Sotto Claudio molti liberti acquistarono influenza negli
affari statali, poiché inquadrati nell'apparato burocratico dello stato.
La romanizzazione e il valore della
cittadinanza romana
Erano cittadini di diritto i figli legittimi di un cittadino o
i figli naturali di una cittadina. Potevano diventarlo, invece, gli schiavi
affrancati o intere popolazioni assoggettate quando Roma lo avesse deciso. Dopo
la guerra sociale il senato fu costretto a concedere la cittadinanza a tutta
l'Italia.
Progressivamente, in età imperiale, la cittadinanza fu estesa
a molte province e, nel 212, a tutti gli abitanti. Ma quale valore aveva diventare
cittadini romani? Innanzitutto i cittadini non erano sottoposti a tortura o
fustigati e potevano essere condannati a morte solo da un'assemblea cittadina
e non da un semplice magistrato.
Inoltre, solo i cittadini avevano diritti politici e potevano
aspirare a far parte della classe dirigente. In età imperiale molti funzionari,
senatori, consoli e anche imperatori (es. Traiano) furono di origine
provinciale.
Concedendo la cittadinanza, Roma assimilava le popolazioni sottomesse
e soprattutto legava a sé le loro classi dirigenti. Questo spiega perché durante
l'Impero, a differenza dell'età repubblicana, furono rare le rivolte dei popoli
vinti. |