Sulla nascita di Roma sono più ricche di contenuto le leggende
che non le conoscenze reali. Lo storico Tito Livio racconta dello
sbarco dell'eroe omerico Enea, scampato alla Guerra di Troia, con il
figlio Iulo e alcuni compagni.
Enea fondò la città di Albalonga che, per otto secoli fu
governata dai suoi discendenti. I gemelli Romolo e Remo, figli
di Rea Silvia, la figlia del re Numitore, e del dio Marte, scamparono
alla persecuzione del perfido Amulio, fratello di Numitore, che aveva usurpato
il trono. Allevati da una lupa e poi dal pastore Faustolo, diventati adulti,
uccisero Amulio e restituirono il trono al nonno. I fratelli decisero di fondare
una nuova città ma, mentre Romolo ne tracciava i confini, Remo in segno
di sfida saltò il solco e Romolo lo uccise. Era il 21 apr. 753 a.C.,
la data da cui si fa iniziare la storia di Roma. Per popolare la città, la leggenda
narra che Romolo, invitati i Sabini a una manifestazione di giochi, rapì
le loro donne. Il conflitto venne evitato in nome di una convivenza pacifica.
Secondo le conoscenze storiche, invece, l'agglomerazione degli
antichi insediamenti sparsi sui colli, specialmente attorno al Palatino (secoli
IX e VIII a. C.), approdò alla formazione di un impianto urbano nel sec. VII
a. C. La monarchia fu la forma di governo in auge fino al 509 a.C. La cacciata
dell'ultimo re, l'intervento successivo di Cumani e Latini, assieme alla maturazione
in ambienti aristocratici romani di un'avversione verso l'istituto monarchico,
portò alla sua abolizione e alla nascita del regime repubblicano.
Tra l'VIII e il I sec. a.C., per motivi di difesa dall'invasione
etrusca, il villaggio del Palatino, ingranditosi e sviluppatosi in età
dall'invasione precedente, si fuse con quelli vicini, Aventino, Esquilino,
Celio, Viminale, Quirinale, Capitolino.
Da questo processo di fusione (di cui rimane il ricordo della
festa religiosa del Septimontium, a sottolineare anche il carattere religioso
dell'unione), unito all'arrivo di popolazioni sabine, si formò la città di Roma.
Secondo la tradizione, a Roma regnarono 7 re, fino al 509; probabilmente furono
di più e quelli ricordati sono solo i più importanti. I primi quattro avevano
origine latino-sabina, gli ultimi tre etrusca. Morto Romolo durante un temporale
(i Romani credettero in una sua ascesa al cielo e lo adorarono col nome di Quirino).
A Numa Pompilio vengono attribuite l'introduzione delle
prime istituzioni religiose, la riforma del calendario con l'anno di 12 mesi
e 365 giorni e 1'occupazione della fortezza etrusca del Gianicolo.
A Tullo Ostilio sono legate le prime azioni militari, la
conquista di Albalonga, la vittoria dei tre fratelli romani, gli Orazi, contro
i tre fratelli albani, i Curiazi e l'espansione a danno delle popolazioni confinanti.
Anco Marcio conquistò Ostia e Roma ottenne l'accesso sul
mare stabilento contatti con Etruschi, Cartaginesi e Greci.
Tarquinio Prisco fu il primo re di origine etrusca. Fece
costruire il Circo Massimo, il tempio di Giove Capitolino,
la Cloaca Maxima. In campo amministrativo aumentò il numero dei senatori
(da 100 a 200) permettendo l'accesso alla carica anche per meriti personali
e non più solo per nobiltà di nascita.
Servio Tullio, (secondo re etrusco)espanse ulteriormente
il dominio verso sud; emanò una nuova costituzione basata sul censo (i comizi
centuriati) e portò a 300 il numero dei senatori.
Tarquinio il superbo (terzo re etrusco e ultimo re di Roma)
fu un re dispotico e crudele, sospese le costituzioni e governò arbitrariamente
con ogni tipo di sopruso.
Secondo una tradizione, Tarquinio fu cacciato dai Romani e chiese
aiuto al lucumone di Chiusi, Porsenna, che venne però sconfitto dagli
eroi Orazio Coclite e Muzio Scevola. Secondo il racconto di Tacito
invece fu lo stesso Porsenna invece a cacciare l'ultimo re. Da allora cominciò
a prendere corpo l'ordinamento repubblicano.
Dei sette re di Roma, quelli su cui comunque ci sono notizie più
attendibili sono gli ultimi tre, perchè è certo che la potenza etrusca influenzò
anche Roma; per gli altri purtroppo spesso la fantasia si sovrappone alla realtà.
L'ordinamento politico
Tre erano le principali istituzioni di governo nell'antica Roma:
il re, il senato e comizi curiati. La carica di re non era ereditaria; il sovrano
aveva anche il potere religioso (era sommo sacerdote) militare (era comandante
dell'esercito) e giudiziario (era giudice supremo del popolo).
Se il re pronunciava delle condanne a morte, però, il cittadino
poteva fare appello all'assemblea de popolo (provocatio ad populum)
e rimettersi al suo giudizio Le funzioni di governo, compresi i poteri legislativo
e giudiziario, erano svolte con l'assistenza di due assemblee: il senato e i
comizi curiati. Il senato era composto da membri dell'aristocrazia scelti dal
re e consultati per decisioni sia di politica estera che di politica interna;
il senato doveva anche approvare o respingere le proposte di legge del sovrano
e Ie deliberazioni dei comizi curiati.
Alla morte del re dieci senatori sceglievano un nuovo candidato
e lo proponevano ai comizi curiati. Questi ultimi erano formati da cittadini
facenti parte delle 30 curie (ripartizioni della popolazione); ogn curia
era formata da 10 genti (o gentes, gruppi gentilizi) doveva fornire all'esercito
100 fanti (una centuria) e 10 cavalieri oltre a un senatore per ogni
gens (i senatori erano così 300, secondo la riforma di Servio Tullio). Le curie
potevano riunirsi in assemblea, dichiarare la guerra, nominare il re, approvarne
le proposte di legge e ratificare le condanne a morte. La sede delle riunioni
era il Foro.
Le classi sociali
Due erano le grandi classi sociali: i patrizi, aristocratici proprietari
terrieri, e i plebei, contadini, commercianti e artigiani, utilizzati anche
dall'esercito. I patrizi avevano l'accesso alle cariche pubbliche, mentre i
plebei ne erano esclusi.
Con il miglioramento delle condizioni economiche, anche alcuni
plebei divennero benestanti e iniziarono una serie di lotte per ottenere la
parità di diritti. Al servizio dei patrizi vi erano i clienti che ricevevano
dai loro padroni terreni da lavorare, bestiame e protezione in cambio del servizio
militare e di un aiuto nella vita pubblica.
Gli schiavi, prigionieri di guerra o plebei insolventi ai debiti,
erano completamente nelle mani dei loro padroni, che potevano decidere della
loro vita o anche donare loro la libertà; gli schiavi liberati erano detti liberti.
La religione
I culti delle diverse divinità erano affidati a dei collegi sacerdotali,
il più importante dei quali era quello dei Pontefici, retto dal Pontefice
massimo. Questi, che in età monarchica e imperiale coincideva con il re
e con l'imperatore, presiedeva le cerimonie, stabiliva le feste e annotava i
fatti storici (Annales).
Vi erano poi il collegio dei Salii (che presiedeva il culto
di Marte), quello delle Vestali (officiava il culto di Vesta, simbolo
dell'eternità romana), quello degli Auguri (che dall'osservazione del
volo e del canto degli uccelli e delle viscere degli animali sacri, i polli,
traeva consigli sulle vie da seguire in caso di decisioni importanti) e quello
dei Feziali (depositari del diritto riguardante guerre e alleanze).
Tra gli dei, i tre più importanti erano luppiter (Giove), Marte
e Quirino. Rilevante era anche l'importanza attribuita alle divinità familiari
i Lari, gli spiriti degli antenati, e i Penati, protettori della
dispensa. |